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Cronaca

Foggia | Intercettazioni in carcere: L’omicidio Fabbiano nel racconto del cugino: “Ho paura, sono scioccato”

Nelle carte dell’ordinanza relativa agli arresti per l’omicidio di Giambattista Notarangelo ad opera della consorteria criminale capeggiata da Marco Raduano, emergono i dettagli del colloquio avvenuto in carcere il 26 aprile 2018 tra il padre di Danilo Pietro Della Malva e suo nipote, colui che avrebbe assistito all’esecuzione di Antonio Fabbiano avvenuta il giorno prima a Vieste, tra via Tripoli e via Cappuccini, e per il quale è imputato Giovanni Iannoli.

Il cugino del braccio destro del boss ha raccontato che il giorno dell’omicidio era sul balcone con la moglie: “Sotto casa è successo il fatto, che peccato quel ragazzo. Sotto il portone di casa…questi hanno l’acqua in testa..questi sono tremendi. Non ho parole, io sto ammutolito da ieri. Tengo paura, ho proprio paura”. Il padre di ‘U Meticce’ avrebbe insistito affinché gli rivelasse i nomi degli assassini in quanto il nipote. L’uomo avvicinava la mano al lato sinistro del collo, come per indicare una persona avente un segno distintivo in corrispondenza di quella parte del corpo. “Eh” la risposta: “E’ criminale! Quello è pazzo, non sta proprio con la testa…sotto a quello sta questo che comanda! Questo sta ormai”.

Le rivelazioni allo zio, padre di Danilo Pietro Della Malva, proseguivano: “E’ pericoloso! sono scioccato, non mi posso riprendere. Non riesco ancora a riprendermi. Se tu vedevi una scena del genere, tu da casa tua…te lo dico io, non scendevi più. Ma veramente eh, da far west proprio”.

L’agguato sarebbe stato pianificato nei minimi dettagli e realizzato con particolare abilità con i killer che erano entrati in azione a volto scoperto imbracciando dei kalashnikov e indossando il casco solo al momento della fuga, in pieno giorno e incuranti della presenza delle persone:”I cristiani sopra i balconi a gridare, i rumori erano assai. Oh, venti colpi hanno sparato…i cristiani sono venuti dal porto, Vieste stava ribellata”.

Per l’omicidio dell’allora 25enne e del contestuale tentato omicidio di Michele Notarangelo, il 9 agosto 2021, nel giorno del quarto anniversario della strage dei fratelli innocenti Luigi e Aurelio Luciani, i carabinieri del nucleo investigativo e personale della squadra mobile della questura di Foggia, avevano eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Bari nei confronti dell’uomo del clan Perna classe 1986.

Quel giorno, infatti, Antonio Fabbiano si trovava a piedi insieme a ‘Cristoforo’, quando un commando composto da almeno due soggetti, di cui uno armato di AK-47, arma da guerra comunemente conosciuta come kalashnikov, e l’altro armato di pistola, aveva sparato in direzione dei due ragazzi colpendo in maniera fatale Fabbiano, mentre Notarangelo era rimasto miracolosamente incolume. Un’importante conferma di natura tecnico-scientifica era pervenuta dalle analisi specialistiche eseguite dai Ris di Roma su 14 bossoli di Ak 47 repertati dalla sezione investigazioni scientifiche del nucleo investigativo carabinieri di Foggia sulla scena del crimine, a seguito delle quali era emersa la compatibilità dei bossoli con il fucile mitragliatore con il quale, il precedente 21 marzo 2018, lo stesso Iannoli aveva già attentato alla vita di Raduano, agguato per il quale insieme al cugino Claudio sono stati condannati a 14 anni e 6 mesi.

Nell’ordinanza di custodia cautelare, il Gip del Tribunale di Bari aveva riconosciuto la sussistenza dell’aggravante mafiosa, sia con riferimento al cosiddetto ‘metodo mafioso’, sia riguardo all’agevolazione della compagine organizzata facente capo a Girolamo Perna, nell’ambito della guerra di mafia intercorsa con la fazione contrapposta facente capo a Marco Raduano. In ultimo, si erano aggiunte le dichiarazioni rese dai primi collaboratori di giustizia dell’area garganica, dapprima Giovanni Surano, alias ‘Lupin’ e dall’ex capo clan Danilo Pietro Della Malva, alias ‘U’ meticce’.

Nel provvedimento restrittivo era stato confermato il concorso nei reati contestati a Giovanni Iannoli anche di Gianmarco Pecorelli, ucciso a sua volta in un agguato di mafia il 19 giugno 2018 e il cui nome – in qualità di complice – era emerso durante il colloquio in carcere tra il padre di Della Malva e il nipote.

Cronaca

Rieti | Arrestati due uomini per estorsione, vittima minacciata e aggredita per anni

Nei giorni scorsi, i Carabinieri della Stazione di Rieti hanno arrestato in flagranza di reato un uomo di 36 anni e deferito un complice di 64 anni, entrambi residenti nel capoluogo, per il reato di estorsione. L’operazione è stata il culmine di un’indagine avviata a seguito della denuncia di un uomo che da anni subiva minacce e richieste di denaro, per un totale di oltre 30.000 euro.

