Calabria

Tragedia a Mangone (CS)| Spara alla moglie e al figlio e poi si toglie la vita

Tre spari di arma da fuoco, uno dopo l’altro, con l’ultimo che si è rivelato fatale. A Mangone, provincia di Cosenza un uomo ha deciso di togliersi la vita dopo aver tentato di uccidere sua moglie, fortunatamente sfuggita alla furia omicida, fuggendo da casa con il figlioletto di cinque anni, mentre la figlia dodicenne era a scuola. La tragedia familiare si è consumata intorno alle 10 di ieri mattina, in corso Garibaldi, nel centro storico di Mangone, quando l’uomo, Mario Francesco Provenzano, 57 anni, un assistente capo coordinatore della Polizia penitenziaria in servizio nella casa circondariale di Cosenza, ha impugnato la pistola. Dopo un acceso confronto con la moglie, rientrato a casa, l’uomo ha estratto la pistola d’ordinanza durante una discussione accesa in camera da letto. Ha sparato un primo colpo quando la donna ha preso il bambino per fuggire e un secondo mentre madre e figlio erano sulla porta di casa, fortunatamente senza essere colpiti. Sono riusciti a rifugiarsi in strada presso una famiglia del vicinato. A quel punto, l’aggressore ha deciso di porre fine alla sua vita sparandosi mortalmente in testa su una scala interna che conduceva all’uscio di casa. I carabinieri della Stazione di Mangone e della Compagnia di Rogliano hanno effettuato i primi rilievi sul luogo dell’incidente, seguiti dall’intervento dei sanitari del “118”, che hanno constatato il decesso dell’uomo. Successivamente sono giunti il procuratore capo di Cosenza, il comandante provinciale dell’Arma e i vertici della Polizia penitenziaria di Cosenza. I primi accertamenti hanno permesso di ricostruire la dinamica dell’evento, che ha avuto inizio in camera da letto, dove è stato trovato un bossolo, continuando verso la porta di casa dove è stato trovato un secondo bossolo, e infine sulla scala dove è stato trovato il terzo bossolo accanto al corpo dell’uomo. Un primo interrogatorio della donna ha fornito alcune informazioni sulle circostanze dell’aggressione e ha iniziato a delineare il movente. Le indagini sono ancora in corso per comprendere appieno tutti gli aspetti del tragico episodio. Emergono segni di fragilità psicologica nell’uomo, che sembrava avere problemi sul lavoro, accentuati dalla recente perdita del padre. Prima di entrare nella Polizia penitenziaria, aveva lavorato come barista ed era tornato al Sud con la speranza di una vita migliore. Tuttavia, l’assunzione non ha risolto i suoi problemi psicologici, che lo hanno portato a soffrire di gelosia infondata. Questo, unito al fatto che sua moglie aveva rinunciato al lavoro per occuparsi della famiglia, ha probabilmente contribuito al tragico epilogo.

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