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Calabria

Catanzaro | Maxi operazione “Scirocco” contro gestione illecita dei depuratori comunali: 17 arresti I NOMI



Nella giornata odierna, si è svolta un’ampia operazione nelle province di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, condotta dai militari del Nucleo Operativo Centrale e Cooperazione Internazionale del Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Sicurezza Energetica, del Nucleo Operativo Ecologico di Catanzaro e del Gruppo Carabinieri Forestali di Catanzaro. Questa operazione ha ricevuto il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali Carabinieri di Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, oltre che dall’8° Nucleo Elicotteri CC di Vibo Valentia.

L’obiettivo dell’operazione è stato eseguire un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, riguardante 18 individui. Di questi, 4 sono stati posti in custodia cautelare in carcere, 13 sono agli arresti domiciliari e 1 è soggetto all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le accuse variano tra associazione per delinquere, traffico illecito di rifiuti, inquinamento ambientale e frode nelle forniture pubbliche. Un caso particolare riguarda un tentativo di estorsione aggravato da modalità mafiose ai danni di un dipendente di una società.

Inoltre, sono state emesse informazioni di garanzia per altri 12 individui, tra cui 4 funzionari di enti locali. L’ordinanza include anche il sequestro preventivo delle quote e del patrimonio aziendale di 6 società con sede nella Provincia di Catanzaro, da affidare a amministratori giudiziari nominati dall’A.G., per un valore complessivo di oltre 10 milioni di euro. La Direzione Distrettuale Antimafia ha anche avanzato ipotesi di responsabilità amministrativa secondo il D.Lgs. 231/2001. L’indagine, denominata “Scirocco”, ha rivelato un’organizzazione finalizzata a ottenere più commesse e ad eseguire appalti in frode ai contratti, con conseguenti reati ambientali derivanti dalla gestione di 34 depuratori in 40 comuni calabresi.

Si sospetta che i responsabili delle società abbiano ottenuto profitti illeciti attraverso diverse azioni:

  • – Riduzione dei costi di gestione degli impianti di depurazione, includendo il parziale trattamento dei fanghi prodotti dalle acque reflue e la mancata manutenzione prevista.
  • – Compilazione di falsi Formulari di Identificazione Rifiuti per il fittizio conferimento di rifiuti presso un impianto di depurazione.
  • – Smaltimento illecito di ingenti quantità di rifiuti, inclusi fanghi e rifiuti di pulizia, presso un impianto di depurazione, senza effettuare il trattamento.
  • – Richiesta di oneri per la manutenzione degli impianti di depurazione ai comuni, con liquidazione successiva, anche se tali operazioni erano responsabilità delle società.

Queste azioni illecite hanno causato il malfunzionamento di numerosi impianti di depurazione, con il conseguente sversamento di liquami non trattati, danneggiando l’ambiente circostante e il mare. Durante le indagini, sono stati sequestrati 4 depuratori e sono stati effettuati controlli in 24 comuni, rivelando casi di frode ai danni della pubblica amministrazione con la complicità di funzionari pubblici.

Le attività investigative sono state supportate da monitoraggi tecnici dei siti, che hanno evidenziato il modus operandi illecito. Monitoraggi periodici condotti da Legambiente sulla qualità del mare, dei laghi e delle coste, hanno confermato la gravità della situazione nelle vicinanze dei siti di depurazione interessati.

In carcere:

Mario Minieri (Caraffa di Catanzaro)
Giuseppe Minieri (Soverato)
Saverio Minieri (Soverato)
Giuseppe Donatello Valentino (Caraffa di Catanzaro)

Ai domiciliari:

Vincenzo Papalia (Cinquefrondi)
Ilario Serianni (Catanzaro)
Giuseppe Passafaro (Catanzaro)
Raffaele Passafaro (Catanzaro)
Antonietta Vescio Campisano (Lamezia Terme)
Gioacchino Rutigliano (Terlizzi)
Andrea Talarico (Lamezia Terme)
Davide Bartucca (Lamezia Terme)
Domenico Rosariano (Catanzaro)
Francesco Pungitore (Lamezia Terme)
Giuseppe Bongarzone (Catanzaro)
Ernesto Lento (Nicastro)
Vincenzo Ruggero Talarico (Sambiase)

Obbligo di presentazione alla pg:

Giovanni Passafaro (Iseo)

Calabria

Lamezia Terme (CZ) | Arrestato 37enne per spaccio di droga

Nella giornata odierna, i Carabinieri della Stazione di Lamezia Terme Sambiase hanno arrestato un uomo di 37 anni in flagranza di reato per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. L’operazione è scaturita da una perquisizione domiciliare effettuata presso l’abitazione dell’individuo, che ha portato al rinvenimento di circa 30 grammi di cocaina, insieme a piccole quantità di hashish e marijuana.

Durante la perquisizione, i militari hanno anche trovato materiale per il taglio, il peso e il confezionamento della droga. Tutto il materiale sequestrato è stato inviato per ulteriori analisi per confermare la composizione e la quantità esatta delle sostanze stupefacenti.

L’arrestato è stato inizialmente trasferito alla Casa Circondariale di Catanzaro. Successivamente, in sede di udienza di convalida, il Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) del Tribunale di Lamezia Terme ha confermato la validità dell’arresto. Su richiesta della Procura della Repubblica di Lamezia Terme, l’indagato è stato sottoposto a misure cautelari che includono l’obbligo di dimora nel Comune di residenza e l’obbligo di presentazione periodica alla Polizia Giudiziaria.

