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Politica

Giuli: “L’imitazione di Crozza mi fa sentire più giovane”

Il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, ha recentemente condiviso le sue impressioni riguardo all’imitazione che il comico Maurizio Crozza ha realizzato su di lui. Durante un’intervista a Brucoli con il giornalista Pietro Senaldi, Giuli ha affermato che l’imitazione è così ben realizzata che lo fa sembrare addirittura più giovane, suggerendo che questo tipo di satira possa fargli guadagnare qualche anno in più.

Durante la conversazione, Giuli ha parlato della sua laurea, un progetto che ha preso forma quando era presidente del Maxxi. Tuttavia, ha rivelato di aver vissuto un momento surreale, desiderando persino nascondere il fatto che stesse conseguendo la sua laurea. Ha espresso un sincero apprezzamento per i giornalisti che hanno trovato notizia in questo evento, sottolineando l’importanza della comunicazione in tali circostanze.

Giuli ha anche accennato a una contestazione avvenuta durante il suo percorso accademico, sostenendo che è normale commettere errori a una certa età e che ci si può alzare in ritardo. Riguardo all’esame, ha condiviso che il professore Gaetano Lettieri lo ha messo alla prova in modo rigoroso. Nonostante la pressione, ha ottenuto un punteggio di trenta, evidenziando che una lode sarebbe stata superflua per l’occasione.

Queste dichiarazioni mettono in luce non solo la vita professionale di Giuli, ma anche il suo senso dell’umorismo e la sua riflessione su esperienze personali significative.

Politica

“Licenziamento mascherato da dimissioni: come difendersi tra turni e ferie secondo le nuove regole del governo”

Il recente disegno di legge sul lavoro del governo ha sollevato preoccupazioni tra lavoratori e sindacati, in particolare per l’introduzione di norme che facilitano il licenziamento mascherato da dimissioni. Appropriandosi di una modifica all’articolo 19, il provvedimento stabilisce che, in caso di assenza ingiustificata per più di 15 giorni, il datore di lavoro può considerare interrotto il rapporto di lavoro per volontà del dipendente, senza la necessità di una comunicazione formale.

Questa misura modifica sostanzialmente la legge 151 del 2015, nota come Jobs Act, che aveva reso illegittime le dimissioni in bianco, ovvero quelle firmate all’assunzione e successivamente completate dal datore. Secondo le opposizioni, la nuova norma rischia di comprimere i diritti dei lavoratori, poiché, in caso di contenzioso, sarà quest’ultimo a dover dimostrare di non aver volontariamente abbandonato il lavoro, rischiando di perdere l’accesso alle indennità di disoccupazione, come la Naspi.

I sostenitori del provvedimento affermano che l’obiettivo è contrastare il fenomeno delle assenze prolungate finalizzate a ottenere licenziamenti e accedere alle indennità. Tuttavia, molti esperti avvertono che questa “cura” potrebbe risultare peggiore della malattia, poiché costringerebbe i lavoratori a doversi difendere da accuse ingiustificate.

La legge colpisce in particolare i lavoratori impiegati in piccole aziende o in contesti lavorativi meno formali, dove le comunicazioni avvengono spesso verbalmente o tramite messaggi informali. In tali situazioni, un semplice “stai a casa” potrebbe trasformarsi in un’assenza che il datore di lavoro interpreta come dimissioni. Questo scenario crea un ambiente di lavoro precario e vulnerabile, dove i diritti dei lavoratori sono ulteriormente a rischio.

Il giuslavorista Bartolo Mancuso ha evidenziato l’importanza di avere sempre una traccia scritta di ogni comunicazione con il datore di lavoro, suggerendo di confermare per iscritto ogni richiesta di chiarimenti sui turni di lavoro o sulle ferie. In questo modo, anche in caso di controversie, il lavoratore avrebbe maggiore possibilità di difendersi.

In sintesi, la riforma del lavoro proposta dal governo ha destato preoccupazioni diffuse, poiché molti la percepiscono come un tentativo di alleggerire le responsabilità dei datori di lavoro a scapito dei diritti dei lavoratori, creando una situazione di maggiore precarietà e vulnerabilità per chi è impiegato in contesti di lavoro informali.

