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Scienza e Salute

Rimozione dei fibromi uterini senza bisturi nell’ospedale di Lentini

foto ufficio stampa Asp Siracusa, al centro il direttore del reparto Francesco Cannone e la sua equipe

In Sicilia, nel reparto di Ginecologia ed Ostetricia dell’ospedale di Lentini (Sr), diretto da Francesco Cannone, nella rimozione dei fibromi uterini si interviene senza bisturi con l’ablazione ipertermica mediante la tecnica di radiofrequenza. Lo rende noto l’Asp di Siracusa, sottolineando in una nota che si tratta di un nuovissimo trattamento mininvasivo eco guidato senza dolore che non lascia cicatrici. Dopo qualche ora dall’intervento le pazienti vengono dimesse in assenza di alcuna sintomatologia.
“Pochi centri in Italia sono specializzati in questa tecnica – spiega il direttore del reparto Francesco Cannone – ed in Sicilia il reparto di Ginecologia dell’ospedale di Lentini nel mese di giugno è stato il primo ad eseguire questa metodica mininvasiva, che permette di non lasciare alcuna cicatrice nell’utero, prevenendo i rischi collegati ad approcci chirurgici più invasivi. Fino ad oggi la terapia per curare i fibromi uterini sintomatici è stata essenzialmente chirurgica con l’asportazione del fibroma o, nei casi più gravi, dell’utero – prosegue Cannone -. La radiofrequenza rappresenta un nuovissimo approccio che permette un trattamento conservativo e personalizzato, soprattutto nelle donne in età fertile. L’equipe da me diretta si è specializzata in questa tecnica chirurgica mininvasiva che consente di arrivare direttamente al fibroma attraverso un ago-elettrodo inserito per via trans-vaginale eco guidata, senza causare dolore o lasciare cicatrici. La coagulazione del fibroma determina una significativa riduzione e scomparsa dei sintomi riducendo il volume della lesione sia direttamente che attraverso la chiusura dei vasi sanguigni che lo nutrono. Il trattamento viene eseguito in sedazione profonda e in regime di ‘day surgery’. La degenza breve insieme all’assenza di cicatrici ed alle ridotte complicanze della metodica – conclude Cannone – si traduce in un rapidissimo ritorno alla vita di tutti i giorni con una convalescenza estremamente breve”.

Curiosità

Cosa succede al corpo dopo che ci Ubriachiamo? Un viaggio nella fisiologia dell’alcol

Bere alcol è una pratica comune in molte culture e spesso associata a momenti di festa e socializzazione. Tuttavia, quando si esagera con le quantità, l’alcol può avere effetti significativi sul nostro corpo. Ma cosa accade esattamente nel nostro organismo dopo aver bevuto troppo? Esploriamo insieme il viaggio che l’alcol compie attraverso il nostro corpo e gli effetti che provoca.

1. Assorbimento e Ingresso nel Sangue

Il viaggio dell’alcol inizia nel momento in cui lo ingeriamo. Dopo averlo bevuto, l’alcol passa rapidamente dallo stomaco all’intestino tenue, dove viene assorbito nel flusso sanguigno. Questo processo avviene quasi immediatamente, motivo per cui gli effetti dell’alcol possono essere percepiti entro pochi minuti.

2. Effetti sul Cervello

Una volta che l’alcol entra nel sangue, raggiunge rapidamente il cervello, dove inizia a influenzare il sistema nervoso centrale. L’alcol agisce come un depressivo, rallentando l’attività cerebrale. Questo provoca una riduzione delle inibizioni, sensazioni di euforia e, in seguito, coordinazione compromessa, alterazione dei riflessi e della capacità di giudizio.

Con l’aumento del tasso alcolemico, il cervello può iniziare a manifestare effetti più gravi, come la perdita di memoria a breve termine (i famosi “vuoti di memoria”), difficoltà nel parlare e, nei casi più estremi, blackout.

3. Effetti sul Fegato

Il fegato è l’organo principale responsabile della metabolizzazione dell’alcol. Tuttavia, può processare solo una quantità limitata di alcol alla volta (circa una unità alcolica per ora). Quando si beve oltre questa capacità, l’alcol non metabolizzato rimane nel sangue, continuando a influenzare il cervello e altri organi.

Un consumo eccessivo e ripetuto di alcol può sovraccaricare il fegato, portando a condizioni come l’epatite alcolica, la steatosi epatica (fegato grasso) e, a lungo termine, la cirrosi epatica.

