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Curiosità

La storia della Pepsi-Cola: dalla farmacia di provincia alla “potenza navale”

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La Pepsi-Cola, oggi nota semplicemente come Pepsi, è molto più di una semplice bibita; è un simbolo di innovazione e competizione che ha segnato profondamente la storia delle bevande analcoliche. La sua origine risale al 1898, quando un farmacista della Carolina del Nord, Caleb Bradham, creò una bevanda destinata a diventare un’icona globale. Partendo come una semplice miscela per favorire la digestione, la Pepsi ha attraversato guerre, crisi economiche e battaglie commerciali, fino a diventare un marchio conosciuto in ogni angolo del pianeta.

L’Alba della Pepsi-Cola

Nel 1898, a New Bern, una cittadina della Carolina del Nord, Caleb Bradham lanciò una bibita chiamata Brad’s Drink, destinata inizialmente a rispondere alle esigenze dei suoi clienti che cercavano un rimedio dissetante e digestivo. Poco dopo, Bradham decise di ribattezzare la bevanda in Pepsi-Cola, ispirandosi al termine “dispepsia”, che indica disturbi digestivi, e alla noce di cola, ingrediente che conferiva alla bibita il suo caratteristico gusto e contenuto di caffeina.

La Pepsi-Cola Company venne ufficialmente fondata nel 1903, e già dai primi anni la pubblicità giocò un ruolo fondamentale nel successo del marchio. Anche durante la Grande Depressione degli anni ’30, Pepsi dimostrò grande capacità di adattamento, offrendo il doppio del prodotto allo stesso prezzo, una strategia che la rese particolarmente popolare e la aiutò ad espandersi a livello internazionale, conquistando i mercati del Nord America e dell’America Latina.

La Grande Rivalità: La “Guerra della Cola” e il Dominio Temporaneo

Gli anni ’50 e ’60 segnarono un periodo di espansione aggressiva per la Pepsi, che iniziò a insidiare il predominio della Coca-Cola grazie a campagne pubblicitarie innovative e alla capacità di adattarsi ai gusti in evoluzione dei consumatori. La cosiddetta “guerra della cola” raggiunse il culmine negli anni ’80, quando Pepsi riuscì a superare Coca-Cola negli Stati Uniti, diventando la bevanda analcolica numero uno del paese. Questo trionfo fu sostenuto da campagne pubblicitarie memorabili che coinvolsero alcune delle più grandi icone della musica e dello spettacolo, tra cui Michael Jackson e Madonna, rendendo Pepsi un simbolo di cultura pop globale.

La Flotta Pepsi: Un Episodio Unico nella Storia della Guerra Fredda

Un episodio particolarmente curioso e significativo della storia di Pepsi si verificò nel 1989, in piena Guerra Fredda. Con un accordo commerciale in scadenza e la presenza di numerosi stabilimenti in Unione Sovietica, la PepsiCo accettò una forma di pagamento decisamente insolita: una flotta di navi militari dismesse, compresa una serie di sottomarini diesel. Per un breve periodo, Pepsi divenne la sesta potenza navale del mondo per numero di sottomarini, prima di vendere la flotta a una compagnia svedese specializzata nel riciclaggio di rottami.

Il Viaggio del Logo: Un’Icona in Continua Evoluzione

Il logo di Pepsi ha subito numerose trasformazioni nel corso degli anni, riflettendo i cambiamenti nella società e nei gusti dei consumatori. Nel 2018, la PepsiCo ha deciso di celebrare questa evoluzione lanciando un’edizione limitata con confezioni che riproponevano alcuni dei loghi storici più iconici, tra cui quello bianco, rosso e blu utilizzato tra il 1973 e il 1991. Questo richiamo al passato è stato un omaggio alla ricca storia della Pepsi e al suo continuo processo di reinvenzione.

Una Bevanda che ha Scritto la Storia

Dalla sua umile nascita in una farmacia di provincia, la Pepsi ha saputo trasformarsi in un gigante globale, affrontando sfide e superando confini culturali e geografici. La sua capacità di innovare, adattarsi e sfidare costantemente il suo più grande rivale, la Coca-Cola, ha reso Pepsi non solo una delle bibite più popolari al mondo, ma anche un simbolo di determinazione e successo imprenditoriale.

Curiosità

SAI CHE…E’ importantissimo respirare col naso? Ecco perchè

Respirare con il naso è importante: prima di arrivare ai polmoni, l’aria che entra nelle narici viene filtrata, umidificata e termoregolata in modo da raggiungere la temperatura di 35 gradi, ideale per la funzionalità respiratoria e polmonare e tutto questo avviene proprio grazie alla specifica struttura del naso. Durante l’inspirazione, i piccoli peli che si trovano all’interno delle narici e il sistema mucociliare simulano il rilascio di molecole antibatteriche, una vera e propria barriera protettiva che abbatte la carica di polveri e batteri presenti nell’aria prima che arrivi agli alveoli polmonari.

Sono alcuni dei temi trattati dall’otorinolaringoiatra Giovanni Felisati, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress. “E’ importante respirare col naso perchè l’aria che noi respiriamo viene termoregolata dalle strutture nasali e quindi arriva in migliori condizioni ai bronchi, che necessitano di avere un’aria filtrata e termoregolata. Ma il naso serve anche perchè ha una funzione estetica al centro della faccia, ha una funzione olfattiva che oggi è sempre più importante, ha una funzione di difesa perchè fa da filtro”.

