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Curiosità

La Storia di Sabrina Cohen-Hatton: Da Senzatetto a Consulente del Principe William

La vita può cambiare in un attimo. Sabrina Cohen-Hatton ne è un esempio lampante: ex senzatetto, oggi è consulente del principe William. A causa di problemi familiari, Sabrina, 40 anni, ha vissuto per strada ma è riuscita a trasformare la sua vita diventando un capo dei vigili del fuoco e consulente del primogenito di Re Carlo, contribuendo a supportare gli homeless. La sua storia ha attirato l’attenzione dei media britannici durante il primo anno del progetto Homewards, lanciato dall’erede al trono.

L’11 luglio, durante una cerimonia a Londra, il principe William ha ricordato lo spirito dell’iniziativa, sottolineando che è possibile porre fine al disagio dei senzatetto offrendo loro nuove opportunità, come fa la sua organizzazione. “Ho creato Homewards perché volevo che guardassimo il problema dei senzatetto attraverso una lente diversa”, ha spiegato il principe, ringraziando coloro che hanno collaborato al progetto, inclusa Cohen-Hatton, che è diventata una delle principali promotrici grazie alla sua esperienza personale.

“Ora sono seduta davanti a voi con un lavoro, una casa, una famiglia e un dottorato di ricerca”, ha dichiarato Sabrina in un’intervista alla BBC. Tuttavia, dopo la morte del padre, ha trascorso alcuni anni da adolescente vivendo per strada, guadagnandosi qualche sterlina vendendo la rivista ‘Big Issue’, creata per aiutare i senza fissa dimora. Successivamente, è entrata nei vigili del fuoco in Galles, si è laureata e ha scalato i gradi dei pompieri fino a occupare incarichi di comando nella London Fire Brigade.

Cohen-Hatton ha raccontato di aver spiegato al principe William i numerosi ostacoli incontrati lungo il suo cammino e come è riuscita a superarli. William, da parte sua, le ha mostrato molta “empatia”, ha detto la “chief fire officer”, empatia che riflette le esperienze personali del principe. Infatti, la madre di William, Diana, lo portava da bambino a visitare rifugi per i senzatetto, aiutandolo a vedere oltre la vita di corte.

Curiosità

SAI PERCHE’…i Francesi prima hanno inventato il bidè e poi hanno smesso di usarlo?

Quando si viaggia all’estero, gli italiani spesso controllano subito se nelle stanze da bagno è presente un bidè. Questo apparecchio, considerato un simbolo di civiltà igienica, ha origini affascinanti e una storia complessa che spiega perché, nonostante la sua invenzione sia accreditata alla Francia, oggi non sia più così comune nei bagni parigini.

La Nascita del Bidè

Il bidè nasce in Francia nel periodo del Medioevo, ma i primi documenti lo descrivono come un’apparecchiatura usata nel XVIII secolo. Il termine “bidè”, che in francese indica un pony, riflette la forma originaria dell’apparecchio: una vaschetta sostenuta da quattro gambe su cui ci si sedeva a cavalcioni per lavarsi. La sua evoluzione lo portò a diventare un elemento di lusso nelle dimore nobiliari e alto-borghesi.

Il primo esempio documentato di bidè è datato 1726, situato nella casa di Madame De Prie, amante di Luigi-Enrico di Borbone-Condé. Inoltre, nel 1790, l’artista Louis-Léopold Boilly lo dipinse in uno dei suoi ritratti. Nonostante queste origini aristocratiche, il bidè non si diffuse subito come apparecchio comune.

L’Accoglienza e la Resistenza

Nel XVIII e XIX secolo, il bidè incontrò resistenze culturali e sanitarie. L’idea che l’acqua portasse malattie era prevalente tra i nobili, portandoli a evitare il bagno quotidiano. Inoltre, la diffusione del bidè nei bordelli francesi lo legò a una connotazione negativa, associandolo a pratiche immorali, soprattutto nei contesti religiosi e protestanti. Questa associazione influenzò negativamente la percezione del bidè nei paesi anglosassoni e germanici, dove rimane una rarità.

