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Cronaca

Foggia | Le Intercettazioni dell’agente coinvolto nel pestaggio a sangue di un detenuto

Le intercettazioni telefoniche hanno fornito un contributo fondamentale alle indagini sulle presunte aggressioni commesse dagli agenti della polizia penitenziaria di Foggia ai danni di due detenuti, uno dei quali era anche invalido, all’interno del carcere di via delle Casermette. In particolare, è emerso che Flenisio Casiero, uno degli agenti sotto indagine, ha contattato telefonicamente Massimo Folliero dopo aver ricevuto l’invito a rendere interrogatorio e l’informazione di garanzia. Durante questa conversazione, entrambi hanno fatto riferimento al pestaggio dei due detenuti, permettendo alle autorità di ricondurre altri colleghi nella vicenda.

In un’altra occasione, Giovanni Di Pasqua, fino ad allora non coinvolto nell’indagine, è stato contattato da una persona che lo ha invitato a raggiungerlo presso la propria abitazione, presumibilmente in relazione alla vicenda in corso. Successivamente, l’agente Nicola Calabrese, pur non essendo ancora coinvolto ufficialmente nell’inchiesta, ha telefonato alla stessa persona per ottenere informazioni sulla situazione. Durante la conversazione, Calabrese ha lasciato intendere di aver assistito a episodi di violenza, pur negandone la sua partecipazione.

Il Giudice, nel suo rapporto, ha evidenziato come alcuni agenti abbiano mentito riguardo alla loro partecipazione alle violenze, nonostante le evidenti prove raccolte dalle telecamere di sorveglianza. Inoltre, le intercettazioni hanno rivelato tentativi di depistaggio e coordinamento delle difese tra gli indagati, con riferimenti a certificazioni mediche ottenute in modo fraudolento.

Emergono anche dettagli sul ruolo di Giovanni Di Pasqua nella vicenda, il quale non solo avrebbe guidato il gruppo responsabile delle aggressioni, ma avrebbe anche proposto un avvocato comune per tutti gli agenti coinvolti. Il Giudice per le Indagini Preliminari Carlo Protano sostiene che gli interlocutori si siano preoccupati di capire come il Comandante lo avesse saputo e che prove fossero rimaste a loro carico. Nelle carte dell’inchiesta viene ripresa l’osservazione del Pubblico Ministero, rispetto alla conversazione tra Calabrese e un’altra persona, ovvero che almeno uno dei dottori sarebbe stato indotto dagli indagati ad attestare falsamente l’assenza di lesioni.

Le intercettazioni rappresentano quindi un elemento cruciale nelle indagini, evidenziando il coinvolgimento degli agenti e i tentativi di nascondere la verità dietro le violenze perpetrate all’interno del carcere di Foggia.

“Lui come ha fatto a risalire a questi colleghi? e si vedeva chiaro però poi quel video è stato cancellato il 22 è stato cancellato…non c’è una prova video..stanno le telecamere…che vuoi fare? Non puoi fare niente…non puoi fare assolutamente niente…meno male che quelli le hanno cancellate perché se non cancellavano il video là qualcosa si vedeva mi ha detto Giovanni che lui le ha viste. Lui il 21 o il 22 è andato a consultare le telecamere e ha notato che c’erano delle scene di violenza”. 

Cronaca

Santa Croce Camerina (RG) | Atti persecutori e violenza privata, denunciati padre e figlio

Nei giorni scorsi, la Polizia di Stato di Ragusa ha preso provvedimenti contro due uomini, un padre di 64 anni e suo figlio di 35, denunciati in stato di libertà per gravi reati. Entrambi sono accusati di atti persecutori, lesioni personali e violenza privata nei confronti di una parente.

L’intervento delle forze dell’ordine è scaturito da segnalazioni di comportamenti minacciosi e aggressivi nei confronti della vittima, che ha subito molestie e violenze da parte dei due uomini. Grazie all’attività di indagine condotta dall’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico, è stato possibile raccogliere prove e testimonianze che hanno portato alla denuncia.

Le autorità locali stanno ora lavorando per garantire la sicurezza della vittima e monitorare la situazione. Questo episodio evidenzia la necessità di interventi rapidi in casi di violenza domestica e atti persecutori, temi che continuano a suscitare preoccupazione nella società. La polizia ha invitato chiunque si trovi in situazioni simili a contattare le forze dell’ordine per ricevere assistenza.

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Basilicata

Marconia di Pisticci | Condotto in carcere albanese già agli arresti domiciliari

La Polizia di Stato di Matera ha arrestato un uomo di 42 anni, di origine albanese e residente a Marconia di Pisticci, in esecuzione di un’ordinanza emessa dall’Ufficio di Sorveglianza di Potenza. Il soggetto era già stato condannato a una pena complessiva di oltre un anno e mezzo per reati legati agli stupefacenti e stava scontando la condanna in detenzione domiciliare.

L’arresto è avvenuto a seguito di una perquisizione eseguita nel mese di agosto. Durante l’operazione, gli agenti della Polizia hanno trovato un individuo con precedenti penali all’interno dell’abitazione dell’albanese, oltre a diverse dosi di hashish e materiale per il confezionamento della sostanza. L’operazione è stata condotta congiuntamente dalla Squadra Mobile e dal Commissariato di P.S. di Pisticci.

Dopo l’arresto, il cittadino albanese è stato trasferito presso il carcere di Matera, dove rimarrà a disposizione dell’autorità giudiziaria. Le indagini sono ancora in fase di accertamento, e si sottolinea l’importanza di rispettare i diritti della persona coinvolta, inclusa la presunzione di innocenza fino a eventuali ulteriori sviluppi legali.

Questo episodio mette in luce la continua lotta delle forze dell’ordine contro il traffico di droga e le violazioni delle normative sulla detenzione, evidenziando l’impegno della Polizia nel mantenere la sicurezza della comunità.

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Calabria

Paola (CS) | Processo “Marlane Bis”: disposta l’archiviazione per gli imputati 

Il gip di Paola, Carla D’Acunzo, ha deciso di archiviare il procedimento riguardante il caso “Marlane Bis”, che coinvolgeva ex dirigenti e impiegati dell’industria tessile Marlane di Praia a Mare, accusati di omicidio colposo e lesioni colpose. Questa decisione implica che non si svolgerà alcun processo per sette individui, tra cui l’attuale proprietario del Gruppo Marzotto.

Le accuse originano da denunce presentate sette anni fa da ex operai e familiari di lavoratori deceduti, che sostenevano che le patologie tumorali riscontrate fossero conseguenti all’esposizione a sostanze chimiche utilizzate nella produzione tessile. Tuttavia, il giudice ha ritenuto che non ci fossero elementi sufficienti per stabilire un nesso diretto tra le malattie e le sostanze in questione, oltre a concludere che non fosse necessario condurre ulteriori indagini.

Il collegio difensivo degli imputati era composto da un gran numero di avvocati, che hanno sostenuto l’innocenza dei loro assistiti. Le accuse di questo secondo procedimento ricalcavano in gran parte quelle del primo, che si era già concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati per reati simili, evidenziando una continuità nei risultati giudiziari.

La vicenda ha sollevato discussioni sul tema della responsabilità delle aziende in relazione alla salute dei lavoratori e sull’uso di sostanze chimiche nelle industrie. Sebbene il processo non si svolgerà, la questione resta di grande rilevanza sociale e giuridica, evidenziando la necessità di un continuo monitoraggio delle condizioni di lavoro e della salute degli operai nel settore tessile.

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