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Politica

Medio Oriente, Tajani “Disattesi gli accordi e mi aspetto delle scuse”

“E’ inaccettabile ciò che è successo a danno di alcune postazioni di Unifil nel Sud del Libano, è inaccettabile che per errore o ancora peggio intenzionalmente vengano colpite basi di Unifil. Da un paio di settimane il governo italiano avvertiva quello israeliano di questo pericolo: io stesso ho chiamato tre volte negli ultimi giorni il mio collega israeliano Israel Katz. E poi, visto che abbiamo stabilito da anni un rapporto molto intenso, ho chiamato due volte il presidente Herzog”. Così il vicepremier e Ministro degli Esteri Antonio Tajani in una intervista al Corriere della Sera, torna sullo scenario in Medio Oriente.

“Israele può difendersi militarmente, ha tutto il diritto di rispondere al barbarico assalto del 7 ottobre. Ma le sue operazioni devono rispettare in ogni momento il diritto internazionale, i civili e in questo caso i contingenti delle Nazioni Unite. Mi hanno sempre risposto che comprendevano pienamente i nostri messaggi, che avrebbero garantito le nostre indicazioni a chi opera sul campo” continua Tajani. “Purtroppo vedo che i risultati sono diversi da quanto ci è stato garantito. Mi auguro che adesso da Israele arrivino le scuse e la condanna per quanto è accaduto. Bene che l’ambasciata di Israele abbia annunciato l’apertura di una inchiesta».
“Gli italiani si stanno comportando da veri portatori di pace – prosegue Tajani – Li stiamo seguendo come figli, chiediamo aggiornamenti minuto per minuto. Noi facciamo tutto quello che è in nostro possesso per garantire l’integrità di questi ragazzi ma la missione deve andare avanti per garantire la pace e impedire che la situazione degeneri”.

– Foto: Agenzia Fotogramma –

Economia

Stellantis in Crisi: Landini Chiede Intervento del Governo per Salvaguardare l’Industria Automobilistica

La situazione di Stellantis è diventata critica, e il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha espresso la necessità di un intervento diretto del governo italiano. Durante un’intervista su Radio 24, Landini ha denunciato la mancanza di investimenti da parte dell’azienda negli ultimi anni, sottolineando che Stellantis non ha dedicato risorse significative a ricerca e sviluppo. Nel 2024, si prevede una produzione che scenderà sotto le 300.000 unità, un dato che non si registrava dal 1957.

Secondo Landini, l’azienda ha adottato una politica di riduzione dei costi, che ha comportato il taglio di oltre 12.000 posti di lavoro e la chiusura di programmi di ricerca e sviluppo. Inoltre, ha sottolineato che Stellantis sta valutando di spostare parte della produzione in Paesi come il Marocco, contribuendo a un’ulteriore erosione della base industriale italiana.

Landini ha evidenziato che la potenzialità produttiva degli stabilimenti italiani potrebbe arrivare fino a 2 milioni di auto, ma che la realtà attuale è ben diversa, con una produzione in calo e sotto le 300.000 unità. Ha anche menzionato il rinvio della giga factory di Termoli, sottolineando l’urgenza di una programmazione sistemica che coinvolga il governo e le parti interessate, inclusi sindacati e fornitori.

Criticando le scelte passate dell’azienda, Landini ha fatto riferimento a quando Stellantis era ancora conosciuta come Fiat e alla decisione di concentrarsi su modelli di alta gamma, sottovalutando il settore elettrico. Queste scelte, secondo lui, hanno avuto conseguenze pesanti, non solo per Stellantis, ma per l’intero panorama industriale europeo, che ora si trova a dover recuperare il terreno perso rispetto ai competitor globali, in particolare cinesi, americani e giapponesi, che hanno investito in modo più significativo in tecnologie avanzate.

Landini ha chiesto che il governo convochi Stellantis e i sindacati per avviare un dialogo concreto e trovare soluzioni per garantire un futuro sostenibile e competitivo per l’industria automobilistica italiana. La situazione attuale richiede una revisione delle strategie aziendali e una maggiore attenzione agli investimenti nella mobilità del futuro.

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Politica

Messina | Ponte sullo Stretto tra tanti annunci e prospettive future

Opera piu discussa e indiscussa da anni da molti anni solo annunci ma adesso da almeno un anno se ne parla in maniera costante anche con azioni concrete da parte del governo Meloni e dalla società Webuild  infatti sono stati stanziati fondi per la grande opera e una fase molto esecutiva quella della mappa e definizioni degli espropri che saranno attuati

Oggi vi riportiamo la posizioni di Ivo Blandina presidente della Camera di Commercio di Messina e poi con Pietro Franza presidente di Sicindustria Messina

Riguardo ai livelli di sicurezza, si è scelto di adottare “periodi di ritorno” estremamente elevati sia per gli stati limite di servizio (deformazione e percorribilità) – portati a duecento anni – sia per le azioni più rilevanti sul ponte (vento e sisma), di cui sono stimati duemila anni come periodo di ritorno.

Ecco una sintesi sull’opera e sulla sua storia

Il primo concorso di idee internazionale sulla costruzione è indetto dal Ministero dei Lavori Pubblici italiano nel 1969. L’opera nella sua soluzione definitiva viene individuata nel 1992. Nel 2003 viene approvato il progetto preliminare e nel 2006 la Società Stretto di Messina affida la progettazione definitiva, esecutiva e costruzione dell’opera al consorzio Eurolink, di cui è leader il Gruppo Webuild. Il 20 dicembre del 2010 Eurolink consegna il progetto definitivo al termine di studi e analisi dettagliate sul territorio. Il 29 luglio del 2011 la società Stretto di Messina approva il progetto definitivo.

