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Economia

Mutui casa, ad agosto tasso medio stabile al 3,44%

Da ottobre 2023 sono diminuiti i tassi di mercato, anticipando le decisioni della BCE. Nelle settimane più recenti tale tendenza alla diminuzione è proseguita, in previsione delle decisioni che la Banca centrale avrebbe assunto il 12 settembre. E’ quanto emerge dal Rapporto Abi.
Nei primi 11 giorni di settembre il tasso Euribor a 3 mesi è stato in media del 3,46% (3,55% la media di agosto) in diminuzione di 54 punti base rispetto al valore massimo registrato a ottobre 2023; il tasso sui BOT a sei mesi è stato in media del 3,23% (3,27% ad agosto) in calo di 82 punti base rispetto al valore massimo registrato a ottobre 2023; il tasso IRS a 10 anni (molto usato nei mutui) è stato in media del 2,45% (2,50% ad agosto) in diminuzione di 107 punti base rispetto al valore massimo registrato a ottobre 2023; il tasso sui BTP è stato in media del 3,57% (3,63% ad agosto) in diminuzione di 141 punti base rispetto al valore massimo registrato a ottobre 2023.
Ad agosto 2024 il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è diminuito al 5,07% rispetto al 5,27% di luglio 2024 e al 5,45% di dicembre 2023; il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni si è collocato al 3,44%, stabile rispetto a luglio 2024 e in calo rispetto al 4,42% di dicembre 2023; il tasso medio sul totale dei prestiti (quindi sottoscritti negli anni) è sceso al 4,71% dal 4,74% del mese precedente.
Il tasso praticato sui nuovi depositi a durata prestabilita (cioè certificati di deposito e depositi vincolati) ad agosto 2024 è stato il 3,47%. A luglio 2024 tale tasso era in Italia superiore a quello medio dell’area dell’euro (Italia 3,47%; area dell’euro 3,31%). Rispetto a giugno 2022, (ultimo mese prima dei rialzi dei tassi BCE) quando il tasso era dello 0,29%, l’incremento è stato di 318 punti base.
Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni bancarie a tasso fisso ad agosto 2024 è stato il 3,20%, con un incremento di 189 punti base rispetto a giugno 2022 quando era l’1,31%.
Ad agosto 2024 il tasso medio sul totale dei depositi (certificati di deposito, depositi a risparmio e conti correnti), è stato l’1,00% (1,01% nel mese precedente; 0,32% a giugno 2022).
Il tasso sui soli depositi in conto corrente è lo 0,53% (0,53% nel mese precedente; 0,02% a giugno 2022), tenendo presente che il conto corrente non ha la funzione di investimento e permette di utilizzare una moltitudine di servizi.

– Foto Agenzia Fotogramma –

Economia

Imprese italiane, quali sono le difficoltà nel ridurre i costi aziendali

Sempre più frequentemente, le aziende vanno incontro alla necessità di riduzione dei costi, sia fissi che variabili. Si tratta di una criticità che può riguardare indistintamente tutti i tipi di impresa, dalle piccole alle grandi. Le più colpite, tuttavia, sono le PMI. L’argomento è delicato e molto diffuso: basti pensare che parliamo di circa 211mila aziende che contribuiscono al 41% dell’intero fatturato dell’Italia, oltre che del 33% dell’insieme degli occupati nel privato.

In ogni impresa, sia grande, media o piccola, i costi incidono in maniera diretta sul profitto: quest’ultimo deriva dalla sottrazione tra fatturato (guadagno) e costi sostenuti dalle aziende. In questo senso, dunque, la necessità di ridurre le spese può emergere per diversi motivi: può essere una risposta immediata a un momento di forte crisi aziendale, ma anche una strategia per aumentare i profitti.

Bisogna tenere presente, però, che ridurre i costi non è necessariamente sinonimo di “taglio”. Ogni costo è destinato a una potenziale risorsa, quindi “tagliare” una spesa equivale a una rinuncia ad alcune risorse, che possono essere di diverso tipo. Per questo motivo, in casi del genere è opportuno agire con la massima cautela e accortezza, in modo da tutelare la propria impresa, i propri dipendenti e la propria reputazione aziendale.

Non è affatto raro, come vedremo, andare incontro a pesanti difficoltà nel decidere quali sono i costi da ridurre. Innanzitutto, occorre sottolineare che esistono diverse aree che possono essere soggette alla riduzione dei costi e – di conseguenza – svariate risorse e processi aziendali possono andare incontro a un decremento di azione, a un depotenziamento o addirittura a un azzeramento.

Tipiche modalità per ridurre i costi: dai dipendenti al marketing

Una delle modalità tipicamente attuate è quella di agire direttamente sui dipendenti, visto che le spese per il costo del personale in Italia sono ingenti. Le azioni intraprese possono corrispondere a un licenziamento oppure alla cassa integrazione. Il ritorno immediato in termini puramente finanziari a breve termine è possibile (anche se c’è da sostenere la spesa del Tfr, che può essere anche molto elevata), ma bisogna sottolineare gli svantaggi che possono determinarsi a medio e lungo termine.