4. Disidratazione e Squilibri Elettrolitici

L’alcol è un diuretico, il che significa che aumenta la produzione di urina. Questo può portare a disidratazione, uno dei principali responsabili dei sintomi della “sbronza” o “hangover”. La disidratazione è spesso accompagnata da squilibri elettrolitici, causando mal di testa, secchezza delle fauci e affaticamento.

5. Effetti sullo Stomaco e sul Sistema Gastrointestinale

L’alcol irrita la mucosa dello stomaco, aumentando la produzione di acido gastrico. Questo può causare nausea, vomito e, in casi più gravi, gastrite acuta. Inoltre, l’eccesso di alcol può accelerare il transito intestinale, portando a diarrea.

6. Effetti sul Sistema Cardiovascolare

A basse dosi, l’alcol può causare un aumento temporaneo della frequenza cardiaca e una dilatazione dei vasi sanguigni, che può provocare una sensazione di calore. Tuttavia, il consumo eccessivo può portare a una serie di problemi cardiovascolari, come ipertensione, aritmie e, a lungo termine, un aumento del rischio di malattie cardiache.

7. Il Processo di Sober Up: Smaltimento dell’Alcol

Il corpo inizia a smaltire l’alcol non appena viene ingerito, ma il processo è lento. Il fegato metabolizza l’alcol in acetaldeide, una sostanza tossica che viene poi convertita in acido acetico e, infine, in acqua e anidride carbonica, che vengono eliminate dal corpo.

Il tempo necessario per smaltire l’alcol dipende da vari fattori, tra cui il peso corporeo, il sesso, l’età e la quantità di cibo consumata. Non esistono modi efficaci per accelerare questo processo, quindi la sobrietà richiede solo tempo.

8. Effetti a Lungo Termine

Un consumo eccessivo di alcol può portare a una serie di problemi di salute a lungo termine, tra cui malattie epatiche, danni al sistema nervoso, problemi cardiovascolari e un aumento del rischio di alcuni tipi di cancro. Inoltre, l’alcol può creare dipendenza, portando a problemi psicologici e sociali significativi.

Ubriachi o sobri, è importante essere consapevoli degli effetti dell’alcol sul nostro corpo. Sebbene il consumo moderato possa essere parte di una vita sociale sana, esagerare può avere conseguenze gravi e durature. Conoscere il proprio limite e bere responsabilmente sono le chiavi per evitare i pericoli associati all’alcol.

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Curiosità

SAI CHE…si può avere paura dei buchi? La Tropofobia: tutto quello che c’è da sapere

La tropofobia, conosciuta anche come “tripofobia”, è una condizione psicologica caratterizzata da una forte avversione o paura nei confronti di modelli irregolari di piccoli buchi o forme circolari ravvicinate. Nonostante non sia ufficialmente riconosciuta come una fobia dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5), la tropofobia è un fenomeno diffuso e affascinante, che affligge milioni di persone in tutto il mondo.

Cos’è la Tropofobia?

Il termine “tropofobia” deriva dalle parole greche “trýpa” (τρύπα), che significa “buco”, e “phobos” (φόβος), che significa “paura”. Le persone che soffrono di tropofobia sperimentano reazioni emotive intense e negative quando vedono immagini o oggetti che presentano fori ravvicinati o motivi irregolari di piccole cavità. Gli esempi comuni includono favi d’api, spugne, semi di loto, coralli, e persino certi pattern di pelle o piante.

Le reazioni alla vista di questi modelli possono variare dall’inquietudine e disagio fino a sintomi fisici come nausea, sudorazione, prurito, palpitazioni e, in casi estremi, attacchi di panico.

Le Cause della Tropofobia

Le cause precise della tropofobia non sono ancora completamente comprese, ma ci sono diverse teorie che cercano di spiegare questo fenomeno. Una delle ipotesi più accreditate è che la tropofobia possa avere radici evolutive. Secondo questa teoria, la reazione avversa ai modelli di piccoli fori potrebbe derivare da un istinto di sopravvivenza: molti organismi velenosi o pericolosi in natura, come alcuni serpenti o insetti, presentano pattern simili sulla loro pelle. Pertanto, la tropofobia potrebbe essere una risposta automatica del cervello per evitare potenziali pericoli.