Il tracciato dell’attraversamento sullo Stretto di Messina è stato studiato con più varianti possibili nella zona di minor distanza tra la Sicilia e il continente, valutando opzioni diverse tra le soluzioni a più campate oppure con pile in acqua o meno. Per il rapporto freccia/luce (è un dato importante per i ponti di grande luce, al fine di minimizzare il peso dei cavi portanti e la loro rigidezza in relazione all’altezza delle torri) si è scelto un rapporto di 1/11, che non è stato mai messo in discussione neanche durante i progetti esecutivi della fase di gara di appalto.

Il profilo navigabile ha richiesto un passaggio di 65 m di luce netta sotto l’impalcato e due zone laterali di 50 m di altezza (tuttavia, oggi le grandi navi da crociera sono alte anche 75 m).

Riguardo il giunto sismico con le sponde, che sono soggette anche ai movimenti delle faglie, il problema è stato rimandato a studi più approfonditi in occasione del progetto esecutivo ma è stato in prima battuta previsto un giunto di circa 8m.

Le linee essenziali dell’opera di attraversamento sono esplicate nel progetto preliminare, che conferma la scelta fondamentale di costruire il ponte sospeso a campata unica con una lunghezza pari a 3300 m, cioè con la luce centrale più lunga del mondo.

L’impalcato avrà una lunghezza complessiva di 3666 m, tenuto conto della luce delle due campate laterali sospese, e una larghezza di 60 m. Sarà costituito da tre cassoni, di cui due laterali per la piattaforma stradale e uno centrale per la piattaforma ferroviaria. La sezione stradale dell’impalcato sarà composta da tre corsie per ogni carreggiata (due corsie di marcia e una di emergenza), ciascuna di 3,75 m […]

Il ponte sullo stretto di Messina sarebbe stato costruito già in epoca romana. Più precisamente, il ponte sarebbe stato realizzato durante la prima guerra punica, nel III secolo a.C., per consentire il passaggio degli elefanti catturati dai romani all’esercito cartaginese. Si sarebbe trattato di una passerella galleggiante temporanea, fatta di botti e assi, usata solo per trasportare i pachidermi e poi abbandonata. Ma tutto questo è davvero accaduto? Dal punto di vista tecnico l’impresa sarebbe stata possibile, ma abbiamo verificato e la fonte principale che riguarderebbe l’evento (un passo della Geografia di Strabone), citata dai vari siti web, semplicemente non esiste.

La prima guerra punica e gli elefanti da guerra

Per prima cosa ricostruiamo il quadro storico che avrebbe portato alla presunta realizzazione del ponte romano sullo Stretto di Messina.

La Sicilia fu il principale scenario della prima guerra punica, combattuta tra Roma e Cartagine dal 264 al 241 a. C.  Una delle “prede” più ambite dai due eserciti era Panormus (Palermo), che i romani riuscirono a conquistare nel 254 a. C. Tre anni più tardi, però, i cartaginesi attaccarono la città, servendosi anche di elefanti da guerra.
Considerati i carri armati dell’antichità, gli elefanti erano utili per lanciare cariche contro il nemico e per trasportare carichi pesanti. I romani ne erano particolarmente intimoriti e nel 255 a.C., quando avevano portato la guerra nel territorio del nemico, erano stati sconfitti nei pressi di Cartagine anche grazie al loro impiego.

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Politica

Musumeci “La Protezione civile non si può delegare alle regioni”

“La premessa è che sono un autonomista convinto. Però non posso esserlo su una materia come la Protezione civile. Non posso esserlo perchè è un tema che riguarda la sicurezza nazionale”. Così il ministro per la Protezione Civile e le Politiche del mare, Nello Musumeci, in una intervista a la Repubblica. “La Protezione civile è già materia concorrente, quindi è già gestita da Stato e regioni. E quindi cos’altro dobbiamo delegare?”, osserva il ministro.
I governatori chiedono di poter stabilire loro lo stato di emergenza, in modo da avere carta bianca anche su modi e tempi dei ristori. “Penso che sia già stato delegato quello che andrebbe delegato. Se poi loro chiedono che siano le regioni a scegliere chi nominare come commissario ad hoc per una singola emergenza, sono anche d’accordo, non ho problemi.

Ma per il resto, francamente: no. Facciamo anche il caso che decidessimo di delegare tutta la Protezione civile alle regioni: se poi c’è una calamità – ad esempio un terremoto – e servono tre o quattro miliardi per intervenire e dare ristoro a chi è stato colpito, chi paga? La regione o lo Stato? Lo Stato. E quindi, ecco: ci vuole attenzione”, sottolinea. Quindi “penso che le materie di sicurezza nazionale – come la Protezione civile – devono restare in capo allo Stato. E, ripeto, lo sostengo da autonomista”. Secondo Musumeci serve “prima un dibattito in Consiglio dei ministri. Un dibattitto per stabilire se intendiamo davvero decidere ora sulle materie non Lep – tra cui anche la Protezione civile – o se invece attendere la definizione delle materie Lep. Per questo aspetto il Consiglio dei ministri, che è l’organo collegiale preposto a una scelta del genere”.

-Foto: Agenzia Fotogramma-

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