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Calabria

Parla il pentito Mirarchi: I voti dei clan per Bova e le risse per convincere pagare il pizzo

Il collaboratore di giustizia Santo Mirarchi sostiene di aver raccolto voti ad Arturo Bova, ‘ndranghetista catanzarese che, dicono le sentenze, era il referente della cosca Arena di Isola Capo Rizzuto nel capoluogo calabrese, avrebbe fatto la campagna elettorale all’ex presidente della commissione regionale anti ‘ndrangheta Arturo Bova. L’avvocato ed ex sindaco di Amaroni gli avrebbe chiesto di raccogliere voti per lui nella comunità rom di Catanzaro Lido.”

“Ombre sulle elezioni regionali del novembre 2014 si addensano spulciando tra le carte dell’inchiesta della Dda di Catanzaro che nei giorni scorsi ha portato all’operazione Scolacium, con cui i carabinieri hanno disarticolato le cosche di Borgia e Vallefiorita. Mirarchi parla di un pranzo tra esponenti dei clan al quale avrebbe partecipato Bova, nell’estate 2015. Con lui c’era Nico Gioffrè, che sarebbe stato il referente della cosca Grande Aracri di Cutro a Catanzaro, e uomini “d’onore” della fascia jonica come Luciano Babbino, Salvatore Danieli (poi pentitosi), l’imprenditore Pino Lobello, un certo “Ciccio” con occhiali scuri e Bova. Mirarchi precisava perfino la disposizione dei posti alla “tavolata”. Capotavola Babbino, a destra Gioffrè, a sinistra Bova. Mirarchi sostiene che il discorso verteva sulle pale eoliche e su come “avvicinare” un geometra.”

“La presenza di Bova aveva sorpreso lo stesso Mirarchi che non riusciva a capire perché l’avvocato fosse là, come spiega al procuratore Vincenzo Capomolla. Mirarchi chiese a Gioffrè, che rispose di far finta di non aver visto nulla. «Ti ho portato io, tu non ci dovevi essere». In un altro contesto, Gioffrè gli avrebbe spiegato che se il “lavoro” delle pale eoliche fosse andato in porto si sarebbero «sistemati tutti quanti». Ma torniamo alla “tavolata”, durante la quale Bova pare stesse zitto mentre Gioffrè gli chiedeva: «come dobbiamo fare per arrivare al geometra?». Bova ascoltava ma non parlava, mentre Mirarchi si chiedeva: «che c’entra lui in questa situazione?».Lo stesso Mirarchi ha fatto rivelazioni agli inquirenti sui danneggiamenti delle auto di Bova. Le auto del noto professionista e politico di Articolo Uno furono incendiate in distinte circostanze nell’aprile 2015 e nel gennaio 2016. L’incarico di bruciarle glielo diede proprio Gioffrè, per fare un “favore” agli “amici della montagna”. Dopo il secondo danneggiamento, Mirarchi e Gioffrè incontrarono Babbino e Turi che si dicevano “sicuri”, secondo il pentito, che Bova avrebbe aderito alle loro richieste.”

“L’obiettivo era sempre avvicinare il “geometra”. Bova, secondo il pentito, avrebbe dovuto chiedere al geometra di fare da tramite con gli estortori per stabilire se il pizzo andava pagato in denaro o in forniture di cemento e servizi. Secondo il pentito, Bova non avrebbe rispettato il patto in un primo momento, ed ecco perché sarebbe scattato il secondo danneggiamento. Mirarchi, che apprendeva tutto da Gioffrè, sostiene anche che ci sarebbe stata la possibilità di ottenere qualche appalto comunale ad Amaroni per le imprese di riferimento del clan, quelle di Costantino Lionetti e Pino Lobello.Inoltre, il pentito svela anche incontri che avrebbe avuto con Bova. «Veniva a trovarmi al capannone dove avevo le bibite… c’era amicizia… cercavo di dargli una mano coi voti». «Mi raccomando, vai là, raccoglimi i voti di tutti gli zingari». Mirarchi aggiunge che Bova avrebbe chiesto voti anche a suo zio Cosimino Abbruzzese detto “’u Tubu”, il capo del clan degli zingari di Catanzaro, che lo avrebbe confermato al pentito: «Diamo una mano all’avvocato Bova che è con noi… per quello che abbiamo bisogno si mette a disposizione». Insomma, «si sarebbe sdebitato, il favore viene contraccambiato se vince, se mai avessimo avuto bisogno pure senza soldi ci difendeva».”