Gli estorsori, oltre a intimidire la vittima, avevano preso di mira anche la compagna disabile dell’uomo, arrivando in alcune occasioni a danneggiare l’abitazione e aggredire fisicamente il malcapitato. La pressione esercitata dai due criminali includeva minacce di ulteriori violenze, qualora le somme richieste non fossero state versate.

In occasione dell’ennesima richiesta di denaro, i Carabinieri hanno organizzato un’operazione di osservazione e sono intervenuti durante la consegna della somma estorta. Il 36enne è stato arrestato sul posto, dopo aver riscosso 150 euro, parte di una somma complessiva di 1.050 euro già estorta alla vittima nei giorni precedenti. L’uomo era in contatto telefonico con il suo complice, successivamente identificato e denunciato.

Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Rieti ha convalidato l’arresto e, su richiesta del Pubblico Ministero, ha disposto la custodia cautelare in carcere per il 36enne e gli arresti domiciliari per il 64enne, in attesa di ulteriori sviluppi del caso.

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Calabria

Crotone | 31 arresti e dinamiche interne della ‘Ndrangheta allo scoperto

I Carabinieri del Comando Provinciale di Crotone, con il supporto delle unità di Catanzaro, Vibo Valentia, Cosenza e dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, hanno eseguito un’importante operazione antimafia, portando all’arresto di 31 persone. Il provvedimento cautelare, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA), prevede per 15 indagati la custodia cautelare in carcere, per 7 gli arresti domiciliari e per 9 l’obbligo di dimora. Gli individui coinvolti sono accusati di vari reati, tra cui associazione mafiosa, estorsione, usura, traffico di stupefacenti e reati legati alle armi e agli esplosivi.

Le indagini, avviate nell’ottobre del 2020 a seguito di un episodio estorsivo nei confronti di un imprenditore di Cutro, hanno progressivamente rivelato le dinamiche interne alla ‘ndrangheta nella zona di Cutro, con particolare riferimento alla famiglia Martino, legata al boss Nicolino Grande Aracri. Questa famiglia, attiva dopo l’arresto del boss, si contrappone alla cosca Ciampà-Dragone, tentando di affermarsi come un gruppo autonomo all’interno della ‘ndrangheta.

L’inchiesta si inserisce nel solco delle precedenti operazioni antimafia “Kyterion” e “Aemilia”, trovando conferme anche nelle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia. Gli investigatori hanno documentato l’esistenza di una rete di traffico di droga che operava principalmente lungo la direttrice Cutro-Cosenza-Catanzaro, con particolare attenzione al capoluogo calabrese. I proventi delle attività criminali servivano a sostenere economicamente gli affiliati e le famiglie dei detenuti.

L’indagine ha messo in luce il controllo capillare del territorio attraverso intimidazioni, estorsioni ai danni di imprenditori e attività usuraie. Sono stati inoltre scoperti due sequestri di armi avvenuti nel 2021 e nel 2022, confermando la disponibilità di armamenti da parte degli indagati. Anche le intercettazioni telefoniche e ambientali, unitamente alle operazioni di pedinamento e osservazione, hanno giocato un ruolo cruciale nella raccolta di prove.

Durante l’esecuzione delle misure cautelari, sono state condotte perquisizioni personali e domiciliari nei confronti degli indagati, aggiungendo ulteriori elementi all’inchiesta in corso.

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Cronaca

Lecce | Arrestato incensurato per detenzione di droga a Lecce: sequestrati 100 grammi di eroina

Nella giornata di ieri, la Polizia di Stato ha arrestato un uomo salernitano, incensurato e classe 1972, per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. L’uomo è stato posto agli arresti domiciliari dopo essere stato fermato dagli agenti della Squadra Mobile durante un controllo antidroga nella periferia di Lecce.

Il sospetto è scattato quando i poliziotti hanno notato un veicolo che procedeva a velocità sostenuta. Decisi a fermarlo, hanno sottoposto il conducente a un controllo, ma l’uomo si è mostrato immediatamente irrequieto e insofferente. Ha dichiarato di essere un fotografo di ritorno da un incontro di lavoro a Taranto e di avere fretta, ripetendo insistentemente di dover proseguire il suo viaggio per impegni professionali.

Il nervosismo crescente dell’uomo ha spinto gli agenti a effettuare una perquisizione del veicolo. Dopo un’attenta ispezione, è stata trovata una quantità di quasi 100 grammi di eroina nascosta nell’imbottitura del sedile dell’auto, una sostanza nota per l’elevato potenziale di dipendenza.

L’uomo è stato condotto alla Questura di Lecce per gli accertamenti di rito e successivamente arrestato e posto agli arresti domiciliari, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. È importante sottolineare che le indagini sono ancora in fase preliminare e gli esiti saranno valutati nel corso del processo, dove l’imputato potrà far valere la propria difesa.

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