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Calabria

Catanzaro | Carcere come un “Grand Hotel” per i boss, libertà e pacchi non controllati

Secondo le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, i capi dei casati più potenti della ‘ndrangheta calabrese avrebbero esercitato il loro comando anche tra i corridoi del carcere di Catanzaro, godendo di un trattamento privilegiato che sembrava trasformare la prigione in un vero e proprio hotel. Le testimonianze raccolte nell’inchiesta che ha portato all’arresto dell’ex direttrice Angela Paravati forniscono un quadro inquietante di come gli affiliati alla criminalità organizzata abbiano operato all’interno del carcere.

Giuseppe Comito, un ex affiliato ai Mancuso di Nicotera, ha raccontato di episodi in cui i boss detenuti godevano di una libertà sorprendente. Ha descritto come, durante il periodo in cui Emanuele Mancuso si era pentito ed era stato messo in isolamento, il fratello Giuseppe sarebbe entrato nel padiglione di Comito senza che nessuno della polizia penitenziaria intervenisse per fermarlo. Anche durante le passeggiate all’interno del carcere, i collaboratori affermano che non ci fossero restrizioni nel conversare con i boss detenuti al regime di massima sicurezza, come se il penitenziario fosse un’estensione del loro territorio.

Massimo Colosimo, un altro collaboratore, ha confermato questa atmosfera di impunità, riferendo di come durante i momenti di socialità fosse possibile interagire liberamente con i capi della ‘ndrangheta, senza alcun intervento da parte delle autorità carcerarie. Colosimo ha anche menzionato di aver ricevuto la “dote” della ‘ndrangheta all’interno del carcere, dimostrando come le pratiche criminali si estendessero anche dietro le sbarre.

Queste testimonianze mettono in luce una realtà in cui i detenuti affiliati alla ‘ndrangheta sembravano operare con un grado di autonomia e privilegio all’interno del carcere, sfidando l’autorità delle forze dell’ordine e continuando a gestire le proprie attività criminali anche dietro le sbarre.

Calabria

Tentata Violenza a Montalto Uffugo (CS): Arrestato Pensionato di 74 Anni

Un pensionato di 74 anni è stato arrestato a Montalto Uffugo con l’accusa di aggressione e tentata violenza sessuale ai danni di una donna ucraina, rifugiata di guerra. L’arresto è avvenuto nella tarda serata di ieri grazie all’intervento dei carabinieri della stazione cittadina, guidati dal maresciallo Giuseppe Motta.

Le indagini sono state avviate in seguito alla denuncia della vittima, che ha fornito un racconto dettagliato degli eventi. Secondo quanto emerso dagli accertamenti investigativi, il 17 giugno scorso la donna sarebbe stata prima aggredita fisicamente e poi bloccata nel tentativo di abusare sessualmente di lei. Durante l’aggressione, l’uomo avrebbe provocato alla vittima ferite al collo e alla spalla, costringendola a subire atti sessuali.

L’uomo, identificato con le iniziali E. P., è stato posto agli arresti domiciliari con l’ausilio di un braccialetto elettronico. Le autorità continuano a indagare sul caso per confermare tutte le circostanze e assicurare che giustizia venga fatta.

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Attualità

Calabria | Piena e violenta attività dello Stromboli, allertati anche gli ospedali di Vibo Valentia e Reggio Calabria

Il sindaco di Lipari, Riccardo Gullo, ha emesso un’ordinanza che impone diversi divieti a causa dell’attività intensa e violenta dello Stromboli. È stato vietato scalare il vulcano e avvicinarsi alle spiagge durante le ore notturne. È stato anche proibito l’approdo delle imbarcazioni turistiche non di linea che effettuano escursioni giornaliere, così come la sosta e l’ancoraggio vicino alla costa.

Per precauzione, sono stati allertati i servizi sanitari e ospedalieri nella città metropolitana di Messina, così come i sindaci dei Comuni costieri e le prefetture di Palermo, Reggio Calabria, Vibo Valentia e Salerno. Attualmente, il Comitato operativo nazionale è riunito per monitorare gli sviluppi dell’emergenza. Sull’isola, la Guardia Costiera ha dispiegato motovedette, navi e mezzi aerei, mentre il numero dei vigili del fuoco è stato raddoppiato.

La Protezione Civile ha annunciato che sta verificando tutti i materiali, mezzi, risorse sanitarie, personale e basi logistiche, oltre a pianificare l’assistenza ai soggetti vulnerabili per garantire la piena prontezza operativa in caso di ulteriori sviluppi critici.

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Calabria

Lamezia Terme (CZ) | Omicidio avvocato Pagliuso, confermato ergastolo per Luciano Scalise

La Corte di Cassazione ha respinto i ricorsi presentati dai legali di Luciano Scalise, Pino Scalise, Vincenzo Maria Domanico e Andrea Scalzo riguardo alla sentenza di secondo grado relativa all’omicidio dell’avvocato Francesco Pagliuso. Al contrario, ha accolto parzialmente il ricorso presentato da Angelo Rotella. Di conseguenza, le pene inflitte lo scorso giugno dalla Corte d’Appello di Catanzaro sono diventate definitive per i primi quattro imputati: ergastolo per Luciano Scalise, 23 anni e 10 mesi di reclusione per Pino Scalise, 6 anni e 8 mesi per Domanico e 7 anni per Scalzo. Per quanto riguarda Rotella, la Corte Suprema ha annullato parzialmente la condanna di 8 anni e 4 mesi, rinviando il caso ai giudici di secondo grado di Catanzaro.

Nel corso del lungo processo derivato dall’omicidio dell’avvocato avvenuto nella notte tra il 9 e il 10 agosto 2016, che ha visto imputati padre e figlio Pino e Luciano Scalise, tra gli altri, hanno difeso gli avvocati: Canzoniere, Chiodo, Vianello Accorretti, Larussa, Galati, Nimpo, Gigliotti, Mendicino, Penna. Le parti civili sono state rappresentate dagli avvocati Ferraro, Zofrea, Galeota, Staiano, Candido, Pietro e Gianfranco Agapito, Raimondi. Recentemente è stata emessa la sentenza di secondo grado per Marco Gallo, riconosciuto come l’autore materiale dell’omicidio, confermando l’ergastolo e includendo l’aggravante mafiosa precedentemente esclusa nella sentenza di primo grado.

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