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Calabria

Catanzaro | Ennesima violenza in carcere: detenuto aggredisce agenti che gli negano “privilegi” – VIDEO


Oggi, presso la Casa Circondariale di Catanzaro, due poliziotti penitenziari sono stati attaccati da un detenuto ristretto nel reparto considerato di ‘media sicurezza’. Questo episodio di aggressione si aggiunge ad altri ‘eventi critici’, termine utilizzato dall’amministrazione penitenziaria per descrivere le recenti aggressioni subite dalla Polizia Penitenziaria. In questa occasione, i due agenti hanno riportato rispettivamente prognosi di 20 e 7 giorni. Il detenuto ha inizialmente minacciato gli agenti e successivamente li ha aggrediti dopo aver ricevuto un rifiuto in merito a richieste di privilegi non consentiti dal regolamento penitenziario.

Questa notizia è stata resa nota dal delegato provinciale della Cgil, Roberto Garcea, insieme al coordinatore regionale Angelo Boeti della FP CGIL della Polizia Penitenziaria. Entrambi esprimono la propria amarezza per la situazione persistente nella casa circondariale di Catanzaro, già da un certo periodo. Garcea e Boeti si preoccupano per il futuro quando molti poliziotti penitenziari in servizio nel carcere catanzarese andranno in pensione tra qualche mese. Questi poliziotti, con la loro esperienza, sono fondamentali per garantire il corretto funzionamento dei reparti ogni giorno.

I sindacalisti concludono dichiarando che il detenuto è stato trasferito in giornata presso un altro istituto, con il coordinamento del Direttore e del Comandante della Polizia Penitenziaria che gestiscono il carcere più grande della Calabria, dedicandosi completamente sette giorni su sette. Mirko Manna, della FP CGIL Comparto Sicurezza, lancia un appello politico urgente: “La situazione attuale richiede una risposta immediata e decisa. Invitiamo il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, il Sottosegretario Andrea Delmastro e il Capo del DAp, Giovanni Russo, a prendere ogni iniziativa necessaria per assicurare l’incolumità e la protezione delle donne e uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria. I poliziotti penitenziari devono poter svolgere il proprio lavoro con la certezza di terminare il proprio turno lavorativo senza pericoli per la propria incolumità personale. Si parla tanto di sicurezza sul lavoro, ma troppo poco su quanto rischi la Polizia Penitenziaria ogni giorno per garantire contemporaneamente la certezza della pena e il recupero alla società delle persone ristrette in carcere”.

Calabria

Lamezia Terme (CZ) | Arrestato 37enne per spaccio di droga

Nella giornata odierna, i Carabinieri della Stazione di Lamezia Terme Sambiase hanno arrestato un uomo di 37 anni in flagranza di reato per detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. L’operazione è scaturita da una perquisizione domiciliare effettuata presso l’abitazione dell’individuo, che ha portato al rinvenimento di circa 30 grammi di cocaina, insieme a piccole quantità di hashish e marijuana.

Durante la perquisizione, i militari hanno anche trovato materiale per il taglio, il peso e il confezionamento della droga. Tutto il materiale sequestrato è stato inviato per ulteriori analisi per confermare la composizione e la quantità esatta delle sostanze stupefacenti.

L’arrestato è stato inizialmente trasferito alla Casa Circondariale di Catanzaro. Successivamente, in sede di udienza di convalida, il Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) del Tribunale di Lamezia Terme ha confermato la validità dell’arresto. Su richiesta della Procura della Repubblica di Lamezia Terme, l’indagato è stato sottoposto a misure cautelari che includono l’obbligo di dimora nel Comune di residenza e l’obbligo di presentazione periodica alla Polizia Giudiziaria.

Questa operazione dimostra il continuo impegno delle forze dell’ordine nella lotta contro il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti, con l’obiettivo di garantire la sicurezza e il benessere della comunità. Si ricorda che l’indagato, come previsto dalla legge, non può essere considerato colpevole fino alla pronuncia di una sentenza definitiva.

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Calabria

Cutro (KR) | Muore a 63 anni la moglie del sindaco, coinvolta in un incidente stradale mentre si recava a scuola

Un grave incidente stradale ha sconvolto la comunità di Cutro questa mattina, con la tragica morte di Chiara Olivo, moglie del sindaco Antonio Ceraso. L’insegnante di 63 anni, stava recandosi come di consueto al lavoro, alla scuola primaria Alcmeone di Crotone, quando la sua auto, una Fiat Punto, è stata coinvolta in un violento scontro frontale con una Jeep Renegade.

