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Cronaca

Roma | Zio e Nipote rapinano “Scarpe e Scarpe” e “Acqua e Sapone”: arrestati

La polizia di Roma ha arrestato due uomini, un 22enne e un 57enne, accusati di aver compiuto due rapine in due negozi diversi della città. La prima rapina è avvenuta il 4 febbraio nel negozio ‘Scarpe e Scarpe’ di viale Marconi, mentre la seconda è stata perpetrata il 24 dello stesso mese presso un negozio ‘Acqua e Sapone’ in via Portuense. Entrambi gli uomini, nipote e zio, erano armati di pistola e coltello.

L’indagine, coordinata dalla procura di Roma e condotta dagli investigatori del distretto San Paolo, si è concentrata inizialmente sulla rapina a ‘Acqua e Sapone’. Durante una perquisizione nell’appartamento del 22enne, sospettato per il colpo a ‘Acqua e Sapone’, sono stati trovati indumenti simili a quelli indossati durante i crimini, guanti in lattice, un coltello e contanti. Nella stessa abitazione, in una camera utilizzata dallo zio, sono stati scoperti altri abiti e due repliche di una pistola Beretta, prive dei tappi rossi di sicurezza.

Le prove raccolte dalle indagini, comprese immagini video e tatuaggi identificativi, hanno ulteriormente corroborato le accuse contro i due uomini. Entrambi sono stati arrestati e trasferiti nel carcere di Regina Coeli a disposizione dell’autorità giudiziaria. Oltre all’accusa di rapina, loro è stato contestato anche il reato di ricettazione, poiché il ciclomotore utilizzato per la fuga è risultato rubato.

Cronaca

Pericolo Challenge Social | La Sex Roulette: perde chi resta incinta, coinvolte ragazzine tra 14 e 16 anni

Una pericolosa moda ha preso piede tra i giovani su internet, denominata Sex Roulette, che va ben oltre un semplice gioco erotico. Si tratta di una sfida estrema che coinvolge adolescenti e persino minorenni, mettendo a rischio non solo la loro salute fisica ma anche quella mentale.

L’idea di base di questa challenge è di avere rapporti sessuali non protetti con più partner possibili, con l’obiettivo paradossale di non rimanere incinta. Le conseguenze di questa pratica sono devastanti: gravidanze indesiderate che spesso terminano con aborti, esposizione a malattie sessualmente trasmissibili, e persino il rischio di contrarre l’HIV in alcune varianti ancora più pericolose che coinvolgono persone sieropositive.

Il fenomeno ha radici internazionali, con segnalazioni che spaziano da paesi come gli Stati Uniti e il Regno Unito fino a località in Italia, come Brescia, Bergamo, Cremona, Mantova e Napoli. La sfida viene organizzata tramite chat e social network, dove i partecipanti si incontrano in feste dedicate al sesso libero, spesso sotto l’influenza dell’alcol, senza preoccuparsi delle conseguenze.

Questa pericolosa pratica non è solo una questione di rischi fisici, ma anche di impatti emotivi profondi. Video shock di aborti pubblicati su piattaforme come TikTok hanno fatto scalpore, suscitando reazioni contrastanti ma evidenziando una pericolosa tendenza alla pubblicizzazione di momenti estremamente delicati della vita delle persone.

Nonostante i tentativi di censura delle piattaforme social principali, i video e le informazioni su queste challenge trovano sempre una via per circolare, spesso su canali meno controllati come gruppi di chat, Telegram e siti per adulti. Questo dimostra quanto sia difficile contrastare un fenomeno che sfrutta la curiosità e l’ignoranza dei giovani.

Gli esperti sono concordi nel dire che dietro questi comportamenti ci sono profondi bisogni di appartenenza, ricerca di visibilità e a volte anche gravi problemi di auto-stima e depressione. È fondamentale un intervento educativo sia a livello familiare che scolastico, che insegni ai giovani non solo i rischi fisici delle loro azioni, ma anche le implicazioni emotive e sociali che possono avere.

In questo contesto, l’educazione sessuale responsabile e l’interesse attivo dei genitori sulla vita virtuale dei loro figli giocano un ruolo cruciale nella prevenzione di comportamenti pericolosi e autolesionisti. È urgente affrontare questi temi con apertura e sensibilità, per proteggere la salute e il benessere dei giovani in un mondo sempre più connesso e complesso.