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Cultura

Forza Italia propone la legge sullo Ius Scholae: “Cittadinanza italiana dopo 10 anni di scuola dell’obbligo”

Durante un recente intervento, Antonio Tajani, ministro degli Esteri e coordinatore nazionale di Forza Italia, ha presentato una proposta di legge riguardante lo Ius Scholae, un modello che punta a facilitare l’ottenimento della cittadinanza italiana per giovani stranieri che hanno seguito un percorso educativo in Italia. Tajani ha sottolineato l’importanza di una solida preparazione culturale, affermando che chi aspira alla cittadinanza deve possedere una conoscenza approfondita della lingua italiana, della storia e della Costituzione. L’obiettivo è quello di garantire una vera integrazione nella società.

La proposta, ribattezzata “Ius Italiae”, consentirebbe agli stranieri nati in Italia, o arrivati entro il quinto anno di età, di ottenere la cittadinanza al termine di un ciclo scolastico di dieci anni, a condizione che abbiano completato con successo il percorso formativo obbligatorio. La domanda di cittadinanza potrebbe essere presentata da un genitore al compimento dei 16 anni, o autonomamente dal giovane al raggiungimento della maggiore età.

Tajani ha inoltre specificato che questa proposta non mira a essere permissiva né a incoraggiare l’immigrazione illegale, ma a basarsi su serietà e diritti. Il ministro ha ribadito l’importanza di un approccio rigoroso nella gestione delle pratiche di cittadinanza, affermando che “diventare cittadino italiano è una cosa seria”.

Un altro punto centrale della proposta è la limitazione del principio dello ius sanguinis. In futuro, la cittadinanza potrà essere trasmessa fino ai bisnonni, eliminando la possibilità di estendere il diritto ai discendenti di italiani nati all’estero dopo il bisnonno. Questo cambiamento mira a evitare abusi legati alla cittadinanza e a prevenire che questa venga vista come un “business”.

La proposta prevede inoltre un aumento delle tariffe per le pratiche di cittadinanza per gli oriundi italiani, con i Comuni che potranno richiedere fino a 600 euro per gestire le pratiche. I tempi di attesa per le domande di cittadinanza tramite matrimonio o residenza saranno ridotti a un anno, con una proroga massima di sei mesi, garantendo così una maggiore efficienza nel processo.

Tajani ha chiarito che la proposta non è volta a penalizzare alcun gruppo, ma piuttosto a risolvere questioni aperte sul tema dell’acquisizione della cittadinanza. Prima della sua presentazione ufficiale in Parlamento, il testo sarà discusso con gli alleati della coalizione di governo per una valutazione congiunta.

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Politica

L’ intervento di Orban a Pontida

A Pontida, il primo ministro ungherese Viktor Orbán è stato accolto con entusiasmo dal pubblico, che lo ha applaudito calorosamente durante il suo intervento. Sul palco insieme a Matteo Salvini, Orbán ha lodato il leader della Lega, definendolo “un eroe” per aver chiuso i confini italiani e difeso non solo l’Italia, ma anche l’Europa dall’immigrazione irregolare. “Meriterebbe una onorificenza, non un processo giudiziario,” ha dichiarato il leader ungherese, criticando duramente le azioni legali in corso contro Salvini, definendole una “vergogna.”

Il discorso di Orbán si è poi concentrato sul tema dell’immigrazione, ribadendo la sua posizione di fermezza. Ha affermato che l’Ungheria non consente l’ingresso di migranti illegali, mantenendo il numero di migranti a zero, e che chiunque voglia entrare deve attendere il permesso fuori dai confini nazionali. Ha minacciato che, se l’immigrazione irregolare in Europa dovesse proseguire, l’Ungheria trasferirà i migranti direttamente a Bruxelles, mettendoli davanti agli uffici delle istituzioni europee: “Se li vogliono, che se li tengano!”

Orbán ha anche espresso critiche contro le sanzioni imposte da Bruxelles all’Ungheria per la sua politica migratoria, definendole “una vergogna,” e ha ribadito la sua volontà di difendere la sovranità del Paese. Ha concluso il suo discorso enfatizzando i valori tradizionali della sua nazione, affermando che “in Ungheria il padre è uomo e la madre è donna” e che il Paese continuerà a resistere alle pressioni della sinistra internazionale su questi temi. Secondo Orbán, l’Ungheria è oggi “il Paese più sicuro d’Europa”.

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