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Calabria

Taurianova (RC) | La storia dell’omicidio di Agostino Ascone: arrestati moglie e amante

La scomparsa di Agostino Ascone, un imprenditore agricolo di Amato di Taurianova, avvenuta nel dicembre 2021, ha rivelato contorni oscuri e tragici. Contrariamente all’ipotesi di un’allontanamento volontario, emerge ora che Ascone è stato attratto in una trappola e fatto sparire deliberatamente. La moglie, Ilaria Sturiale, 31 anni, e il suo amante, Antonio Figliuzzi, 51 anni, sono stati riconosciuti colpevoli di questo vile crimine e condannati all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Palmi. Giuseppe Trapasso, 31 anni, ritenuto complice dei due principali responsabili, è stato condannato a 24 anni e 6 mesi di reclusione.

Ascone, all’epoca della sua scomparsa, aveva 36 anni. La ricerca di indizi ha coperto un vasto territorio, inclusa la foce e l’alveo del fiume Mesima. L’accusa sostiene che Ascone sia caduto vittima di un’aggressione pianificata. Figliuzzi e Trapasso avrebbero simulato un guasto alla sua auto, ingannandolo e conducendolo a una tragica fine. Grazie alle telecamere di un ristorante e al sistema GPS dell’auto di Ascone, gli investigatori hanno ricostruito gli ultimi momenti della sua vita. Si è appreso che la vittima si era allontanata con il suo veicolo in direzione di Rosarno, dove poi è scomparsa. Si presume che Figliuzzi, con il consenso della moglie di Ascone e l’aiuto di Trapasso, abbia riportato l’auto vicino alla residenza dell’imprenditore ad Amato di Taurianova.

A seguito dell’arresto avvenuto nell’aprile 2022, emergono ulteriori elementi inquietanti. Durante un confronto con la cognata e i familiari del marito, Ilaria Sturiale avrebbe minacciato: “Ti faccio squagliare nell’acido dai rosarnesi”. Figliuzzi, con precedenti penali legati alla mafia, è associato alla cosca di ‘ndrangheta dei Bellocco di Rosarno ed era coniugato con una testimone di giustizia, Maria Concetta Cacciola, morta nel 2011 per aver ingerito dell’acido. Nel corso del processo, Figliuzzi ha confessato e ha fornito una sua versione dei fatti. Ha raccontato di un violento scontro con Ascone e di aver sparato alla vittima. Tuttavia, nonostante i suoi tentativi di minimizzare il coinvolgimento della compagna, entrambi sono stati condannati all’ergastolo.

Calabria

Paola (CS) | Processo “Marlane Bis”: disposta l’archiviazione per gli imputati 

Il gip di Paola, Carla D’Acunzo, ha deciso di archiviare il procedimento riguardante il caso “Marlane Bis”, che coinvolgeva ex dirigenti e impiegati dell’industria tessile Marlane di Praia a Mare, accusati di omicidio colposo e lesioni colpose. Questa decisione implica che non si svolgerà alcun processo per sette individui, tra cui l’attuale proprietario del Gruppo Marzotto.

Le accuse originano da denunce presentate sette anni fa da ex operai e familiari di lavoratori deceduti, che sostenevano che le patologie tumorali riscontrate fossero conseguenti all’esposizione a sostanze chimiche utilizzate nella produzione tessile. Tuttavia, il giudice ha ritenuto che non ci fossero elementi sufficienti per stabilire un nesso diretto tra le malattie e le sostanze in questione, oltre a concludere che non fosse necessario condurre ulteriori indagini.

Il collegio difensivo degli imputati era composto da un gran numero di avvocati, che hanno sostenuto l’innocenza dei loro assistiti. Le accuse di questo secondo procedimento ricalcavano in gran parte quelle del primo, che si era già concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati per reati simili, evidenziando una continuità nei risultati giudiziari.

La vicenda ha sollevato discussioni sul tema della responsabilità delle aziende in relazione alla salute dei lavoratori e sull’uso di sostanze chimiche nelle industrie. Sebbene il processo non si svolgerà, la questione resta di grande rilevanza sociale e giuridica, evidenziando la necessità di un continuo monitoraggio delle condizioni di lavoro e della salute degli operai nel settore tessile.

