Calabria
Roccabernarda (KR) | La cosca Bagnato aveva monopolio appalti pubblici, 3 arresti
Nel comune di Roccabernarda, tutti gli appalti pubblici per la realizzazione di lavori elettrici erano sotto il controllo esclusivo della cosca locale. Per eliminare la concorrenza, questa organizzazione criminale ha perpetrato danni e atti intimidatori. I carabinieri del comando provinciale di Crotone hanno rivelato questo fatto al termine di un’indagine coordinata dalla Dda di Catanzaro. Questa mattina, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del tribunale del capoluogo, nei confronti di tre individui accusati di estorsione, danneggiamento e turbata libertà nella scelta del contraente, con l’aggravante del metodo mafioso.
I soggetti coinvolti sono il capo della cosca di Roccabernarda, Antonio Santo Bagnato, 56 anni, già condannato per associazione mafiosa e attualmente detenuto in regime di 41 bis, suo fratello Gianfranco Bagnato e l’imprenditore Antonio Lonetto, titolare di un’impresa di lavori elettrici locale. A quest’ultimo sono stati sequestrati conti correnti intestati alla sua azienda e denaro per un totale di oltre 157 mila euro.
Le indagini hanno rivelato che dal 2009 al 2017, il comune di Roccabernarda ha assegnato 101 appalti per lavori elettrici, equivalenti a 172 mila euro, a una ditta locale legata alla cosca, che ha effettivamente monopolizzato tali lavori. Inoltre, sono emersi danneggiamenti ai danni di privati cittadini che avevano scelto altre società per eseguire lavori elettrici. Un esempio è un docente di Santa Severina, vittima di intimidazioni mediante il taglio di 103 piante di ulivo per aver rifiutato il pagamento del pizzo al capo cosca per la costruzione di un oleificio. Gli indagati sono anche accusati di aver appiccato il fuoco a un furgone di una ditta individuale di Roccabernarda, attiva nel settore dei lavori elettrici, con l’obiettivo di dissuaderne il titolare dal partecipare alle gare per l’acquisizione di commesse pubbliche o accettare lavori dai privati.
Le prove raccolte dai carabinieri si basano su intercettazioni telefoniche e ambientali, denunce delle vittime e di due collaboratori di giustizia, oltre a riscontri derivanti da attività di osservazione e pedinamento.
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