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Taylor Swift riprende il Tour “Eras” a Londra con una Sorpresa: Ed Sheeran sul Palco

La pop star Taylor Swift ha dato il via alla ripresa del suo atteso tour “Eras” con una performance emozionante a Londra. L’evento ha avuto luogo dopo la cancellazione di tre concerti previsti a Vienna, a seguito di un allerta di attentati suicidi che aveva sconvolto i fan e il mondo della musica.

La serata londinese non ha deluso le aspettative, e per rendere l’occasione ancora più speciale, Taylor Swift ha sorpreso il pubblico con un ospite d’onore: l’artista britannico Ed Sheeran. I due hanno incantato i presenti eseguendo insieme alcune delle loro celebri collaborazioni, creando un momento indimenticabile per tutti i presenti.

Il concerto di Londra segna una nuova tappa del tour “Eras”, che continua a essere uno degli eventi musicali più attesi dell’anno. Con la sua energia travolgente e le esibizioni dal vivo, Taylor Swift ha confermato ancora una volta il suo status di icona della musica pop.

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“American Idiot”: Il rinnovo dei Green Day nel Punk Rock

Il 21 settembre 2004 segna una data fondamentale nella storia della musica: l’uscita di “American Idiot” dei Green Day, un album che ha ridefinito il punk rock per una nuova generazione. Sotto la guida di Billie Joe Armstrong, il trio californiano ha dimostrato che si può innovare senza tradire le proprie radici.

In un contesto musicale in evoluzione, i Green Day hanno saputo trasformare il loro suono, passando dalla tradizionale canzone punk di tre minuti a composizioni più complesse e ambiziose. “American Idiot” non è solo un album, ma un vero e proprio concept, un’opera che esplora le contraddizioni dell’America moderna attraverso una narrazione incisiva e melodie accattivanti.

La title track e brani come “Jesus of Suburbia” mettono in mostra la capacità del gruppo di amalgamare diverse sonorità, creando una sorta di rock-opera che riesce a mantenere viva l’energia tipica del punk. Con una scrittura intelligente e provocatoria, i Green Day hanno affrontato temi attuali senza cadere nel banale, offrendo al pubblico un lavoro ricco di significato e freschezza.

“American Idiot” ha dimostrato che la band non era solo un fenomeno passeggero, ma una forza duratura nel panorama musicale. Mentre il punk rock sembrava essere in declino, i Green Day hanno saputo risollevarlo, rimanendo fedeli a se stessi e, al contempo, aprendo la porta a nuove possibilità. Questo album rimane un testamento della loro creatività e resilienza, un capolavoro di abilità musicale e visione artistica.

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Katy Perry e l’ennesima crisi creativa: perché “143” delude?

Katy Perry torna sulle scene con il suo nuovo album “143”, ma l’attesa sembra svanire di fronte a un lavoro che non riesce a risvegliare l’interesse del pubblico. Dopo i deludenti risultati di “Witness” e “Smile”, la popstar californiana sperava di rilanciarsi, ma il suo tentativo appare fallimentare.

Le undici tracce presentano sonorità che sembrano ancorate a un passato pop che ha fatto il suo tempo, con scelte musicali che non riescono a rispecchiare le tendenze attuali. La collaborazione con Dr. Luke, produttore controverso, sembra un tentativo di ricreare il pop festaiolo degli anni 2010, ma il risultato è un insieme di cliché musicali e duetti poco convincenti.

L’album si distingue per la sua mancanza di innovazione, presentando un mix di dance-pop e elementi EDM che suonano già superati. Anche se la Perry ha dimostrato di saper conquistare le classifiche, il suo approccio attuale appare distante dalle esigenze di un mercato musicale in continua evoluzione.

La domanda che molti si pongono è: è possibile che Katy Perry debba reinventarsi per riconquistare un posto nell’élite del pop? Magari ispirandosi a colleghe come Kylie Minogue, che ha saputo rinnovarsi con successo. “143” non è necessariamente un brutto album, ma rappresenta un’opportunità sprecata per una carriera che meriterebbe di brillare ancora. Se Perry non cambia rotta, rischia di diventare un’icona nostalgica, piuttosto che un’artista attuale e rilevante.

