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Curiosità

Perchè non soffriamo il solletico se ce lo facciamo soli? E’ tutta colpa del cervelletto

In un mondo sempre più orientato all’autosufficienza e al controllo, c’è un aspetto della nostra esistenza che ci sfugge: il solletico autoindotto. Questo fenomeno, apparentemente semplice, nasconde complessità sorprendenti che rivelano molto sul funzionamento del nostro cervello e sulla natura umana.

Perché Non Possiamo Solleticarci da Soli?

Il solletico è una reazione che coinvolge il cervelletto, una parte del cervello responsabile del coordinamento motorio e dell’elaborazione delle sensazioni tattili. Quando tentiamo di solleticarci, il cervelletto riconosce che il tocco proviene da noi stessi e inibisce la risposta sensoriale. Questo meccanismo, noto come “inibizione predittiva”, impedisce che le sensazioni autoindotte attivino reazioni esagerate, permettendoci di rispondere solo a stimoli esterni che potrebbero rappresentare un potenziale pericolo.

La Doppia Natura del Solletico: Knismesi e Gargalesi

Il solletico si divide in due categorie principali: la knismesi, un tipo di solletico leggero che può essere autoindotto ma raramente provoca risate, e la gargalesi, un solletico più intenso che scatena risate incontrollabili. Mentre la knismesi può servire come un semplice avviso sensoriale, la gargalesi, spesso associata all’interazione sociale e al gioco, non può essere autoindotta, evidenziando ulteriormente come il nostro cervello filtri e moduli le sensazioni per concentrarsi su ciò che è rilevante.

Un Meccanismo Evolutivo di Difesa

Dal punto di vista evolutivo, la nostra incapacità di solleticarci potrebbe essere un adattamento per evitare risposte inutili a stimoli autoindotti, conservando l’energia per reagire a veri segnali di pericolo esterno. Il solletico, inoltre, può aver avuto un ruolo nello sviluppo delle interazioni sociali, contribuendo a rafforzare i legami tra individui attraverso il gioco e la risata.

Implicazioni per la Ricerca e la Medicina

Capire come il cervelletto gestisce la percezione del solletico può avere importanti implicazioni cliniche. Ad esempio, per le persone affette da disturbi del movimento o della coordinazione, studiare questi meccanismi potrebbe portare a nuove terapie mirate. Inoltre, approfondire la conoscenza delle variazioni nella funzione cerebellare potrebbe offrire nuove prospettive per trattamenti personalizzati, migliorando la qualità della vita dei pazienti con disfunzioni neurologiche.

Il Fascino del Mistero Umano

Il solletico autoindotto rappresenta un paradosso affascinante, un piccolo mistero che ci ricorda le limitazioni della nostra volontà e del nostro controllo. In un’epoca in cui tutto sembra a portata di mano, sapere che ci sono ancora aspetti della nostra esistenza che non possiamo dominare può essere confortante. È un promemoria della complessità del nostro cervello e della natura umana, che, nonostante tutte le nostre conoscenze, conserva ancora la capacità di sorprenderci.

Curiosità

SAI CHE…E’ importantissimo respirare col naso? Ecco perchè

Respirare con il naso è importante: prima di arrivare ai polmoni, l’aria che entra nelle narici viene filtrata, umidificata e termoregolata in modo da raggiungere la temperatura di 35 gradi, ideale per la funzionalità respiratoria e polmonare e tutto questo avviene proprio grazie alla specifica struttura del naso. Durante l’inspirazione, i piccoli peli che si trovano all’interno delle narici e il sistema mucociliare simulano il rilascio di molecole antibatteriche, una vera e propria barriera protettiva che abbatte la carica di polveri e batteri presenti nell’aria prima che arrivi agli alveoli polmonari.

Sono alcuni dei temi trattati dall’otorinolaringoiatra Giovanni Felisati, intervistato da Marco Klinger, per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress. “E’ importante respirare col naso perchè l’aria che noi respiriamo viene termoregolata dalle strutture nasali e quindi arriva in migliori condizioni ai bronchi, che necessitano di avere un’aria filtrata e termoregolata. Ma il naso serve anche perchè ha una funzione estetica al centro della faccia, ha una funzione olfattiva che oggi è sempre più importante, ha una funzione di difesa perchè fa da filtro”.

Respirare con la bocca, “ad esempio per un bambino, determina un’alterazione di sviluppo del palato. Ma tutti noi respirando male, viviamo male: probabilmente abbiamo un cattivo sonno e una cattiva qualità della vita”, ha spiegato. “Un naso che sta bene deve essere una via di mezzo fra un tunnel in cui l’aria passa completamente libera e un termosifone. Dobbiamo volere che il nostro naso respiri bene, per avere una migliore qualità della vita e anche in prospettiva per avere una longevità sana”.

