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Curiosità

Tutto quello che non sai sul Sushi

Oggi il sushi è diffuso e amato a livello globale, compresa l’Italia, ma quali sono le sue vere radici? E come si consuma correttamente? Ecco un percorso in otto punti che esplora la storia, le tradizioni e alcune curiosità su questo famoso piatto giapponese.

  1. Le origini del sushi
    Il sushi affonda le sue radici in Asia orientale, dove era inizialmente utilizzato per la conservazione del pesce attraverso un particolare processo di fermentazione. Con il passare del tempo, questo metodo si è evoluto e ha dato vita al sushi moderno, che tutti conosciamo.
  2. L’arrivo in Occidente
    La cultura occidentale ha scoperto il sushi grazie a un evento ufficiale in cui fu servito per la prima volta agli americani negli anni ’50, segnando l’inizio della sua popolarità internazionale.
  3. Il mito del wasabi
    La pasta verde comunemente associata al sushi non è sempre il vero wasabi. Spesso, ciò che troviamo nei ristoranti è rafano colorato, mentre il vero wasabi, derivato da una radice rara e costosa, è difficile da reperire fuori dal Giappone.
  4. Differenze tra sushi e sashimi
    Il sashimi è composto da pesce crudo servito senza riso, mentre il sushi può includere varianti come il nigiri (riso con pesce) e i maki (involtini di riso e altri ingredienti avvolti in alga).
  5. Le buone maniere a tavola
    Mangiare il sushi richiede alcune accortezze: può essere preso con le mani e mangiato in un solo boccone, ma attenzione a come si usa la salsa di soia! Non bisogna mai mescolarla con il wasabi, e il pesce va intinto delicatamente.
  6. Il ruolo dello zenzero
    Lo zenzero sottile servito accanto al sushi non è un semplice contorno, ma ha lo scopo di ripulire il palato tra un boccone e l’altro, per esaltare i diversi sapori.
  7. Il percorso per diventare sushi chef
    In Giappone, diventare maestro del sushi richiede anni di pratica e studio, con una forte enfasi sulla precisione nel taglio del pesce e su tecniche segrete come il trattamento del polpo.
  8. Il pericolo del fugu
    Il pesce palla, noto come fugu, è un piatto pregiato ma rischioso, poiché contiene una potente tossina. Solo chef esperti con licenza possono prepararlo, e la sua preparazione è rigidamente regolamentata per garantire la sicurezza.

Curiosità

SAI CHE…Moo Deng, il piccolo ippopotamo, è riuscito a conquistare il cuore del web?

Nel mondo spesso dominato da notizie tristi, un piccolo cucciolo di ippopotamo ha portato un raggio di sole sul web. Moo Deng, un adorabile ippopotamo pigmeo nato al Khaow Kheow Open Zoo, situato a est di Bangkok, in Thailandia, ha catturato l’attenzione di utenti di tutto il mondo grazie al suo carattere vivace e alla sua dolcezza.

Il nome Moo Deng, scelto da una comunità di utenti su Facebook, significa “maialino rimbalzante” in thailandese, un omaggio simpatico a un piatto locale. Le immagini e i video del cucciolo hanno rapidamente spopolato sui social media, accumulando milioni di visualizzazioni su piattaforme come X, Facebook e TikTok. La sua popolarità è cresciuta a tal punto che i responsabili dello zoo hanno dovuto limitare le visite per proteggere Moo Deng dalle troppe attenzioni.

Moo Deng appartiene alla rara specie degli ippopotami pigmei, di cui rimangono solo circa 2.000 esemplari in natura, principalmente in Liberia. Questi ippopotami sono più piccoli dei loro cugini fluviali, sono timidi, notturni e completamente erbivori. Purtroppo, la loro esistenza è minacciata dalla distruzione dell’habitat naturale e dall’inquinamento dei fiumi.

Nonostante le sfide, la nascita di Moo Deng offre una luce di speranza. Gli ippopotami pigmei si riproducono bene in cattività, e la crescente popolarità del cucciolo potrebbe attrarre l’attenzione necessaria per le iniziative di conservazione, fondamentali per salvare la specie. Con la dolcezza di Moo Deng che continua a incantare il mondo, ci si augura che questa storia porti a un maggiore impegno nella protezione di questi straordinari animali.

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Curiosità

SAI CHE…Le Ginocchia umane subiscono un contrasto evolutivo tra Antichità e Modernità?

Le ginocchia umane, articolazioni fondamentali per la locomozione, presentano una vulnerabilità che molti di noi sperimentano quotidianamente. Alzarsi dal divano o affrontare le scale può diventare un’impresa dolorosa, e la causa di questi problemi si radica nella loro storia evolutiva.

Nel corso del tempo, le ginocchia si sono adattate per consentire agli esseri umani di camminare eretti, distinguendosi dai nostri antenati come l’Homo neanderthalensis. Questi cambiamenti hanno permesso una maggiore mobilità, ma hanno anche reso le ginocchia più suscettibili a lesioni e malattie.

Uno degli aspetti sorprendenti è che le antiche comunità di cacciatori-raccoglitori, che si muovevano costantemente, presentavano un’incidenza molto inferiore di osteoartrite rispetto alla popolazione moderna. Oggi, uno stile di vita sedentario e la diminuzione della massa muscolare hanno contribuito a un aumento dell’usura delle articolazioni, rendendo il dolore al ginocchio una realtà comune.

Un ulteriore fattore che complica la situazione è rappresentato dalle ossa sesamoidi presenti nel ginocchio, come la fabella, la cui presenza può variare tra individui. Sebbene queste piccole ossa abbiano potuto offrire vantaggi in termini di mobilità ai nostri antenati, oggi sono spesso associate a problematiche articolari.

In conclusione, le ginocchia umane, progettate per un’epoca di attività intensa, si trovano ora a dover affrontare le sfide di uno stile di vita moderno, caratterizzato da sedentarietà e aumento del peso corporeo. Questo contrasto tra le aspettative evolutive e le condizioni attuali spiega in parte perché il dolore al ginocchio è così comune. Affrontare questa realtà richiede una maggiore attenzione alla salute articolare e alla promozione di uno stile di vita attivo, che possa alleviare il peso su queste articolazioni così importanti.

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Curiosità

SAI PERCHE’…Si forma la “lanetta” all’ombelico?

Il batuffolo di lanugine che spesso si accumula nell’ombelico, soprattutto negli uomini, è il risultato di una combinazione di fibre dei vestiti, peli addominali, polvere, cellule morte della pelle, grasso e sudore. Questo curioso fenomeno è stato studiato dal chimico Georg Steinhauser dell’Università della Tecnologia di Vienna. Dopo aver analizzato per tre anni 503 campioni della propria lanugine, ha concluso che la causa principale è lo sfregamento dei peli addominali contro gli abiti, che intrappolano e spingono le fibre dei tessuti verso l’ombelico. I peli, spesso disposti in cerchi concentrici, fungono da “guide” per il materiale.

Il peso medio di questi batuffoli, stando ai campioni raccolti da Steinhauser, è di 1,82 milligrammi. Ma nel Guinness dei Primati spicca il bibliotecario australiano Graham Barker, che ha collezionato per 26 anni la propria lanugine, raggiungendo un totale di 22,1 grammi di materiale. Una curiosità che, sebbene bizzarra, ha un sorprendente fascino scientifico.

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