L’incidente è avvenuto sulla provinciale 63, in un tratto di strada noto per le sue curve pericolose. Per motivi ancora da chiarire, la Fiat Punto della vittima ha invaso la corsia opposta, dove si è scontrata con la Jeep che viaggiava in direzione contraria. L’impatto è stato particolarmente violento, con la Punto spinta verso il guardrail dopo essere stata colpita sul lato passeggero.

Chiara Olivo è rimasta intrappolata tra le lamiere della sua vettura, e solo grazie all’intervento tempestivo dei vigili del fuoco è stato possibile estrarla dall’auto. Anche il conducente della Jeep è stato soccorso e liberato dai rottami della sua vettura. Sul luogo sono intervenuti immediatamente i sanitari del 118, ma nonostante gli sforzi di rianimazione, per la donna non c’è stato nulla da fare: è deceduta a causa dei gravi traumi riportati.

Durante le operazioni di soccorso, la strada è stata chiusa per consentire l’intervento dell’elisoccorso, che è stato chiamato per prestare assistenza alle persone coinvolte. Le indagini sono in corso per chiarire la dinamica esatta dell’incidente. La morte di Chiara Olivo ha scosso profondamente la comunità locale, dove era conosciuta e apprezzata per il suo impegno come insegnante.

Il sindaco Antonio Ceraso e la sua famiglia hanno ricevuto in queste ore numerosi messaggi di cordoglio da parte delle istituzioni e dei cittadini, che si stringono attorno a loro in questo momento di dolore.

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Calabria

Crotone | Respinta nuova istanza, rimane in carcere l’attivista curda Madjidi accusata di essere una scafista

Maysoon Madjidi, attivista curda arrestata a Crotone il 31 dicembre 2023 con l’accusa di essere complice di un traffico di migranti, continua a rimanere in detenzione. Il Tribunale di Crotone ha respinto nuovamente la richiesta di modifica delle misure cautelari, rifiutando il passaggio dal carcere agli arresti domiciliari, una richiesta avanzata direttamente dall’imputata durante una dichiarazione spontanea. La giovane, che si dichiara innocente, è accusata di aver collaborato con il capitano di un’imbarcazione che ha portato 77 migranti sulle coste calabresi.

Durante l’udienza, durata oltre cinque ore, Madjidi ha difeso la propria posizione davanti al collegio penale presieduto dal giudice Edoardo D’Ambrosio. La donna ha contestato le accuse mosse da due migranti, un iraniano e un iracheno, che sostengono fosse l’aiutante del capitano, Akturk Ufuk, già reo confesso e processato con rito abbreviato. L’imputata ha ribadito di essere una vittima delle circostanze, spiegando di essere stata costretta a imbarcarsi come tutti gli altri passeggeri, senza alcun ruolo nella gestione del viaggio.

Madjidi, arrestata il 1° gennaio e detenuta presso il carcere di Reggio Calabria, ha raccontato di essere stata rinchiusa insieme agli altri migranti in attesa dell’imbarco e di aver continuato a cercare denaro fino a pochi giorni prima della partenza, cercando di pagarsi il viaggio attraverso prestiti. Ha anche sottolineato la sua appartenenza al partito curdo Komala, chiedendo come queste circostanze possano combaciare con l’accusa di essere una scafista.

Nel corso dell’udienza, sono state ascoltate le testimonianze di alcuni ufficiali della Guardia di Finanza, tra cui il tenente Gaetano Barbera, che ha ricostruito i fatti e difeso la validità delle accuse, basate principalmente sulle testimonianze di due migranti. Tuttavia, l’avvocato difensore di Madjidi, Giancarlo Liberati, ha messo in dubbio la solidità delle prove, domandandosi perché solo due persone siano state ascoltate e come mai lo Stato italiano non sia riuscito a rintracciare i testimoni chiave, che sono stati invece trovati da giornalisti in Inghilterra e Germania.

Nonostante queste perplessità, le accuse nei confronti di Maysoon Madjidi restano al centro del dibattito giudiziario. Il processo proseguirà con ulteriori udienze, mentre l’imputata continuerà a rimanere in carcere, in attesa di una sentenza definitiva che chiarirà la sua reale responsabilità nella vicenda.

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