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Cronaca

Palermo | Discoteche abusive: Chiuso il Solemar e sequestrata pedana abusiva sulla scogliera utilizzata per ballare

foto Facebook

La notte di venerdì si è trasformata in un incubo per il Solemar, il quale è stato sequestrato per aver operato senza le licenze necessarie per organizzare serate danzanti. Situato all’Addaura, di fronte al complesso residenziale Le Rocce, il locale è stato scoperto dalla polizia municipale con oltre 600 persone in pista, superando ampiamente il limite massimo di 190 avventori consentiti.

Il sequestro penale preventivo è stato motivato dalle numerose violazioni riscontrate dagli agenti, tra cui l’assenza di licenze approvate dal questore, certificati di agibilità dalla commissione comunale di Vigilanza sui luoghi di pubblico spettacolo, e la documentazione necessaria per la prevenzione incendi. Inoltre, il Solemar è stato trovato adibito a discoteca nonostante la sua destinazione ufficiale fosse esclusivamente quella di lido balneare.

Un’ulteriore irregolarità è stata individuata nella costruzione di una pedana sulla scogliera, senza il necessario certificato di collaudo statico e autorizzazione antisismica, mettendo così a rischio la pubblica incolumità.

La gestione del locale abusivo è riconducibile a una società composta da quattro soci, tutti identificati e denunciati in concorso durante il controllo delle autorità. Il locale, situato al civico 2343 di largo Cristoforo Colombo, è da tempo oggetto di attività di pubblico spettacolo danzante con diffusione sonora all’aperto, in contrasto con il certificato di agibilità urbanistica-edilizia rilasciato dal Comune.

Durante l’ispezione è emerso anche che non era stata rispettata la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) per locali di pubblico spettacolo e intrattenimento, come richiesto dal Sistema Unico di Attività Produttive (SUAP). Inoltre, è stato constatato che il prezzo di ingresso di 20 euro pagato dai consumatori confermava l’intenzione di operare esclusivamente come discoteca.

L’intrattenimento musicale all’interno del locale avveniva tramite due impianti elettroacustici di amplificazione professionale collegati a due consolle, gestite da due DJ. Entrambi sono stati identificati e sanzionati per non aver rispettato le normative fonometriche e il regolamento sulla movida.

All’arrivo degli agenti, il locale era sovraffollato, motivo per cui è stato interrotto l’intrattenimento musicale e le persone sono state fatte uscire. Oltre alle violazioni penali, i titolari del Solemar sono stati sanzionati anche per violazioni amministrative legate al regolamento sulla movida.

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Campania

Napoli | Bancarotta “Alimentar Cerealgumi” da circa 2 milioni di euro: 5 persone a giudizio I NOMI

Tutti a giudizio per la bancarotta da circa 2 milioni di euro della società “Alimentar Cerealgumi”. Il giudice per le udienze preliminari di Napoli Nord, Guida, ha emesso venerdì sera il decreto che dispone il processo, previsto per l’inizio dell’anno prossimo, nei confronti dei coinvolti.

Dovranno comparire dinanzi ai giudici del collegio A della seconda sezione penale di Napoli Nord:

  • Sonia D’Agostino, 47enne di Napoli residente a Castelfranco Emilia (Modena);
  • Vincenzo Scuotto, 49enne di Capodrise;
  • Alfonso Scuotto, 76enne di Caivano;
  • Mario Riccio, 47enne di Sant’Antimo;
  • Enzo Fabozzo, 42enne di Castel Volturno.

Sono citate in giudizio anche due società. Il curatore fallimentare della società fallita si è costituito parte civile assistito dall’avvocato Raffaele Costanzo. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giuseppe Laudante, Massimo D’Errico, Maria Rosaria Di Dona e Giuseppe Catalano (quest’ultimo rappresenta le due società citate in giudizio).

Secondo l’accusa, Alfonso e Vincenzo Scuotto, amministratori di fatto della Alimentar Cerealegumi, Sonia D’Agostino, socia della stessa società, Mario Riccio, considerato un prestanome, ed Enzo Fabozzo, legale rappresentante, avrebbero occultato dalla massa fallimentare risorse destinate ai creditori e all’erario, per un totale di circa 2 milioni di euro. Avrebbero avviato ulteriori attività che condividevano la stessa sede operativa, gli stessi beni strumentali e persino gli stessi dipendenti della società fallita.

Tra le accuse formulate dalla procura vi sono anche l’emissione di false fatture e la malversazione di circa 400.000 euro di fondi garantiti da Intesa Sanpaolo, che non sarebbero stati destinati alle finalità previste.

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