“Anche Maurizio Sabato, altro esponente del clan degli zingari, avrebbe assicurato: «se vi arresta qualcuno chiamatemi a qualunque ora che mi metto a disposizione». Del resto, quando ha raccontato dell’incontro con Bova a suo zio Cosimino, questi non era sorpreso. «Mi disse che ha vinto ad Amaroni grazie a loro». Suo zio Cosimino sapeva anche delle pale eoliche, alla base del movente del danneggiamento, anche se, sostiene sempre Mirarchi, Gioffrè gli aveva voluto far “credere” che le auto furono danneggiate perché il padre del politico, titolare di un frantoio, non pagava più il pizzo da quando il politico era “entrato nell’anti ‘ndrangheta».

In passato il pentito aveva spiegato agli inquirenti anche particolari riferiti ad alcuni episodi di risse, costruite ad arte, con l’obiettivo di convincere i proprietari dei locali a cedere al ricatto dell’estorsione. Mirarchi, secondo il suo racconto, avrebbe utilizzato individui di etnia rom per innescare risse nei locali da Catanzaro Lido fino alle porte di Soverato. In questo modo, i proprietari, per evitare ulteriori episodi di violenza, sarebbero stati costretti a cercare “protezione” presso gli uomini del clan. Una volta ottenuto il pagamento, le risse e le violenze cessavano.

Calabria

Cirò Marina | Chiusura temporanea di un bar “ritrovo” di pregiudicati

Questura di KR

Il Questore di Crotone ha emesso un provvedimento di sospensione per un bar situato a Cirò Marina, che rimarrà chiuso per un periodo di 15 giorni. Questa decisione è scaturita da segnalazioni ricevute dalla Compagnia Carabinieri del comune, che ha evidenziato una problematica persistente: il locale era diventato un ritrovo abituale per individui con precedenti penali.

Le autorità competenti, dopo un’attenta valutazione della situazione, hanno ritenuto necessario intervenire per garantire la sicurezza pubblica. Questo non è il primo provvedimento di chiusura per l’esercizio, già interessato da una sospensione di 7 giorni nel 2022. L’azione mira a prevenire ulteriori problematiche legate alla legalità e alla sicurezza nella comunità.

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Calabria

Sellia Marina (CZ) | Sventata estorsione: metodo del “cavallo di ritorno”

CC Catanzaro

I Carabinieri della Compagnia di Sellia Marina hanno arrestato un giovane di 26 anni di Catanzaro, colto in flagranza di reato per un tentativo di estorsione. Il giovane, in concorso con altri, è accusato di aver cercato di estorcere denaro con il cosiddetto metodo del “cavallo di ritorno”, un sistema criminale che prevede la richiesta di denaro per la restituzione di un bene rubato.

La vicenda ha avuto inizio con il furto di un’auto a Catanzaro Lido, denunciato dal proprietario, un giovane di Sellia Marina. Due giorni dopo il furto, il ladro ha contattato la vittima, offrendosi di “aiutarlo” a recuperare l’auto in cambio di 600 euro in contanti. Il proprietario, collaborando con i Carabinieri, ha accettato l’incontro concordato per lo scambio del denaro.

L’arresto è avvenuto poco dopo la consegna del denaro, quando i militari hanno fermato il sospettato trovandolo in possesso della somma estorta. Il Tribunale di Catanzaro ha convalidato l’arresto, disponendo per il giovane la custodia cautelare in carcere.

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Calabria

Operazione Nemesis: Dieci Arresti per Scambio Elettorale Politico-Mafioso in Calabria

CC KR

In un’importante operazione condotta dai carabinieri del comando provinciale di Crotone, dieci persone sono state arrestate con l’accusa di essere coinvolte in uno scambio elettorale politico-mafioso legato alla ‘ndrangheta. L’operazione, denominata Nemesis, ha portato all’emissione di un’ordinanza cautelare da parte del giudice per le indagini preliminari di Catanzaro su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA).

Tra i soggetti arrestati spicca il sindaco di Casabona, Francesco Seminario, ritenuto legato alla cosca Tallarico. Le indagini hanno rivelato che il sindaco avrebbe ottenuto un ampio sostegno elettorale dalla criminalità organizzata, promettendo in cambio benefici, come l’assegnazione di lavori pubblici. L’operazione ha interessato i comuni di Casabona, Scandale e Strongoli, dove si sono evidenziati segnali di una forte infiltrazione mafiosa nella politica locale.

In totale, otto persone sono state portate in carcere e due sono state poste agli arresti domiciliari. Le accuse mosse nei loro confronti includono anche associazione per delinquere di tipo mafioso e furto aggravato. Le indagini hanno dimostrato l’attività operativa della ‘ndrina di Casabona, collegata a vari gruppi criminali della regione, dedicata a traffici illeciti e alla gestione di affari legati al narcotraffico.

Questa operazione rappresenta un importante passo avanti nella lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione in Calabria, evidenziando come i legami tra politica e mafia possano compromettere seriamente la democrazia locale e il benessere della comunità. Le autorità continuano a monitorare la situazione, nella speranza di estirpare definitivamente le radici mafiose che minacciano il territorio.

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