Cronaca
Iraq | Approvato disegno di legge che criminalizza le relazioni omosessuali e transizioni di genere
Sabato, il parlamento dell’Iraq ha votato un disegno di legge che rende illegittime le relazioni omosessuali e le transizioni di genere.
La legge prevede pene detentive da 10 a 15 anni per coloro che intrattengono rapporti con individui dello stesso sesso, da almeno 7 anni di reclusione per chi “promuove” l’omosessualità o la prostituzione, e da 1 a 3 anni di carcere per chi modifica il proprio “genere biologico” o per gli uomini che si vestono con abiti femminili e adottano comportamenti intenzionalmente femminili. Inoltre, punisce i medici che eseguono operazioni di riassegnazione di genere e gli uomini che praticano lo “scambio di mogli”.
Secondo i sostenitori della legge, l’obiettivo è proteggere i valori religiosi islamici e “preservare la società irachena dalla devianza morale e dall’influenza dell’omosessualità diffusa nel mondo”. Il provvedimento, fortemente lesivo dei diritti delle persone omosessuali e transgender, è stato proposto e sostenuto dai partiti conservatori legati all’Islam sciita, che formano la maggior coalizione parlamentare irachena.
Le persone LGBTQ+ sono già soggette a gravi persecuzioni in Iraq. Fino ad ora, le autorità hanno utilizzato altre disposizioni del codice penale per infliggere sanzioni, nonostante formalmente l’omosessualità non fosse considerata un reato. Nel 2022, Human Rights Watch e l’organizzazione irachena IraQueer hanno documentato numerosi casi di rapimenti, tortura, stupri e omicidi impuniti di persone omosessuali e transgender da parte di gruppi armati. Negli ultimi anni, molti partiti politici iracheni hanno manifestato l’intenzione di limitare i diritti della comunità LGBTQ+ e hanno bruciato bandiere arcobaleno in segno di protesta.
Una versione iniziale della legge proponeva la pena di morte per le persone coinvolte in relazioni omosessuali, ma è stata emendata dopo le critiche degli Stati Uniti e di alcuni paesi europei. Il parlamento iracheno ha cercato di evitare tensioni con gli Stati Uniti, rinviando l’approvazione della legge dopo la visita del primo ministro Muhammad Shia al Sudani a Washington e in vari stati americani. Secondo il deputato Raed al Maliki, “Non volevamo influenzare la visita. Era una questione interna e non accettiamo interferenze negli affari iracheni”. Il Dipartimento di Stato statunitense ha dichiarato che la legge rappresenta una minaccia per i “diritti umani garantiti dalla Costituzione e le libertà fondamentali”. Inoltre, ha affermato che il provvedimento limita la capacità dell’Iraq di diversificare la propria economia e attrarre investimenti stranieri.
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