Cronaca

Collezionisti condannati a un anno per aver modificato un Ferrari

Hanno assemblato la carrozzeria di una Ferrari meno esclusiva sul telaio di una prestigiosa Testa Rossa, la 250 Gt Berlilnetta passo corto, e tramite una serie di pratiche “validate” hanno ottenuto un certificato di rilevanza storica dall’Automotoclub Storico Italiano (ASI). Più che una Ferrari, era una sorta di imbroglio che, venduta come una 250 Gt, avrebbe potuto fruttare milioni di euro.

Ma non sono stati incriminati per questo stratagemma due collezionisti di auto d’epoca, bensì per il reato di falsificazione di documenti, danneggiando così la pubblica fiducia. In altre parole, per aver alterato i documenti.

Un ex pilota amatoriale belga di 42 anni e il suo collaboratore italiano sono stati condannati questa mattina, giovedì 16 maggio, davanti alla giudice Maria Chiara Lombardo, a un anno di reclusione con sospensione della pena e senza registrazione nel casellario giudiziale.

L’indagine è partita da un’operazione del nucleo di polizia economico-finanziaria di Ferrara. I finanzieri hanno notato che il certificato della presunta 250 Gt si basava su informazioni false: il telaio recava l’iscrizione “Ferrari GT”, ma le foto inviate al club di Torino mostravano una carrozzeria di un modello molto meno costoso, valutato intorno ai 400 mila euro, rispetto ai 20 milioni della berlinetta prodotta tra il 1960 e il 1963.

Durante un controllo fiscale di routine in Liguria, i finanzieri hanno scoperto l’inganno notando una discrepanza tra il numero di telaio nei database e l’auto fotografata. Di conseguenza, il club ha revocato il certificato, e oggi il giudice ha ordinato la sua cancellazione definitiva.

Il procuratore Alessandro Aghemo ha accusato i due imputati di tre falsificazioni: la prima per ingannare il funzionario dell’ASI, e le altre due per ingannare i funzionari della Motorizzazione di Imperia. Per questo, aveva richiesto una condanna a un anno e mezzo di reclusione.

Gli avvocati della difesa, Stefano Massè e Filippo Disanto, hanno sostenuto che si trattasse di un malinteso: l’indagato avrebbe acquistato il telaio della Ferrari più costosa con l’iscrizione “250 GT” in francese e poi avrebbe montato la scocca del modello meno costoso, la 330, come era prassi comune tra i ricchi degli anni Sessanta.

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