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Cronaca

Sentenza per la morte di Desirèe Mariottini: giudici condannano per indifferenza e mancato soccorso

La Corte d’Assise di appello di Roma ha emesso le motivazioni della sentenza riguardante il caso della morte di Desirèe Mariottini, avvenuta il 19 ottobre 2018 in uno stabile abbandonato a Roma. Gli imputati Mamadou Gara, Alinno Chima, e Brian Minteh sono stati giudicati responsabili della morte della sedicenne di Cisterna di Latina.

Secondo i giudici, durante l’evento tragico, Desirèe versava già in uno stato di grave compromissione psicofisica, tanto da essere in stato di incoscienza. Gli imputati, anziché prestare il dovuto soccorso, hanno mostrato completa indifferenza verso la sua vita, opponendosi fermamente all’arrivo di un’ambulanza che avrebbe potuto salvarla.

Le condanne, ricalcolate nel processo di secondo grado, hanno visto Mamadou Gara condannato a 22 anni di reclusione, Alinno Chima a 26 anni (ridotti rispetto alla condanna originaria di 27 anni), e Brian Minteh a 18 anni (precedentemente condannato a 24 anni). Per Salia, la condanna all’ergastolo era già stata confermata in via definitiva.

Gli imputati, tutti di origine africana, sono stati accusati di omicidio, violenza sessuale e spaccio di droga. Secondo la Corte, Mamadou Gara ha ignorato colposamente il rischio di overdose per Desirèe, pur di abusare sessualmente di lei in un momento in cui la ragazza era in evidente stato di minorata difesa.

Le motivazioni della sentenza sottolineano anche il ruolo della droga nell’evento, con Desirèe che si trovava nello stabile in cerca di sostanze stupefacenti in un evidente stato di astinenza. La Corte ha criticato severamente l’atteggiamento degli imputati, definendo la loro condotta come un grave abuso di potere e totale mancanza di umanità.

Questa sentenza rappresenta un passo ulteriore nella giustizia per Desirèe Mariottini, evidenziando la gravità degli atti commessi dagli imputati e l’importanza della responsabilità individuale nella protezione della vita umana.

Abruzzo

Pescara | Giro d’affari milionario negli e-commerce: oltre 850 operatori stranieri sotto indagine

La Guardia di Finanza di Pescara ha scoperto una vasta rete di operatori economici, prevalentemente stranieri, coinvolti in vendite irregolari di beni ai consumatori italiani attraverso i principali marketplace online. Questa operazione ha portato alla luce un giro d’affari che supera 1,3 miliardi di euro, con oltre il 47% di queste transazioni non dichiarate al Fisco, traducendosi in quasi 300 milioni di euro di IVA evasa.

L’inchiesta, condotta dalle Fiamme Gialle di Pescara, ha analizzato i dati di oltre 2.500 venditori, confrontandoli con le informazioni fornite dai gestori delle piattaforme di e-commerce. Questa meticolosa indagine ha rivelato che le vendite riguardavano principalmente merci tessili ed elettroniche e coinvolgevano una rete globale di imprenditori. Molti di questi operatori evitavano di registrarsi ai fini IVA o dichiaravano un volume di vendite inferiore a quello reale, ottenendo così un vantaggio competitivo sleale.

Una volta scoperti, la maggior parte di questi operatori si è rapidamente attivata per regolarizzare la propria posizione fiscale, effettuando versamenti a favore dell’Erario italiano. Tuttavia, le indagini non si fermano qui: gli accertamenti fiscali continueranno per recuperare le somme evase e non dichiarate.

Questa operazione rappresenta un’importante stretta sull’evasione fiscale nell’e-commerce, dimostrando l’efficacia della collaborazione tra le autorità fiscali e le piattaforme di vendita online nel combattere le pratiche commerciali sleali e garantire un mercato equo per tutti gli operatori.

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Cronaca

Frosinone | Lite degenera e finisce tragicamente: 24enne ucciso a coltellate

repertorio

La tranquillità di Pontecorvo, una cittadina nella provincia di Frosinone, è stata bruscamente interrotta nella notte da un violento omicidio. Una lite tra due giovani è culminata in tragedia quando uno dei contendenti ha accoltellato mortalmente l’altro. L’allarme è stato lanciato dai residenti della zona, svegliati dalle urla dei due giovani che litigavano in strada.

All’arrivo delle forze dell’ordine, sul luogo dell’aggressione è stato trovato solo il giovane ferito, un 24enne di origine marocchina, in condizioni critiche. Nonostante i tempestivi soccorsi, il ragazzo è deceduto poco dopo a causa delle gravi ferite riportate all’addome.

Immediatamente, i carabinieri hanno avviato le indagini per risalire all’identità dell’assassino. Un ruolo cruciale nelle ricerche potrebbe essere svolto dalle immagini delle telecamere di sorveglianza presenti nell’area, che sono state acquisite dagli investigatori per ricostruire l’esatta dinamica dell’omicidio.

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Cronaca

Finale Ligure | Arrestato sacerdote accusato di abusi sessuali su minori: regalava abiti e sigarette

Un caso sconvolgente scuote la comunità di Finale Ligure e l’Arcidiocesi di Genova. Padre Andrea Melis, sacerdote 60enne originario di Cagliari ma attivo in Liguria, è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale su minori. L’indagine ha rivelato che Melis, mentre era direttore della Scuola elementare e della Fondazione Assarotti, nonché parroco della chiesa di Sant’Antonio da Padova, avrebbe abusato di un giovane chierichetto per un periodo di tre anni.

Secondo l’accusa, Melis ha utilizzato una serie di regali e vantaggi per conquistare la fiducia del ragazzo. Tra i beni offerti vi erano abiti di marca, sigarette elettroniche, soldi, videogiochi e birra. Il sacerdote, che aveva accesso a diversi appartamenti messi a disposizione dalla Curia, avrebbe abusato del ragazzo nei suoi alloggi. Quando il giovane si è trasferito a Genova per studiare, gli abusi sarebbero proseguiti anche in questa città.

L’inchiesta ha messo in luce anche altre accuse gravi nei confronti di Melis, tra cui prostituzione minorile e tentata violenza sessuale su altri due ragazzi. L’arresto è stato seguito da una sospensione immediata da parte della Curia. Monsignor Silvio Grilli ha espresso il dolore dell’Arcidiocesi e la sua vicinanza alle vittime e alle loro famiglie, sottolineando l’impegno dell’istituzione a collaborare con le autorità per garantire giustizia.

Melis, che appartiene all’Ordine dei Padri Scolopi e ricopriva ruoli significativi nel settore dell’istruzione cattolica, è stato posto agli arresti domiciliari. La giudice che ha emesso la misura ha descritto l’operato del sacerdote come dettato da “impulsi perversi” e ha evidenziato la sua capacità di manipolare e avvicinarsi ai minori approfittando della sua posizione di autorità e fiducia.

Il caso ha sollevato interrogativi sul controllo e la vigilanza all’interno delle istituzioni educative e religiose, mettendo in luce la necessità di misure più stringenti per prevenire abusi simili in futuro.

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