Questa operazione dimostra il continuo impegno delle forze dell’ordine nella lotta contro il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti, con l’obiettivo di garantire la sicurezza e il benessere della comunità. Si ricorda che l’indagato, come previsto dalla legge, non può essere considerato colpevole fino alla pronuncia di una sentenza definitiva.

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Calabria

Cutro (KR) | Muore a 63 anni la moglie del sindaco, coinvolta in un incidente stradale mentre si recava a scuola

Un grave incidente stradale ha sconvolto la comunità di Cutro questa mattina, con la tragica morte di Chiara Olivo, moglie del sindaco Antonio Ceraso. L’insegnante di 63 anni, stava recandosi come di consueto al lavoro, alla scuola primaria Alcmeone di Crotone, quando la sua auto, una Fiat Punto, è stata coinvolta in un violento scontro frontale con una Jeep Renegade.

L’incidente è avvenuto sulla provinciale 63, in un tratto di strada noto per le sue curve pericolose. Per motivi ancora da chiarire, la Fiat Punto della vittima ha invaso la corsia opposta, dove si è scontrata con la Jeep che viaggiava in direzione contraria. L’impatto è stato particolarmente violento, con la Punto spinta verso il guardrail dopo essere stata colpita sul lato passeggero.

Chiara Olivo è rimasta intrappolata tra le lamiere della sua vettura, e solo grazie all’intervento tempestivo dei vigili del fuoco è stato possibile estrarla dall’auto. Anche il conducente della Jeep è stato soccorso e liberato dai rottami della sua vettura. Sul luogo sono intervenuti immediatamente i sanitari del 118, ma nonostante gli sforzi di rianimazione, per la donna non c’è stato nulla da fare: è deceduta a causa dei gravi traumi riportati.

Durante le operazioni di soccorso, la strada è stata chiusa per consentire l’intervento dell’elisoccorso, che è stato chiamato per prestare assistenza alle persone coinvolte. Le indagini sono in corso per chiarire la dinamica esatta dell’incidente. La morte di Chiara Olivo ha scosso profondamente la comunità locale, dove era conosciuta e apprezzata per il suo impegno come insegnante.

Il sindaco Antonio Ceraso e la sua famiglia hanno ricevuto in queste ore numerosi messaggi di cordoglio da parte delle istituzioni e dei cittadini, che si stringono attorno a loro in questo momento di dolore.

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Calabria

Crotone | Respinta nuova istanza, rimane in carcere l’attivista curda Madjidi accusata di essere una scafista

Maysoon Madjidi, attivista curda arrestata a Crotone il 31 dicembre 2023 con l’accusa di essere complice di un traffico di migranti, continua a rimanere in detenzione. Il Tribunale di Crotone ha respinto nuovamente la richiesta di modifica delle misure cautelari, rifiutando il passaggio dal carcere agli arresti domiciliari, una richiesta avanzata direttamente dall’imputata durante una dichiarazione spontanea. La giovane, che si dichiara innocente, è accusata di aver collaborato con il capitano di un’imbarcazione che ha portato 77 migranti sulle coste calabresi.

Durante l’udienza, durata oltre cinque ore, Madjidi ha difeso la propria posizione davanti al collegio penale presieduto dal giudice Edoardo D’Ambrosio. La donna ha contestato le accuse mosse da due migranti, un iraniano e un iracheno, che sostengono fosse l’aiutante del capitano, Akturk Ufuk, già reo confesso e processato con rito abbreviato. L’imputata ha ribadito di essere una vittima delle circostanze, spiegando di essere stata costretta a imbarcarsi come tutti gli altri passeggeri, senza alcun ruolo nella gestione del viaggio.

Madjidi, arrestata il 1° gennaio e detenuta presso il carcere di Reggio Calabria, ha raccontato di essere stata rinchiusa insieme agli altri migranti in attesa dell’imbarco e di aver continuato a cercare denaro fino a pochi giorni prima della partenza, cercando di pagarsi il viaggio attraverso prestiti. Ha anche sottolineato la sua appartenenza al partito curdo Komala, chiedendo come queste circostanze possano combaciare con l’accusa di essere una scafista.

Nel corso dell’udienza, sono state ascoltate le testimonianze di alcuni ufficiali della Guardia di Finanza, tra cui il tenente Gaetano Barbera, che ha ricostruito i fatti e difeso la validità delle accuse, basate principalmente sulle testimonianze di due migranti. Tuttavia, l’avvocato difensore di Madjidi, Giancarlo Liberati, ha messo in dubbio la solidità delle prove, domandandosi perché solo due persone siano state ascoltate e come mai lo Stato italiano non sia riuscito a rintracciare i testimoni chiave, che sono stati invece trovati da giornalisti in Inghilterra e Germania.

Nonostante queste perplessità, le accuse nei confronti di Maysoon Madjidi restano al centro del dibattito giudiziario. Il processo proseguirà con ulteriori udienze, mentre l’imputata continuerà a rimanere in carcere, in attesa di una sentenza definitiva che chiarirà la sua reale responsabilità nella vicenda.

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