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Curiosità

Ecco Come la tecnologia aiuta i Tennisti di oggi

L’ATP, l’associazione che rappresenta i professionisti del tennis maschile, ha annunciato che dal 2025 tutti i suoi tornei adotteranno la tecnologia Electronic Line Calling Live. Questo sistema utilizza 40 telecamere HD ad altissima velocità, di cui 10 con un sistema laser che registra i movimenti della pallina a 2.500 fotogrammi al secondo. Grazie a un software, può stabilire con precisione assoluta se anche un solo pezzettino della pallina ha toccato o meno la riga.

“La decisione arriva dopo aver consultato tennisti e appassionati in tutto il mondo: per tutti l’accuratezza dell’arbitraggio è un elemento indispensabile”, spiega Massimo Calvelli, ex tennista e oggi amministratore delegato dell’ATP.

ELC Live non è il primo strumento hi-tech del genere: i primi tentativi risalgono agli anni ’70 con sensori sotto il campo. Dal 2006 è stato introdotto Hawk-Eye, basato su telecamere, adottato in molti tornei come Wimbledon e già in uso agli US Open. Il sistema automatico annunciato dall’ATP rappresenta solo la punta dell’iceberg di una rivoluzione tecnologica che sta cambiando profondamente il tennis.

Il nuovo sistema è in grado di registrare numerosi dati che possono essere utilizzati per scopi diversi, come fornire statistiche dettagliate agli spettatori e agli stessi giocatori. Grazie all’utilizzo di computer vision e algoritmi, si può ricostruire la traiettoria e la velocità della pallina per ogni scambio del match, creando statistiche sul tipo di colpo, la zona del campo colpita, e le percentuali di riuscita del servizio.

“Analoghi sistemi vengono già utilizzati da diversi anni dai giocatori”, spiega Michelangelo Dell’Edera, direttore dell’Istituto Superiore di Formazione Roberto Lombardi. Le telecamere riprendono il gesto atletico, consentendo agli allenatori di rivederlo al rallentatore e correggere gli atleti per ottimizzare la performance e prevenire gli infortuni. La videoanalisi e l’analisi tattica permettono di valutare la partita da un punto di vista strategico, evidenziando i colpi preferiti degli avversari nei momenti chiave e predisponendo le contromisure adeguate.

Aziende come Dartfish Video offrono soluzioni avanzate che hanno portato alla nascita della figura dell’analista tattico, in grado di rivelare statistiche nascoste. L’analista Craig O’Shannessy, ad esempio, ha rivelato che il 70% degli scambi in un match non dura più di quattro palleggi, e che nel 90% dei casi chi vince la maggior parte di questi scambi vince la partita.

Dal 1° gennaio 2024, l’ATP ha autorizzato l’uso di dispositivi indossabili che misurano parametri fisiologici come la pressione sanguigna e il battito cardiaco. Questi dispositivi permetteranno il monitoraggio in tempo reale degli atleti, migliorando le performance e prevenendo gli infortuni. Inoltre, molti atleti professionisti utilizzano già strumenti hi-tech per l’allenamento e la partita, come le simulazioni di realtà virtuale di Sense Arena, ideali per il training mentale e la visualizzazione dei gesti.

La maggiore innovazione tecnologica degli ultimi anni riguarda le corde delle racchette, che richiedono maggiore potenza e permettono più effetto alla palla grazie a un grip superiore. Le racchette sono diventate più leggere grazie a materiali innovativi come la fibra di carbonio. Anche le scarpe si sono evolute, con suole adattate per migliorare la performance e prevenire gli infortuni.

Molti progressi sono stati fatti anche nelle superfici di gioco. Se terra battuta ed erba sono rimaste invariate, le superfici veloci hanno subito grandi cambiamenti con l’uso di resine e vernici. Oggi, la tecnologia permette di misurare attrito e restituzione per garantire uniformità nei campi di un torneo.

In conclusione, la tecnologia sta rivoluzionando il tennis a tutti i livelli, dai sistemi di arbitraggio automatici alle attrezzature e superfici di gioco, migliorando la precisione, le prestazioni degli atleti e l’esperienza degli spettatori. Con l’introduzione di nuove tecnologie, il tennis del futuro promette di essere più giusto, emozionante e sicuro.

Curiosità

SAI PERCHE’… si sente il mare nelle conchiglie?

Fin dall’infanzia ci è stato insegnato che se mettiamo una conchiglia vicino all’orecchio possiamo sentire il suono rilassante delle onde del mare che si infrangono sulla riva. Questa immagine romantica della natura ha catturato l’immaginazione di molti, ma è davvero accurata?

Quando avviciniamo una conchiglia all’orecchio, non stiamo realmente ascoltando il mare. In realtà, ciò che percepiamo è una combinazione di suoni ambientali circostanti che vengono amplificati e modificati dalla struttura della conchiglia stessa.