Tuttavia, con l’invenzione dei primi impianti idrici domestici nel XIX secolo, il bidè cominciò a diventare un apparecchio fisso e a diffondersi lentamente in Europa e in altre parti del mondo, come il Sudamerica e il Medio Oriente.

La Diffusione Post-Bellica e l’Obbligatorietà

La vera diffusione del bidè si verificò dopo la Seconda Guerra Mondiale, con il boom economico che portò alla modernizzazione delle abitazioni. In Italia e Portogallo, l’installazione del bidè divenne obbligatoria per legge, con la funzione di garantire standard igienico-sanitari più elevati. In Italia, questa norma è ancora in vigore grazie al decreto ministeriale del 1975.

L’Abbandono in Francia

Contrariamente all’Italia, la Francia ha visto un progressivo declino dell’uso del bidè dagli anni ’70, in particolare nelle grandi città come Parigi. Questo cambiamento è stato motivato dalla necessità di ottimizzare lo spazio e ridurre i costi. Sebbene il bidè sia meno comune oggi, continua a essere presente e utilizzato in alcune case, sebbene in misura molto minore rispetto al passato.

Il Presente e il Futuro

Oggi, il bidè trova varianti moderne come i wc ibridi e i washlet in paesi come il Giappone, che hanno sostituito o integrato l’apparecchio tradizionale con soluzioni più avanzate. In Francia, nonostante la sua diminuzione d’uso, il bidè rimane comunque più diffuso rispetto ad altre nazioni come la Germania, il Regno Unito e gli Stati Uniti, dove il suo utilizzo è estremamente raro e in fase di crescita solo in alcuni ambiti.

Il viaggio del bidè dalla Francia all’Italia e oltre è una testimonianza delle variazioni culturali e delle diverse priorità igieniche nel tempo. Mentre gli italiani lo considerano un elemento essenziale, la sua presenza e uso variano notevolmente a livello globale, riflettendo le peculiarità e le evoluzioni delle abitudini di vita e delle percezioni sanitarie.

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Curiosità

SAI CHE…Davanti alla tv mangi molto di più?

Se anche voi siete soliti cenare di fronte alla TV, è bene fare attenzione. I nutrizionisti sconsigliano vivamente di mangiare guardando la televisione, o qualsiasi altro schermo come quello del computer o del cellulare. Questo perché è facile finire per consumare più cibo del necessario, il che non è certo salutare se si è a dieta o si desidera mantenere la forma fisica.

Il motivo è semplice: quando si mangia davanti alla TV, si tende ad assumere più calorie del necessario prima che il cervello riesca a ricevere il segnale di sazietà, il che avviene solitamente dopo circa 20 minuti. Questa conclusione è stata confermata da un team di ricercatori dell’Università di Birmingham (UK), che ha esaminato i risultati di 24 studi su questo argomento. Mangiare distrattamente mentre si guarda la TV fa sì che si presti poca attenzione a quanto si sta ingerendo.

Inoltre, c’è un altro aspetto da considerare: se si mangia senza concentrarsi sul cibo, è meno probabile ricordare esattamente quanto si è consumato, il che può portare a un eccesso di cibo durante il resto della giornata.

Al contrario, mangiare concentrandosi completamente sul cibo ha l’effetto opposto: uno studio condotto dall’Università della British Columbia (Canada) ha dimostrato che concentrarsi sul piacere del cibo, apprezzandone gusto, odore e consistenza, porta a consumare meno cibo e a soddisfarsi anche con porzioni più piccole.

Insomma, cenare davanti alla TV non è solo una cattiva abitudine, ma può anche influenzare negativamente la nostra salute e il nostro peso. È consigliabile provare a mangiare senza distrazioni per apprezzare appieno il cibo e favorire una corretta gestione del peso.