Respirare con la bocca, “ad esempio per un bambino, determina un’alterazione di sviluppo del palato. Ma tutti noi respirando male, viviamo male: probabilmente abbiamo un cattivo sonno e una cattiva qualità della vita”, ha spiegato. “Un naso che sta bene deve essere una via di mezzo fra un tunnel in cui l’aria passa completamente libera e un termosifone. Dobbiamo volere che il nostro naso respiri bene, per avere una migliore qualità della vita e anche in prospettiva per avere una longevità sana”.

Può succedere che, col passare dell’età, una persona possa respirare peggio? “Sulla respirazione ci sono tante cose che possono impattare, l’unica soluzione è capire dov’è il problema”, ha sottolineato. Sulle abitudini quotidiane, “oggi si parla sempre di più dei lavaggi nasali: non credo che tutti si debbano lavare il naso, però quando c’è un problema tenerlo pulito è una buona cosa e, se c’è un’allergia, bisogna curarlo. Se invece ci sono delle anomalie anatomiche, forse la chirurgia è meglio farla prima e non dopo”.

– Fonte foto: Freepik –

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Curiosità

Sai quale parte del Cervello Stimola la Curiosità?

Un team di ricercatori della Columbia University ha fatto una scoperta significativa riguardo alla curiosità umana, identificando per la prima volta le aree del cervello coinvolte in questo fondamentale impulso. Utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fMRI), gli scienziati hanno analizzato i livelli di ossigeno nelle diverse regioni cerebrali per misurare l’attività durante l’esperimento.

Durante lo studio, 32 partecipanti hanno osservato immagini distorte di oggetti e animali familiari, chiamate texforms, e hanno valutato la loro curiosità e fiducia nell’identificazione di tali immagini. Incrociando le valutazioni dei partecipanti con le scansioni fMRI, i ricercatori hanno identificato un’attività significativa in tre aree principali del cervello:

  1. Corteccia Occipitotemporale: Associata alla visione e al riconoscimento.
  2. Corteccia Prefrontale Ventromediale (vmPFC): Coinvolta nella percezione di valore e fiducia.
  3. Corteccia Cingolata Anteriore: Responsabile della raccolta di informazioni.

La vmPFC svolge un ruolo cruciale come “ponte” tra la certezza percepita dalla corteccia occipitotemporale e la sensazione di curiosità, agendo come un grilletto che stimola il desiderio di esplorare. I ricercatori hanno osservato che maggiore era l’incertezza sui soggetti mostrati, maggiore era la curiosità dei partecipanti. Questo suggerisce che l’input percettivo viene elaborato attraverso rappresentazioni neurali fino a evocare curiosità.

La scoperta non solo aiuta a comprendere meglio il funzionamento del cervello umano, ma potrebbe anche facilitare lo sviluppo di terapie per condizioni come la depressione cronica, dove la curiosità e l’esplorazione sono spesso compromesse. I ricercatori sono interessati ad esplorare ulteriormente la curiosità generale, sociale e scientifica, approfondendo le sue origini biologiche e i suoi effetti sul comportamento umano.

Jacqueline Gottlieb, neuroscienziata coinvolta nello studio, sottolinea che la curiosità umana ha “origini biologiche profonde” e che “quello che distingue la curiosità umana è la nostra spinta a esplorare molto più ampiamente rispetto ad altri animali, spesso solo per il piacere di scoprire.”

Questa ricerca offre nuove prospettive sul modo in cui la curiosità emerge e viene stimolata, con potenziali applicazioni nel miglioramento della nostra comprensione della mente umana e nella creazione di interventi terapeutici mirati.

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Curiosità

LO SAI CHE…Beethoven perse l’udito a causa del…vino

L’analisi di due ciocche di capelli del compositore Ludwig van Beethoven ha rivelato livelli estremamente alti di piombo, una sostanza presente nel vino che egli beveva, presumibilmente consumando una bottiglia al giorno. Questo avvelenamento da piombo probabilmente ha contribuito alla perdita dell’udito e ai problemi di salute che Beethoven ha sperimentato durante la sua vita.

Uno studio recente, condotto da ricercatori della Mayo Clinic e di Harvard, ha esaminato attentamente due ciocche di capelli autenticati appartenenti a Beethoven. Utilizzando la spettrometria di massa, gli studiosi hanno confermato la presenza di livelli significativamente elevati di piombo nelle ciocche, oltre ai livelli aumentati di arsenico e mercurio. Questi risultati suggeriscono che il compositore potesse avere nel suo sangue livelli di piombo sufficientemente alti da causare disturbi gastrointestinali, renali e riduzione dell’udito, ma non abbastanza da essere una causa diretta della sua morte.

È noto che Beethoven fosse un grande consumatore di vino, bevendo approssimativamente una bottiglia al giorno. Tuttavia, il vino dell’epoca era spesso conservato in recipienti contenenti piombo, e Beethoven, come molti altri, usava il diacetato di piombo per addolcire il vino. Questa pratica potrebbe aver contribuito all’avvelenamento da piombo che ha afflitto il compositore.

Sebbene sia chiaro che Beethoven abbia sofferto a causa dell’avvelenamento da piombo, la causa esatta della sua morte rimane oggetto di dibattito. Alcune prove suggeriscono che potrebbe essere stata influenzata dalla sua presunta epatite B, una malattia per la quale aveva fattori di rischio genetici, insieme all’abuso di alcolici. Questo potrebbe aver contribuito alla cirrosi epatica diagnosticata al momento della sua morte.

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