Un’altra teoria suggerisce che la tropofobia potrebbe essere collegata a esperienze traumatiche o a una forma di condizionamento, dove l’esposizione a certi pattern potrebbe essere associata a sensazioni negative o dolorose. Tuttavia, molte persone che soffrono di tropofobia non hanno ricordi di esperienze traumatiche legate ai fori, il che rende questa spiegazione meno probabile per tutti i casi.

Manifestazioni della Tropofobia

Le manifestazioni della tropofobia possono variare notevolmente da persona a persona. Alcuni individui possono sperimentare solo un leggero disagio o fastidio alla vista di certi pattern, mentre altri possono avere reazioni molto più gravi, che possono interferire con la loro vita quotidiana. Ad esempio, una persona con tropofobia potrebbe evitare determinati cibi, immagini o oggetti che presentano pattern simili, o potrebbe sentirsi incapace di guardare alcune opere d’arte o immagini sui social media.

Le persone con tropofobia possono anche avere difficoltà a spiegare la loro condizione agli altri, poiché questa fobia è ancora relativamente poco conosciuta e può sembrare strana o irrazionale a chi non la sperimenta.

Trattamento e Gestione della Tropofobia

Poiché la tropofobia non è ufficialmente riconosciuta come una fobia clinica, non esistono trattamenti standardizzati. Tuttavia, esistono approcci che possono aiutare a gestire e ridurre i sintomi.

  1. Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT): Questo tipo di terapia può aiutare le persone a identificare e modificare i pensieri negativi associati ai pattern che scatenano la paura, e ad affrontare gradualmente le loro paure in un ambiente controllato.
  2. Esposizione Graduale: Alcuni terapisti utilizzano tecniche di esposizione, in cui il paziente viene esposto gradualmente ai pattern che provocano disagio, fino a che la reazione emotiva si attenua.
  3. Rilassamento e Mindfulness: Tecniche di rilassamento e meditazione mindfulness possono aiutare a ridurre l’ansia e il disagio associati alla tropofobia.
  4. Desensibilizzazione Sistemica: Un’altra tecnica consiste nell’esporre il paziente a immagini di pattern di buchi in modo controllato e progressivo, desensibilizzandolo alla fonte di paura.

La tropofobia è un esempio affascinante di come la mente umana può reagire in modi inaspettati a stimoli visivi specifici. Anche se non è ancora completamente compresa dalla scienza, questa condizione dimostra quanto possano essere profonde e complesse le nostre reazioni emotive. Per chi ne soffre, è importante sapere che non è solo, e che esistono strategie e trattamenti per affrontare e gestire questa particolare forma di paura.

Mentre la ricerca continua a esplorare le radici della tropofobia, il riconoscimento e la comprensione di questa condizione possono contribuire a migliorare la qualità della vita di coloro che ne sono affetti.

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Curiosità

Raffreddore: 10 cose che non sai sul virus che colpisce tutti

raffreddore arriva implacabile e colpisce tutti.

Ecco 10 curiosità sul virus del raffreddore che possono essere utili:

1) In realtà il virus del raffreddore non è uno solo, a causare il malanno sono cinque famiglie di virus. I più comuni sono i Rhinovirus, di cui esistono circa duecento varietà geneticamente distinte.

2) In media gli adulti prendono tra due e quattro raffreddori l’anno, i bambini tra sei e otto.

3) Considerando solo i Rhinovirus, e calcolando per ogni raffreddore una durata di una settimana, sono in totale almeno cinque anni di raffreddore in una vita. 

4) I virus del raffreddore vivono solo nel naso degli esseri umani, non negli animali, a parte gli scimpanzè e altri primati.

5) I virus del raffreddore sono stagionali. In estate il raffreddore quasi scompare.

6) La scienza non ha prove sulla credenza assai diffusa che prendere freddo fa venire il raffreddore. Anzi, prendere freddo non sembra aumentare il rischio di beccarlo, e neppure avere influenza sulla gravità della malattia.

7) Nella catena della trasmissione del raffreddore, il ruolo fondamentale pare giocato dalle mani

8) Il virus del raffreddore sembra sopravvivere bene sulla maggior parte delle superfici non porose, ma stranamente non sui fazzoletti in cotone o di carta.

9) Il massimo della contagiosità del raffreddore si ha nei primi tre giorni, quando la concentrazione del virus nelle secrezioni nasali è la più alta.

10) Il consiglio degli esperti per evitare di prendere il raffreddore è di lavarsi spesso le mani, e non toccarsi la faccia, il naso o gli occhi.

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