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Curiosità

SAI PERCHE’…le discussioni online spesso degenerano in aggressività?

Con l’espansione dei social media, abbiamo assistito a un cambiamento significativo nel modo in cui interagiamo e discutiamo online. Sebbene queste piattaforme offrano opportunità senza precedenti per connettersi e scambiare idee, sono anche diventate terreno fertile per discussioni accese e comportamenti aggressivi. Ma cosa c’è alla base di questa tendenza?

L’Anomalia dell’Anonimato

Uno dei principali fattori che alimentano le discussioni aggressive sui social media è l’anonimato. Questo aspetto consente agli utenti di nascondere la loro identità reale, creando una distanza tra la persona e le sue parole. La possibilità di operare sotto pseudonimi o profili falsi diminuisce il senso di responsabilità e la paura delle ripercussioni, facilitando comportamenti che difficilmente verrebbero adottati nella vita reale.

L’effetto di disinibizione online, descritto dal psicologo John Suler, è un fenomeno cruciale in questo contesto. L’anonimato riduce le inibizioni sociali e annulla il senso di responsabilità, spingendo le persone a esprimersi in modi più estremi e talvolta offensivi rispetto a quanto farebbero faccia a faccia.

L’Effetto della Massa

Un altro aspetto rilevante è il comportamento di gruppo. Quando siamo immersi in una folla o un gruppo online, tendiamo a perdere la nostra individualità e a conformarci al comportamento del gruppo stesso. Questa perdita di identità può portare a un comportamento più estremo, giustificato dalla percezione che tali azioni siano legittimate dal gruppo.

L’anonimato e la dimensione del gruppo fanno sì che gli individui si sentano meno responsabili delle loro azioni, portando a una maggiore aggressività. La sensazione di essere parte di una massa anonima riduce il timore di conseguenze personali, incentivando comportamenti più audaci e divisivi.

Conseguenze Minime e Polarizzazione

A differenza delle interazioni faccia a faccia, dove le conseguenze sociali e legali sono immediatamente percepibili, sui social media le conseguenze sono spesso minime o inesistenti. Questo crea un ambiente in cui le persone si sentono libere di esprimere le proprie opinioni in modi che potrebbero risultare offensivi o aggressivi senza timore di ripercussioni immediate.

Inoltre, la struttura degli algoritmi dei social media contribuisce alla polarizzazione delle opinioni. Questi algoritmi sono progettati per mostrare contenuti che si allineano con le convinzioni degli utenti, amplificando le loro opinioni e creando una “bolla di filtraggio”. Questa selezione di contenuti conferma e rafforza le convinzioni personali, mentre le informazioni contrastanti possono scatenare disagio e dissonanza cognitiva. Questo ambiente favorisce discussioni sempre più polarizzate e, conseguentemente, più aggressive.

Moderazione e Regolamentazione

Per contrastare l’aumento dell’aggressività sui social media, molte piattaforme hanno implementato politiche di moderazione per rimuovere contenuti offensivi e comportamenti inappropriati. Tuttavia, la moderazione efficace è una sfida complessa che deve bilanciare la protezione degli utenti dal contenuto nocivo con la preservazione della libertà di espressione.

Studi neuroscientifici hanno dimostrato che l’anonimato online può influenzare i circuiti neurali responsabili del controllo dell’aggressività. La ricerca indica che l’anonimato può rendere l’amigdala, una regione del cervello associata alle emozioni e all’aggressività, più attiva, riducendo il controllo esercitato dalla corteccia prefrontale, che regola il comportamento sociale. Questa alterazione può portare a una maggiore reattività emotiva e a comportamenti impulsivi.

L’aggressività online è il risultato di una combinazione di anonimato, effetti di gruppo e algoritmi che amplificano le convinzioni personali. Comprendere questi meccanismi è essenziale per affrontare il problema e sviluppare strategie efficaci per promuovere interazioni più rispettose e costruttive sui social media. Con una consapevolezza crescente e interventi mirati, possiamo lavorare per creare un ambiente online più civile e meno polarizzato.

Curiosità

SAI CHE…E’ importantissimo respirare col naso? Ecco perchè

Respirare con il naso è importante: prima di arrivare ai polmoni, l’aria che entra nelle narici viene filtrata, umidificata e termoregolata in modo da raggiungere la temperatura di 35 gradi, ideale per la funzionalità respiratoria e polmonare e tutto questo avviene proprio grazie alla specifica struttura del naso. Durante l’inspirazione, i piccoli peli che si trovano all’interno delle narici e il sistema mucociliare simulano il rilascio di molecole antibatteriche, una vera e propria barriera protettiva che abbatte la carica di polveri e batteri presenti nell’aria prima che arrivi agli alveoli polmonari.

Sono alcuni dei temi trattati dall’otorinolaringoiatra Giovanni Felisati, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress. “E’ importante respirare col naso perchè l’aria che noi respiriamo viene termoregolata dalle strutture nasali e quindi arriva in migliori condizioni ai bronchi, che necessitano di avere un’aria filtrata e termoregolata. Ma il naso serve anche perchè ha una funzione estetica al centro della faccia, ha una funzione olfattiva che oggi è sempre più importante, ha una funzione di difesa perchè fa da filtro”.