Può succedere che, col passare dell’età, una persona possa respirare peggio? “Sulla respirazione ci sono tante cose che possono impattare, l’unica soluzione è capire dov’è il problema”, ha sottolineato. Sulle abitudini quotidiane, “oggi si parla sempre di più dei lavaggi nasali: non credo che tutti si debbano lavare il naso, però quando c’è un problema tenerlo pulito è una buona cosa e, se c’è un’allergia, bisogna curarlo. Se invece ci sono delle anomalie anatomiche, forse la chirurgia è meglio farla prima e non dopo”.

– Fonte foto: Freepik –

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Curiosità

Sai quale parte del Cervello Stimola la Curiosità?

Un team di ricercatori della Columbia University ha fatto una scoperta significativa riguardo alla curiosità umana, identificando per la prima volta le aree del cervello coinvolte in questo fondamentale impulso. Utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fMRI), gli scienziati hanno analizzato i livelli di ossigeno nelle diverse regioni cerebrali per misurare l’attività durante l’esperimento.

Durante lo studio, 32 partecipanti hanno osservato immagini distorte di oggetti e animali familiari, chiamate texforms, e hanno valutato la loro curiosità e fiducia nell’identificazione di tali immagini. Incrociando le valutazioni dei partecipanti con le scansioni fMRI, i ricercatori hanno identificato un’attività significativa in tre aree principali del cervello:

  1. Corteccia Occipitotemporale: Associata alla visione e al riconoscimento.
  2. Corteccia Prefrontale Ventromediale (vmPFC): Coinvolta nella percezione di valore e fiducia.
  3. Corteccia Cingolata Anteriore: Responsabile della raccolta di informazioni.

La vmPFC svolge un ruolo cruciale come “ponte” tra la certezza percepita dalla corteccia occipitotemporale e la sensazione di curiosità, agendo come un grilletto che stimola il desiderio di esplorare. I ricercatori hanno osservato che maggiore era l’incertezza sui soggetti mostrati, maggiore era la curiosità dei partecipanti. Questo suggerisce che l’input percettivo viene elaborato attraverso rappresentazioni neurali fino a evocare curiosità.

La scoperta non solo aiuta a comprendere meglio il funzionamento del cervello umano, ma potrebbe anche facilitare lo sviluppo di terapie per condizioni come la depressione cronica, dove la curiosità e l’esplorazione sono spesso compromesse. I ricercatori sono interessati ad esplorare ulteriormente la curiosità generale, sociale e scientifica, approfondendo le sue origini biologiche e i suoi effetti sul comportamento umano.

Jacqueline Gottlieb, neuroscienziata coinvolta nello studio, sottolinea che la curiosità umana ha “origini biologiche profonde” e che “quello che distingue la curiosità umana è la nostra spinta a esplorare molto più ampiamente rispetto ad altri animali, spesso solo per il piacere di scoprire.”

Questa ricerca offre nuove prospettive sul modo in cui la curiosità emerge e viene stimolata, con potenziali applicazioni nel miglioramento della nostra comprensione della mente umana e nella creazione di interventi terapeutici mirati.

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Curiosità

LO SAI CHE…Beethoven perse l’udito a causa del…vino

L’analisi di due ciocche di capelli del compositore Ludwig van Beethoven ha rivelato livelli estremamente alti di piombo, una sostanza presente nel vino che egli beveva, presumibilmente consumando una bottiglia al giorno. Questo avvelenamento da piombo probabilmente ha contribuito alla perdita dell’udito e ai problemi di salute che Beethoven ha sperimentato durante la sua vita.

Uno studio recente, condotto da ricercatori della Mayo Clinic e di Harvard, ha esaminato attentamente due ciocche di capelli autenticati appartenenti a Beethoven. Utilizzando la spettrometria di massa, gli studiosi hanno confermato la presenza di livelli significativamente elevati di piombo nelle ciocche, oltre ai livelli aumentati di arsenico e mercurio. Questi risultati suggeriscono che il compositore potesse avere nel suo sangue livelli di piombo sufficientemente alti da causare disturbi gastrointestinali, renali e riduzione dell’udito, ma non abbastanza da essere una causa diretta della sua morte.

È noto che Beethoven fosse un grande consumatore di vino, bevendo approssimativamente una bottiglia al giorno. Tuttavia, il vino dell’epoca era spesso conservato in recipienti contenenti piombo, e Beethoven, come molti altri, usava il diacetato di piombo per addolcire il vino. Questa pratica potrebbe aver contribuito all’avvelenamento da piombo che ha afflitto il compositore.

Sebbene sia chiaro che Beethoven abbia sofferto a causa dell’avvelenamento da piombo, la causa esatta della sua morte rimane oggetto di dibattito. Alcune prove suggeriscono che potrebbe essere stata influenzata dalla sua presunta epatite B, una malattia per la quale aveva fattori di rischio genetici, insieme all’abuso di alcolici. Questo potrebbe aver contribuito alla cirrosi epatica diagnosticata al momento della sua morte.

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