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Calabria

Crotone | 31 arresti e dinamiche interne della ‘Ndrangheta allo scoperto

I Carabinieri del Comando Provinciale di Crotone, con il supporto delle unità di Catanzaro, Vibo Valentia, Cosenza e dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria, hanno eseguito un’importante operazione antimafia, portando all’arresto di 31 persone. Il provvedimento cautelare, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA), prevede per 15 indagati la custodia cautelare in carcere, per 7 gli arresti domiciliari e per 9 l’obbligo di dimora. Gli individui coinvolti sono accusati di vari reati, tra cui associazione mafiosa, estorsione, usura, traffico di stupefacenti e reati legati alle armi e agli esplosivi.

Le indagini, avviate nell’ottobre del 2020 a seguito di un episodio estorsivo nei confronti di un imprenditore di Cutro, hanno progressivamente rivelato le dinamiche interne alla ‘ndrangheta nella zona di Cutro, con particolare riferimento alla famiglia Martino, legata al boss Nicolino Grande Aracri. Questa famiglia, attiva dopo l’arresto del boss, si contrappone alla cosca Ciampà-Dragone, tentando di affermarsi come un gruppo autonomo all’interno della ‘ndrangheta.

L’inchiesta si inserisce nel solco delle precedenti operazioni antimafia “Kyterion” e “Aemilia”, trovando conferme anche nelle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia. Gli investigatori hanno documentato l’esistenza di una rete di traffico di droga che operava principalmente lungo la direttrice Cutro-Cosenza-Catanzaro, con particolare attenzione al capoluogo calabrese. I proventi delle attività criminali servivano a sostenere economicamente gli affiliati e le famiglie dei detenuti.

L’indagine ha messo in luce il controllo capillare del territorio attraverso intimidazioni, estorsioni ai danni di imprenditori e attività usuraie. Sono stati inoltre scoperti due sequestri di armi avvenuti nel 2021 e nel 2022, confermando la disponibilità di armamenti da parte degli indagati. Anche le intercettazioni telefoniche e ambientali, unitamente alle operazioni di pedinamento e osservazione, hanno giocato un ruolo cruciale nella raccolta di prove.

Durante l’esecuzione delle misure cautelari, sono state condotte perquisizioni personali e domiciliari nei confronti degli indagati, aggiungendo ulteriori elementi all’inchiesta in corso.

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Calabria

Reggio Calabria | Sgominata organizzazione dedita al furto di macchine operatrici e attrezzature da cantiere

Un’importante operazione condotta dalla Polizia Stradale di Reggio Calabria ha portato all’esecuzione di nove misure cautelari nei confronti di un gruppo accusato di associazione per delinquere finalizzata al furto di macchine operatrici e veicoli commerciali. Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica locale, hanno rivelato un’ampia rete di furti e rivendita di attrezzature rubate in vari paesi dell’Est Europa e del Nord Africa.

Le indagini sono partite da un furto avvenuto nel novembre 2018, quando una macchina operatrice è stata sottratta da un cantiere per i lavori di ristrutturazione dell’Autostrada A2. Successivamente, il veicolo è stato ritrovato a Reggio Calabria all’interno di un autocarro rubato. Nel corso degli anni, altri furti simili hanno coinvolto diverse attrezzature, inclusi mezzi di proprietà comunale, evidenziando un modus operandi sistematico.

Grazie a tecniche investigative avanzate, gli agenti hanno identificato un gruppo criminoso responsabile di circa 80 furti, che ha operato non solo in Calabria, ma anche in Toscana ed Emilia Romagna, accumulando un valore complessivo dei beni rubati di oltre 1,7 milioni di euro.

Il Giudice per le Indagini Preliminari ha accolto la richiesta di misure cautelari, ordinando la custodia domiciliare per i nove indagati, mentre altre 40 persone sono state segnalate come coinvolte nell’attività criminale. L’operazione ha visto il coinvolgimento di circa 50 agenti della Polizia Stradale e delle Squadre di Polizia Giudiziaria di diverse province, dimostrando l’impegno delle forze dell’ordine nella lotta contro il crimine organizzato.

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