Sacrificare un dipendente che normalmente apporta un contributo ma deve rispondere direttamente della crisi aziendale non è esattamente un comportamento lodevole dal punto di vista etico e professionale, ma soprattutto non corrisponde a un’adeguata strategia manageriale, in quanto l’azienda può perdere in termini di efficacia e reputazione, aumentando malcontento e timore fra gli altri dipendenti, creando dunque ambiente e condizioni di lavoro per niente ottimali.

Altre aree nelle quali si può agire dipendono direttamente dal tipo di impresa in questione. Se l’azienda produce beni tangibili e materiali, si può pensare di utilizzare materie prime più economiche, ma questo comporta un downgrade dal punto di vista della qualità del prodotto.

Un’ulteriore soluzione spesso individuata è quella di tagliare il budget per attività come marketing e comunicazione. Questo tipo di comportamento trova spiegazione nel fatto che gli imprenditori sono consapevoli dell’importanza di queste strategie in termini di visibilità (e si tratta di investimenti inizialmente avallati, d’altronde), ma non è sotto i loro occhi il ritorno immediato in fatto economico di tali attività. Tuttavia, bisogna specificare che un’impresa ben organizzata è in grado di calcolare o stimare i profitti generati grazie alle attività di comunicazione, che – se organizzate e attuate in maniera efficace – ricoprono un ruolo chiave per il profitto aziendale.

Dopo aver elencato alcune soluzioni tipicamente adottate dagli imprenditori per ridurre i costi aziendali, presentandone anche gli svantaggi, si può adesso passare al modo in cui questi problemi possono essere superati e tramite quali modalità, presentando un altro approccio e fornendo alcuni esempi in merito.

Il piano di gestione dei costi

Il primo passo da compiere consiste in un cambio di prospettiva ad ampio raggio: l’opzione ideale, infatti, non corrisponde al taglio indiscriminato e “cieco” dei costi (cost cutting), ma ad attente riflessioni sugli ambiti nei quali le spese vengono dirottate, con l’individuazione di punti di forza e punti deboli (cost management). In questo senso, è indispensabile non agire in maniera impulsiva, bensì adottare un piano di gestione e riduzione dei costi aziendali, sviscerando e analizzando con attenzione tutte le branche e le specificità della propria impresa, insieme alle spese che vengono abitualmente sostenute.

Il lavoro di pianificazione è complesso, ma – rispetto all’approccio precedente – le prospettive saranno più vantaggiose a lungo termine. Innanzitutto, serve un preciso calcolo di tutte le spese sostenute con le varie tipologie: fissi, variabili, di gestione. Già dopo questo passo, sarà possibile individuare le aree in cui si spende più del necessario, oppure inutilmente. Ovviamente, però, non si tratta di un’azione semplice e a questo proposito esistono dei professionisti che affiancano le aziende e i datori di lavoro proprio in questo tipo di operazioni, con studi finalizzati a verificare i margini di miglioramento e a far sì che tutti i processi aziendali mantengano la loro efficienza. Fra queste, Profitalia è esperta nelle strategie che consentono di gestire al meglio i costi, tramite un servizio di affiancamento costante alle aziende volto a garantirne tanto il successo quanto la crescita sostenibile.

Il potenziale delle PMI italiane, d’altronde, esiste ma è per larga parte inespresso. Secondo il report “A microscope on small business” (maggio 2024) realizzato da un pool di esperti del McKinsey Global Institute, è emerso che se si portasse la produttività delle Pmi italiane allo stesso livello di quelle dei “campioni” di produttività degli altri Paesi, si otterrebbe un incremento del Pil del +6,4%. Si tratta, dunque, di trovare la strategia giusta per ottimizzare le proprie risorse.

Conclusioni

Spesso si identifica in maniera affrettata la necessità di riduzione dei costi aziendali con i tagli drastici al personale o ad alcuni processi chiave, perdendo così in termini di risorse e di efficacia. Questo può avere un ritorno economico nell’immediato, ma a medio e lungo termine – se non c’è uno studio approfondito alla base – le conseguenze negative possono essere devastanti in termini di efficienza aziendale e condizioni di lavoro.

La strada migliore è quella di ottimizzare i costi, con un piano di gestione efficace degli stessi, in modo da avere prospettive più vantaggiose a lungo termine. Così facendo, sarà possibile individuare alcune aree in cui si verificano palesi sprechi in termini economici, riducendo i costi in quel settore oppure decidendo di reindirizzare il budget verso aspetti aziendali ritenuti più strategici, implementando un piano per attuare processi migliorativi tanto per l’azienda, quanto per i dipendenti.