Respirare con la bocca, “ad esempio per un bambino, determina un’alterazione di sviluppo del palato. Ma tutti noi respirando male, viviamo male: probabilmente abbiamo un cattivo sonno e una cattiva qualità della vita”, ha spiegato. “Un naso che sta bene deve essere una via di mezzo fra un tunnel in cui l’aria passa completamente libera e un termosifone. Dobbiamo volere che il nostro naso respiri bene, per avere una migliore qualità della vita e anche in prospettiva per avere una longevità sana”.

Può succedere che, col passare dell’età, una persona possa respirare peggio? “Sulla respirazione ci sono tante cose che possono impattare, l’unica soluzione è capire dov’è il problema”, ha sottolineato. Sulle abitudini quotidiane, “oggi si parla sempre di più dei lavaggi nasali: non credo che tutti si debbano lavare il naso, però quando c’è un problema tenerlo pulito è una buona cosa e, se c’è un’allergia, bisogna curarlo. Se invece ci sono delle anomalie anatomiche, forse la chirurgia è meglio farla prima e non dopo”.

– Fonte foto: Freepik –

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Curiosità

Sai quale parte del Cervello Stimola la Curiosità?

Un team di ricercatori della Columbia University ha fatto una scoperta significativa riguardo alla curiosità umana, identificando per la prima volta le aree del cervello coinvolte in questo fondamentale impulso. Utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fMRI), gli scienziati hanno analizzato i livelli di ossigeno nelle diverse regioni cerebrali per misurare l’attività durante l’esperimento.

Durante lo studio, 32 partecipanti hanno osservato immagini distorte di oggetti e animali familiari, chiamate texforms, e hanno valutato la loro curiosità e fiducia nell’identificazione di tali immagini. Incrociando le valutazioni dei partecipanti con le scansioni fMRI, i ricercatori hanno identificato un’attività significativa in tre aree principali del cervello:

  1. Corteccia Occipitotemporale: Associata alla visione e al riconoscimento.
  2. Corteccia Prefrontale Ventromediale (vmPFC): Coinvolta nella percezione di valore e fiducia.
  3. Corteccia Cingolata Anteriore: Responsabile della raccolta di informazioni.

La vmPFC svolge un ruolo cruciale come “ponte” tra la certezza percepita dalla corteccia occipitotemporale e la sensazione di curiosità, agendo come un grilletto che stimola il desiderio di esplorare. I ricercatori hanno osservato che maggiore era l’incertezza sui soggetti mostrati, maggiore era la curiosità dei partecipanti. Questo suggerisce che l’input percettivo viene elaborato attraverso rappresentazioni neurali fino a evocare curiosità.

La scoperta non solo aiuta a comprendere meglio il funzionamento del cervello umano, ma potrebbe anche facilitare lo sviluppo di terapie per condizioni come la depressione cronica, dove la curiosità e l’esplorazione sono spesso compromesse. I ricercatori sono interessati ad esplorare ulteriormente la curiosità generale, sociale e scientifica, approfondendo le sue origini biologiche e i suoi effetti sul comportamento umano.

Jacqueline Gottlieb, neuroscienziata coinvolta nello studio, sottolinea che la curiosità umana ha “origini biologiche profonde” e che “quello che distingue la curiosità umana è la nostra spinta a esplorare molto più ampiamente rispetto ad altri animali, spesso solo per il piacere di scoprire.”

Questa ricerca offre nuove prospettive sul modo in cui la curiosità emerge e viene stimolata, con potenziali applicazioni nel miglioramento della nostra comprensione della mente umana e nella creazione di interventi terapeutici mirati.

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Curiosità

LO SAI CHE…Beethoven perse l’udito a causa del…vino

L’analisi di due ciocche di capelli del compositore Ludwig van Beethoven ha rivelato livelli estremamente alti di piombo, una sostanza presente nel vino che egli beveva, presumibilmente consumando una bottiglia al giorno. Questo avvelenamento da piombo probabilmente ha contribuito alla perdita dell’udito e ai problemi di salute che Beethoven ha sperimentato durante la sua vita.

Uno studio recente, condotto da ricercatori della Mayo Clinic e di Harvard, ha esaminato attentamente due ciocche di capelli autenticati appartenenti a Beethoven. Utilizzando la spettrometria di massa, gli studiosi hanno confermato la presenza di livelli significativamente elevati di piombo nelle ciocche, oltre ai livelli aumentati di arsenico e mercurio. Questi risultati suggeriscono che il compositore potesse avere nel suo sangue livelli di piombo sufficientemente alti da causare disturbi gastrointestinali, renali e riduzione dell’udito, ma non abbastanza da essere una causa diretta della sua morte.

È noto che Beethoven fosse un grande consumatore di vino, bevendo approssimativamente una bottiglia al giorno. Tuttavia, il vino dell’epoca era spesso conservato in recipienti contenenti piombo, e Beethoven, come molti altri, usava il diacetato di piombo per addolcire il vino. Questa pratica potrebbe aver contribuito all’avvelenamento da piombo che ha afflitto il compositore.

Sebbene sia chiaro che Beethoven abbia sofferto a causa dell’avvelenamento da piombo, la causa esatta della sua morte rimane oggetto di dibattito. Alcune prove suggeriscono che potrebbe essere stata influenzata dalla sua presunta epatite B, una malattia per la quale aveva fattori di rischio genetici, insieme all’abuso di alcolici. Questo potrebbe aver contribuito alla cirrosi epatica diagnosticata al momento della sua morte.

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