Il fenomeno è spiegato dalla risonanza di Helmholtz: le onde sonore dell’ambiente investono la cavità della conchiglia, creando onde di risonanza che rimbalzano tra le pareti interne. Alcune onde vengono silenziate, altre amplificate, a seconda della forma e delle dimensioni della conchiglia. Questo processo produce un suono ovattato che può ricordare il costante movimento delle onde marine.

Non è solo la conchiglia a potenziare questi suoni: oggetti cavi come bottiglie o bicchieri possono creare effetti simili. La conchiglia agisce come una sorta di cassa di risonanza che modifica e amplifica i suoni ambientali, creando l’illusione del mare.

Quindi, se ascoltiamo il suono delle onde mentre siamo al mare e usiamo una conchiglia, in realtà stiamo udendo la risonanza del suono delle onde stesse. Tuttavia, lo stesso effetto non si verifica altrove, come in città o a casa.

In definitiva, il “suono dell’oceano” che percepiamo con una conchiglia non è tanto legato alla conchiglia in sé, ma piuttosto alla sua capacità di amplificare e modificare i suoni circostanti. È un fenomeno affascinante che ci ricorda la complessità e la bellezza delle onde sonore e della percezione sensoriale.

Quindi, se volete veramente godervi il suono delle onde, niente batte l’esperienza di essere sulla costa e lasciarsi avvolgere dalla magia del mare.

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Curiosità

SAI QUANTA…Uva serve per fare una bottiglia di vino?

Una bottiglia di vino da 0,75 litri, la dimensione più comune, richiede in media 1,2 kg di uva. Ma perché proprio questa misura di bottiglia? Esistono varie teorie al riguardo. La prima spiega che tutto dipendeva dalla forza polmonare degli antichi soffiatori di vetro, che riuscivano a creare bottiglie di questa capacità con un singolo fiato.

La seconda teoria ha radici nel commercio. Gli inglesi, che utilizzavano i galloni come unità di misura del volume, consideravano che una cassa di vino potesse contenere al massimo 2 galloni. Poiché una cassa poteva ospitare 12 bottiglie, ciascuna da 0,75 litri, questa misura divenne standard per motivi di tasse portuali e costi di trasporto.

Un’altra teoria suggerisce che la misura di 0,75 litri fosse ideale perché una bottiglia contiene esattamente 6 bicchieri da 125 ml, comunemente utilizzati nelle osterie. Questo permetteva agli osti di calcolare facilmente quanti bicchieri sarebbero stati serviti ai clienti in base al numero di bottiglie. L’uso del vetro per la conservazione del vino risale al XVIII secolo, quando si comprese l’importanza di questo materiale per preservare il gusto del vino.

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Attualità

SAI CHE…Gli animali che uccidono più persone ogni anno sono le zanzare?

È una di quelle statistiche che fanno sempre colpo: gli animali che uccidono più persone ogni anno non sono squali, orsi o lupi, ma le zanzare. Non perché le loro punture siano pericolose di per sé (al massimo un po’ fastidiose), ma a causa delle gravi malattie che possono trasmettere.

Con il riscaldamento globale e i conseguenti cambiamenti climatici, le zanzare trovano sempre più spazio per espandersi. Un nuovo studio pubblicato sul Journal of Climate Change and Health ha cercato di prevedere l’espansione degli habitat di nove diverse specie di zanzare portatrici di malattie. Il risultato? Nei prossimi anni, molti Paesi finora “tranquilli” potrebbero trovarsi invasi da questi insetti e dalle patologie che trasmettono.

Il modello sviluppato dal team del Los Alamos National Laboratory, in New Mexico, prefigura una situazione potenzialmente esplosiva nei prossimi decenni: l’aumento delle temperature porterà le nove specie studiate a espandere il loro areale o, nella migliore delle ipotesi, a spostarlo altrove.

Le zanzare prosperano al caldo e stanno già migrando verso aree che fino a ora erano troppo fredde per loro. Questa espansione le sta portando verso i Poli, mentre le zone equatoriali potrebbero diventare troppo calde per loro (sembra una buona notizia, ma una zona troppo calda per una zanzara lo è anche per gli umani che ci vivono).

Lo studio sulle nove specie, appartenenti ai generi più diffusi e pericolosi per la salute umana, Culex e Aedes, indica che sei di queste specie allargheranno il loro habitat, colonizzando nuove aree senza abbandonare quelle attuali. Due specie dovrebbero invece traslocare, spostandosi verso nord o sud, mentre in un solo caso l’habitat rimarrà sostanzialmente invariato.

Le malattie gravi trasmesse dalle zanzare, come la dengue, la chikungunya, la febbre West Nile e la Zika, rendono cruciale sapere dove vivranno questi insetti nei prossimi decenni per poter attuare efficaci misure di prevenzione.

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