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Attualità

Morto Bob Newhart, Celebre per il Ruolo del Professor Proton in “The Big Bang Theory”

È scomparso Bob Newhart, noto in Italia per il suo ruolo iconico del Professor Proton nella serie “The Big Bang Theory” e nel suo spin-off “Young Sheldon”. L’attore comico e maestro di sitcom è deceduto a Los Angeles all’età di 94 anni, dopo una breve malattia. La triste notizia è stata comunicata dal suo addetto stampa, Jerry Digney.

Newhart, che ha iniziato la sua carriera come cabarettista, ha avuto un impatto duraturo nel mondo della comicità grazie al suo distintivo stile di recitazione e alla sua tipica balbuzie. Oltre al ruolo del Professor Proton, ha lasciato il segno in numerosi film e show televisivi. Tra le sue interpretazioni più celebri figura quella di Papa Elf nel film natalizio “Elf” (2003) e del patrigno Morty Flicker in “Desperate Housewives” (2005).

Riconoscimenti e Premi

Nel corso della sua carriera, Newhart ha accumulato numerosi riconoscimenti. Tra i suoi premi figurano tre Grammy Awards, un Emmy Award nel 2013 per il suo ruolo in “The Big Bang Theory”, e un Golden Globe. Il suo ruolo in “Elf” era particolarmente caro a Newhart, che lo considerava il suo preferito, come rivelato in un’intervista del novembre 2023.

La famiglia ha confermato la morte di Newhart tramite un post sui social, esprimendo gratitudine per il supporto ricevuto e condividendo una foto dell’attore con la moglie Ginnie e amici intimi. Tra i messaggi di cordoglio ricevuti, spiccano quelli di celebri amici e colleghi come Mark Hamill, Alec Baldwin e Quinta Brunson. Anche il Presidente Joe Biden ha onorato la memoria di Newhart con un sentito tributo.

La Carriera di Bob Newhart

Nato a Oak Park, Illinois, Newhart si laureò in gestione aziendale alla Loyola University di Chicago nel 1952. Dopo un breve periodo di servizio militare durante la guerra di Corea, intraprese la carriera di contabile e redattore pubblicitario. Fu proprio da queste esperienze che nacquero i suoi famosi monologhi telefonici, che catturarono l’attenzione della Warner Bros. Records nel 1959. Il suo primo album, “The Button-Down Mind of Bob Newhart”, divenne un bestseller e lo lanciò alla ribalta.

Successivamente, Newhart conquistò il pubblico con due sitcom di successo: “The Bob Newhart Show” negli anni ’70 e “Newhart” negli anni ’80. È noto anche per aver doppiato il personaggio di Bernie nei Classici Disney “Le avventure di Bianca e Bernie” (1977) e “Bianca e Bernie nella terra dei canguri” (1990).

Newhart era sposato con Ginnie Quinn, figlia dell’attore Bill Quinn, dal 1963 fino alla morte di Ginnie nell’aprile 2023. Lascia quattro figli — Robert, Timothy, Jennifer e Courtney — e dieci nipoti. La famiglia ha espresso il proprio dolore e gratitudine per il sostegno ricevuto durante questo momento difficile.

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Attualità

Chirurgia, i rischi e le complicanze della colecistectomia laparoscopica

Quali sono i rischi e come prevenirli negli interventi di colecistectomia laparoscopica? L’intervento chirurgico mininvasivo per l’asportazione della cistifellea è sempre più diffuso, ma non esclude possibili complicanze.
Quelle complicanze sono state studiate dal professor Gianfranco Gualdi, luminare della medicina e direttore scientifico del servizio di “Diagnostica per immagini” dell’Istituto di Medicina e Scienze dello Sport CONI, che ha raccolto le sue conclusioni in una approfondita relazione. La relazione del professor Gualdi sarà presentata tra il 13 e il 16 ottobre nel corso del 126° Congresso Nazionale della SIC-Società Italiana di Chirurgia, dedicata alla “colecistectomia laparoscopica: skills, prevenzione e trattamento multidisciplinare”.

Nel suo intervento il professor Gualdi approfondirà le possibili complicanze della colecistectomia laparoscopica con immagini dimostrative delle raccolte fluide, degli ascessi e dei sanguinamenti che possono verificarsi durante o a distanza dell’intervento. Oltre a questo saranno analizzate anche le possibili resezioni delle vie biliari e le lesioni vascolari che possono complicare gli interventi.

– Foto Agenzia Fotogramma –

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Attualità

SAI CHE…Gli animali che uccidono più persone ogni anno sono le zanzare?

È una di quelle statistiche che fanno sempre colpo: gli animali che uccidono più persone ogni anno non sono squali, orsi o lupi, ma le zanzare. Non perché le loro punture siano pericolose di per sé (al massimo un po’ fastidiose), ma a causa delle gravi malattie che possono trasmettere.