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Economia

Fava “INPS cambierà con welfare generativo, IA e silver economy”

Ogni giorno più di 5 milioni di cittadini entrano in contatto con l’INPS, che serve oltre 52 milioni di utenti e gestisce la quasi totalità della previdenza italiana, assicurando la maggior parte dei lavoratori autonomi e dei dipendenti del settore pubblico e privato. In futuro “i servizi dell’Inps cambieranno in positivo: andremo sempre più verso la personalizzazione e un welfare ‘generativò durante tutto il ciclo di vita dei cittadini. L’idea che stiamo portando avanti, anche grazie alla tecnologia, è fornire servizi sempre più efficienti, facili, intuitivi e soprattutto contestualizzati. L’INPS deve essere aperto, facile e accogliente, il core business è settare servizi a regola d’arte” e “questo sarà il focus del mio mandato: cercheremo di rispondere alle esigenze di tutti”. Lo ha detto il presidente dell’Inps, Gabriele Fava al Tg1 Mattina.

Solo nel 2023 sono stati effettuati 625 milioni di servizi in digitale e “l’INPS è uno degli istituti più avanzati: stiamo implementando e migliorando sempre di più l’introduzione dell’intelligenza artificiale nella nostra struttura a favore dei cittadini. E’ uno strumento evoluto, migliorabile, che renderà i dati certi” e “sarà un acceleratore e un facilitatore dei servizi e delle competenze, perchè sarà utilizzata su attività ripetitive. Più si occuperà di attività ripetitive, più le risorse che abbiamo saranno valorizzate, perchè si occuperanno di attività complesse, in tempi ragionevoli e accettabili”. Nel 2050, gli over 65 saranno oltre il 35% della popolazione. “Ci stiamo attivando proprio per scongiurare proiezioni” negative: “sarà importante la ‘Silver Economy’, l’economia degli over 60-65, che genererà servizi per questa categoria dei ‘diversamente giovanì che vogliono restare ancora attivi, ma contemporaneamente creerà occupazione e nuovi mestieri”, ha aggiunto Fava.

L’Inps ha “totale consapevolezza” del tema della denatalità e “stiamo puntando tantissimo sui giovani: se vogliamo arrivare ad un sistema pensionistico sostenibile, dobbiamo aumentare la base occupazionale quindi andare sulle politiche attive. Partirà a breve una campagna di educazione previdenziale, perchè i giovani saranno i nostri futuri contribuenti. Più contribuenti, più contributi”. L’Istituto “funziona e servirà sempre meglio i nostri 52 milioni di utenti”. Al momento, i conti “sono assolutamente in equilibrio, abbiamo chiuso con un saldo positivo. Questa cosa ci dà parecchia fiducia e ci sprona a migliorare sempre di più l’Istituto, anche sotto il profilo finanziario”, ha concluso.

foto: Agenzia Fotogramma

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Attualità

Economia | Mercato italiano del Pecorino Romano: registrano ottimi risultati i dati della campagna di produzione 2023-2024

La campagna di produzione 2023-2024 del Pecorino Romano DOP ha registrato risultati notevoli, confermando la stabilità del prodotto sui mercati e prospettando sviluppi positivi sia a livello nazionale che internazionale. Durante l’ultima campagna, sono stati raccolti circa 297 milioni di litri di latte ovino, con un incremento dell’11,56% rispetto all’anno precedente.

Di questo latte, ben 229 milioni di litri sono stati trasformati in Pecorino Romano DOP, per un totale di circa 392mila quintali, segnando una crescita del 7,1% rispetto all’anno scorso. Il valore complessivo di questo prodotto sul mercato supera i 600 milioni di euro.

Nel mercato interno, il Pecorino Romano rappresenta il 40% della produzione totale, mentre a livello internazionale, la distribuzione è così suddivisa: 35% negli Stati Uniti, 16% in Europa e 9% nel resto del mondo. Negli Stati Uniti, da gennaio a luglio 2024, le vendite sono aumentate del 25,6%, con una quantità di quasi ottantamila quintali, rispetto ai 63mila della campagna precedente, con un incremento di circa 17mila quintali.

Gianni Maoddi, presidente del Consorzio di tutela del Pecorino Romano, ha attribuito questi risultati alla stabilizzazione dei prezzi e alla maggiore disponibilità del prodotto. Dopo i picchi di prezzo dello scorso anno, che avevano raggiunto i 14-15 euro al chilo, il prezzo di mercato si è stabilizzato intorno ai 12,5 euro. Questa stabilità ha facilitato un aumento della domanda, dimostrando che prezzi eccessivamente alti possono ridurre la competitività del prodotto, mentre una tariffa più accessibile incoraggia i consumatori e migliora le vendite.

Maoddi ha sottolineato che, nonostante il prezzo più basso, il valore totale della filiera è aumentato nei primi sei mesi del 2024, grazie all’incremento delle vendite. Questo scenario rassicurante per il comparto sottolinea la rilevanza della stabilità dei prezzi per la crescita e la competitività del Pecorino Romano DOP sui mercati globali.

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