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Ornella Vanoni, 90 anni ricchi di grandi successi e grandi amori

Di recente ha dichiarato di avere speso una vita intera per riuscire ad essere davvero se stessa. Una vita, aggiungiamo, lunga e intensa, caratterizzata da una carriera altrettanto lunga e fortunata. La vita di Ornella Vanoni che il 22 settembre compie 90 anni. La cantante milanese è nata infatti nel 1934. Dicevamo della lunga carriera: ha iniziato a lavorare nel 1956 (come attrice in “Sei personaggi in cerca d’autore” di Luigi Pirandello dopo avere studiato all’Accademia di arte drammatica” del Piccolo Teatro di Giorgio Strehler del quale è diventata allieva prediletta e compagna.
Nel 1957 il debutto canoro con le “canzoni della mala”, brani che traggono spunto da antiche ballate dialettali e raccontano storie di poliziotti e malfattori. Dopo gli esordi, il suo stile interpretativo unico e sofisticato le consente di attraversare un repertorio che comprende il pop d’autore, la bossa nova (da ricordare l’album “La voglia la pazzia l’incoscienza l’allegria” realizzato con Toquinho e Vinicius de Moraes) e il jazz che la porta a collaborare con musicisti del calibro di George Benson, Michael Brecker e Randy Brecker, solo per citarne alcuni.

E a vendere oltre 55 milioni di dischi con i suoi 112 lavori pubblicati, tra album, EP e raccolte, con autori che portano il nome di Dario Fo, Paolo Conte, Fabrizio De Andrè, Ivano Fossati, Lucio Dalla, Franco Califano, Mogol, Renato Zero e Riccardo Cocciante.
Nel 1960 la Vanoni incontra Gino Paoli con il quale nasce un’intensa stria d’amore che va di pari passo con la collaborazione artistica: basti citare l’indimenticabile “Senza fine”. Nonostante l’amore per Paoli, la cantante sposa l’impresario teatrale Lucio Ardenzi da cui si separa ancor prima che nasca il figlio Cristiano.

Non a caso, il suo primo 45 giri di grande successo commerciali è “Cercami” dedicata proprio a Paoli. Mentre prosegue anche l’impegno teatrale (tra gli altri, è Rosetta in “Rugantino” di Garinei e Giovannini), arriva la prima (di otto) partecipazione al Festival di Sanremo: nel 1965, con “Abbracciami forte”. Seguono quelle nel 1966 (“Io ti darò di più”), nel 1967 (“La musica è finita”), nel 1968 (“Casa bianca”), nel 1970 (“Eternità”), nel 1989 (“Io come farò”), nel 1999 (“Alberi”, con Enzo Gragnaniello) e nel 2018 (“Imparare ad amarsi”, con Bungaro e Pacifico). Nonostante tutti i Festival, i suoi maggiori successi discografici sono altri: “Una ragione di più” (1969), “L’appuntamento” (1970), “Domani è un altro giorno” (1971), “Più” (1976, con Gepy).

Poi c’è la televisione, che vede la Vanoni impegnata negli anni come conduttrice, prima donna o ospite fissa: da “Giardino d’inverno” a “Studio Uno”, da “Senza rete” a “Serata d’onore”, da Fatti e fattacci” a “Risatissima”. E’ anche giudice in “Star Academy” e “Amici Celebrities”. Nella carriera sessantennale non manca nemmeno il cinema dal primo “Romolo e Remo” di Sergio Corbucci del 1961 all’ultimo “7 donne e un mistero” di Alessandro Genovesi del 2021. L’abbiamo vista anche nello sceneggiato “Il mulino del Po” di Sandro Bolchi e, in un cameo, nella fiction di Rai1 “La Compagnia del Cigno” di Ivan Cotroneo. Tra i premi assegnati a Ornella Vanoni ce ne sono tre del Club Tenco (due Premi e una Targa) e due volte il Premio Lunezia.

foto: Agenzia Fotogramma

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