Con il riscaldamento globale e i conseguenti cambiamenti climatici, le zanzare trovano sempre più spazio per espandersi. Un nuovo studio pubblicato sul Journal of Climate Change and Health ha cercato di prevedere l’espansione degli habitat di nove diverse specie di zanzare portatrici di malattie. Il risultato? Nei prossimi anni, molti Paesi finora “tranquilli” potrebbero trovarsi invasi da questi insetti e dalle patologie che trasmettono.

Il modello sviluppato dal team del Los Alamos National Laboratory, in New Mexico, prefigura una situazione potenzialmente esplosiva nei prossimi decenni: l’aumento delle temperature porterà le nove specie studiate a espandere il loro areale o, nella migliore delle ipotesi, a spostarlo altrove.

Le zanzare prosperano al caldo e stanno già migrando verso aree che fino a ora erano troppo fredde per loro. Questa espansione le sta portando verso i Poli, mentre le zone equatoriali potrebbero diventare troppo calde per loro (sembra una buona notizia, ma una zona troppo calda per una zanzara lo è anche per gli umani che ci vivono).

Lo studio sulle nove specie, appartenenti ai generi più diffusi e pericolosi per la salute umana, Culex e Aedes, indica che sei di queste specie allargheranno il loro habitat, colonizzando nuove aree senza abbandonare quelle attuali. Due specie dovrebbero invece traslocare, spostandosi verso nord o sud, mentre in un solo caso l’habitat rimarrà sostanzialmente invariato.

Le malattie gravi trasmesse dalle zanzare, come la dengue, la chikungunya, la febbre West Nile e la Zika, rendono cruciale sapere dove vivranno questi insetti nei prossimi decenni per poter attuare efficaci misure di prevenzione.

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Scrollare sui social media provoca dipendenza: Come i Social Media Incidono sul Nostro Cervello

Negli ultimi vent’anni, i social network hanno permeato rapidamente la nostra vita quotidiana, influenzando profondamente il nostro comportamento e le nostre emozioni. Sebbene siano relativamente nuovi, questi strumenti sono diventati così onnipresenti da sembrare esserci sempre stati, eppure portano con sé implicazioni significative sul nostro benessere psicologico e sulla nostra salute mentale.

I social network mantengono le persone connesse, consentendo di mantenere rapporti con amici lontani e conoscenti di lunga data. Tuttavia, cercano anche di trattenere l’attenzione degli utenti il più a lungo possibile, agendo direttamente sul nostro sistema di gratificazione cerebrale noto come circuito dopaminergico. Questo meccanismo è fondamentale nella formazione delle dipendenze: quando riceviamo uno stimolo gratificante, come un like o un commento, l’area tegmentale ventrale del cervello rilascia dopamina nel nucleo accumbens, generando una sensazione di piacere e gratificazione.

Ma perché scorrere interminabilmente sui social media dovrebbe essere gratificante? Ci sono diverse spiegazioni. Innanzitutto, ricevere attenzioni sotto forma di interazioni online può farci sentire più popolari e riconosciuti, aspetti cruciali per la nostra sopravvivenza sociale e successo personale. Questo senso di popolarità può tradursi in una percezione di leadership e in una crescita dei legami sociali, che a loro volta promuovono la nostra sicurezza e stabilità.

I social media utilizzano anche altri trucchi per trattenere gli utenti, come l’elemento di imprevedibilità nelle ricompense. Questo è simile al funzionamento delle slot machine: non sapendo quando arriverà la prossima gratificazione (come un like o un commento), continuiamo a scorrere per cercare la nostra “dose” di dopamina successiva.

Immersi nelle vite delle altre persone, o meglio, nelle rappresentazioni che queste scelgono di mostrare, ci troviamo spesso a confrontarci con gli altri. Questo confronto costante può instillare un senso di ansia e una paura di essere superati, spingendoci ad aprire ripetutamente le app social per restare aggiornati sugli eventi e sulle vite dei nostri contatti.

Studi metanalitici avvertono che un utilizzo passivo e eccessivo dei social network è correlato a un diminuito benessere soggettivo nel lungo termine. Inoltre, studi di neuroimaging indicano che i social media possono alterare la materia grigia del cervello, specialmente nelle aree legate alle emozioni, alla presa di decisioni e all’autocontrollo.

La natura effimera dei contenuti sui social media può anche influenzare negativamente la nostra capacità di concentrazione prolungata, poiché siamo abituati a interazioni brevi e rapide anziché a discussioni più approfondite e impegnative.

Per contrastare un uso non consapevole dei social media, è consigliabile adottare una serie di precauzioni comportamentali. Tra queste, evitare di tenere il telefono vicino mentre si studia, praticare regolari periodi di astinenza dai social, e bilanciare le interazioni online con quelle nella vita reale. È utile anche silenziare le notifiche per rendere intenzionale ogni nostro accesso alle piattaforme, evitando così di essere continuamente “chiamati” da esse.

In definitiva, comprendere come i social media influenzano il nostro cervello e la nostra psicologia è cruciale per mantenere un uso sano e consapevole di questi strumenti digitali sempre più pervasivi nella nostra vita quotidiana.

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