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Curiosità

La “Sindrome di Parigi”: Un Disturbo Psicosomatico Raro ma Reale

La “sindrome di Parigi”, nota in giapponese come パリ症候群 (Pari shōkōgun), è una condizione psicosomatica che colpisce alcuni visitatori della capitale francese, specialmente i turisti giapponesi. Sebbene possa sembrare un concetto bizzarro, questo disturbo è stato studiato e documentato, con manifestazioni e sintomi ben definiti.

Cos’è la Sindrome di Parigi?

La sindrome di Parigi si manifesta attraverso sintomi di forte malessere psicofisico, tra cui nausea, senso di smarrimento e oppressione. I pazienti possono provare una sensazione di disorientamento e ansia, che può intensificarsi fino a diventare debilitante. Questo disturbo è stato osservato principalmente tra i turisti giapponesi che, pur avendo grandi aspettative sulla città, si trovano a confrontarsi con una realtà che non soddisfa le loro aspettative ideali.

Origini e Studio

Il termine “sindrome di Parigi” fu coniato nel 1986 dal medico giapponese Hiroaki Ota, che all’epoca lavorava in Francia. Ota descrisse la sindrome come una condizione unica che colpiva i visitatori giapponesi. Successivamente, il dottor Youcef Mahmoudia dell’Hôtel-Dieu di Parigi approfondì il lavoro di Ota, definendo la sindrome come una manifestazione di psicopatologia legata al viaggio, piuttosto che un disturbo specifico.

Nel 2004, la rubrica di psicologia Nervure documentò 63 casi di sindrome di Parigi tra i turisti giapponesi, tutti tra i 20 e i 65 anni. Questi casi rivelarono un pattern comune di sintomi e disagi psicofisici, spesso legati a una delusione rispetto alle aspettative create da immagini idealizzate di Parigi.

Cause e Fattori Contributivi

Le cause della sindrome di Parigi sono diverse, ma due principali fattori contribuiscono a questo disturbo:

  1. Shock Culturale: I turisti giapponesi possono sperimentare uno shock culturale, un termine coniato dall’antropologa Ruth Benedict per descrivere il malessere che molti viaggiatori provano quando si confrontano con culture significativamente diverse dalla loro. I giapponesi tendono a comunicare con calma e razionalità, mentre i francesi sono noti per la loro comunicazione diretta e vivace. Questa differenza può risultare sconvolgente per i visitatori, generando sentimenti di disagio.
  2. Soddisfazione delle Aspettative: Molti giapponesi arrivano a Parigi con aspettative idealizzate, influenzate da film, libri e altre rappresentazioni culturali. Quando si confrontano con aspetti meno idilliaci della città, come la sporcizia o la percepita maleducazione, possono sentirsi profondamente delusi e disorientati.

Tratti Comuni dei Pazienti

Le ricerche psichiatriche hanno identificato alcuni tratti comuni tra i soggetti affetti dalla sindrome di Parigi. La maggior parte dei pazienti sono molto sensibili e appassionati delle bellezze artistiche e culturali di Parigi. Molti di loro sono artisti, scrittori o studenti di belle arti. Inoltre, spesso hanno una storia pregressa di disturbi psicologici o fisici, come ansia, tachicardia e sudorazione eccessiva.

Misure di Supporto

Per aiutare i turisti giapponesi che soffrono della sindrome di Parigi, l’ambasciata giapponese a Parigi ha istituito una linea telefonica di supporto psicologico operativa 24 ore su 24. Questo servizio offre assistenza immediata a chiunque si senta sopraffatto durante il soggiorno.

Conclusione

La sindrome di Parigi, sebbene rara, rappresenta un esempio affascinante di come le differenze culturali possano influenzare il benessere psicologico dei viaggiatori. Mentre alcuni turisti potrebbero sperimentare questo disturbo, le autorità locali e le ambasciate continuano a lavorare per fornire supporto e assistenza a chi ne ha bisogno, garantendo che il viaggio possa essere una fonte di gioia piuttosto che di stress.

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