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Scienza e Salute

Una scoperta inaspettata: un nuovo rimedio naturale contro la caduta dei capelli

La calvizie è un problema che affligge milioni di persone in tutto il mondo, ma una recente scoperta scientifica offre nuove speranze. Un gruppo di ricercatori delle Università di COMSATS in Pakistan e di Sheffield nel Regno Unito, studiando un comune zucchero presente nel corpo umano, ha inavvertitamente scoperto un potenziale trattamento naturale contro la perdita dei capelli.

I ricercatori erano inizialmente impegnati a esaminare il desossiribosio, uno zucchero che contribuisce alla formazione del DNA, e i suoi effetti sui topi. Durante i test, è emerso che il composto non solo era ben tollerato, ma favoriva anche una rapida ricrescita del pelo nei roditori. Applicando un gel a base di desossiribosio sulla cute rasata dei topi, i ricercatori hanno osservato una crescita robusta e rapida dei peli, simile a quella ottenuta con i trattamenti più comuni, come il minoxidil.

Lo studio, seppur ancora nelle fasi iniziali, ha mostrato che nel giro di venti giorni, l’80-90% dei topi trattati con il gel presentava una significativa ricrescita dei follicoli piliferi. Questo risultato apre la strada a ulteriori ricerche, con la speranza che il trattamento possa rivelarsi efficace anche negli esseri umani.

Secondo gli scienziati, l’uso del desossiribosio potrebbe stimolare l’afflusso di nutrienti ai follicoli piliferi, promuovendo la crescita dei capelli in modo naturale e sicuro. Se i prossimi studi confermeranno questi risultati, si potrebbe trattare di un’opzione rivoluzionaria per combattere la calvizie, soprattutto per coloro che non rispondono ai trattamenti attuali.

Scienza e Salute

Intervento unico al mondo su Sindrome di Bouveret al Garibaldi di Catania

Non si trova nella narrativa ufficiale un intervento di questo genere su un caso di Sindrome di Bouveret. Giunta al Pronto Soccorso dell’ospedale Garibaldi-Centro di Catania, a seguito di un calcolo che ostruisce il duodeno individuato attraverso una gastroscopia eseguita privatamente, una paziente di 64 anni si vede diagnosticata la Sindrome di Bouveret con una fistola colecisto-duodenale, una rara patologia che si caratterizza per l’alto rischio di mortalità.

Sono infatti circa duecento i casi riscontrati negli ultimi cinquanta anni, con un tasso altissimo di mortalità in quelli in cui non si è giunti ad una diagnosi tempestiva.
Dopo un accurato confronto tra i medici del Pronto Soccorso, il dottore Enrico Piazzese, con il responsabile dell’Unità di Gastroenterologia dell’Arnas Garibaldi, Domenico Catarella, si è deciso di intervenire con una delicata procedura endoscopica, realizzabile soltanto grazie all’attrezzatura tecnologica avanzata, fornita di laser e sonde, in dotazione presso le sale operatorie all’ospedale di Nesima.

Non trovandosi in narrativa ufficiale alcun intervento di questo genere su un caso di Sindrome di Bouveret, fanno sapere dall’Ospedale, la tecnica a cui si è fatto ricorso, comunque lunga e complessa, ha una casistica limitata ma si distingue per la modesta invasività, che salva il paziente da un intervento chirurgico traumatico e rischioso.
“Per potere intervenire – spiega Catarella – ho dovuto chiedere specifiche rassicurazioni dall’anestesista, Luana Raciti, la quale mi ha messo subito nelle condizioni di lavorare in tranquillità e sicurezza. Non avendo riscontri in narrativa, abbiamo dovuto operare con cautela, ma grazie all’aiuto di tutti abbiamo centrato l’obiettivo”.

Dopo qualche iniziale difficoltà, il complesso intervento viene concluso con successo e il calcolo viene frammentato e rimosso, restituendo alla paziente la condizione di asintomaticità auspicata. Infine, all’esame di una ulteriore tomografia computerizzata di controllo, eseguita a distanza di 48 ore, la donna viene fatta rialimentare e, successivamente, accompagnata alle dimissioni ospedaliere.

“Diagnosi precoce, competenza e tempestività – sottolineano dalla struttura sanitaria – sono stati gli elementi determinanti per sconfiggere una patologia così complessa, che nella fattispecie ha richiesto l’azione contemporanea di ben due dipartimenti: quello dell’emergenza, diretto da Giovanni Ciampi, e quello delle chirurgie, diretto da Luigi Piazza.
“Si tratta – sottolinea Giuseppe Giammanco, direttore generale dell’Arnas Garibaldi – dell’ennesimo successo della multidisciplinarietà e della professionalità dei nostri operatori. Siamo felici che la paziente sia tornata a vivere normalmente e faccio i complimenti all’equipe medica e infermieristica che ha permesso di ottenere questo successo”.
– foto ufficio stampa ospedale Garibaldi-Centro di Catania –

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Scienza e Salute

Frutta Secca: un nemico nascosto per la salute dei denti

La frutta secca è spesso considerata un’opzione salutare, ricca di nutrienti e perfetta per uno spuntino veloce. Tuttavia, pochi sanno che potrebbe nascondere insidie per la salute dentale. Sebbene contenga numerosi benefici, questo alimento può causare seri danni ai denti se consumato frequentemente e senza le dovute precauzioni.

Il problema principale deriva dalla sua consistenza: essendo appiccicosa e ricca di zuccheri concentrati, la frutta secca tende a rimanere attaccata ai denti. Questo crea l’ambiente ideale per la proliferazione di batteri che, nutrendosi degli zuccheri, producono acidi dannosi per lo smalto dentale e irritanti per le gengive. Inoltre, la concentrazione zuccherina nella frutta essiccata può essere fino a sette volte maggiore rispetto alla frutta fresca, aumentando ulteriormente il rischio di carie.

Alcuni processi di essiccazione, soprattutto quelli industriali, aggiungono zuccheri e acidi, peggiorando il quadro. Infatti, spesso viene utilizzato succo di limone per incrementare la vitamina C, che abbassa il pH e rende la frutta secca ancora più corrosiva per i denti. Oltre alle carie, si possono verificare macchie e, in casi estremi, danni meccanici come rotture di denti o otturazioni, specialmente quando si consumano varietà più dure come mandorle e noci.

Gli esperti consigliano di moderare il consumo di frutta secca, preferendo prodotti senza zuccheri aggiunti e ricordando di lavare i denti e utilizzare il filo interdentale dopo averla mangiata.

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Scienza e Salute

I compagni di scuola influenzano la salute in età adulta: uno studio svela il ruolo dei geni

Le esperienze scolastiche non solo plasmano la nostra personalità e i legami sociali, ma possono anche avere un’influenza duratura sulla nostra salute. Una nuova ricerca condotta presso la Rutgers Health, New Jersey, ha rivelato un legame sorprendente tra la genetica dei nostri compagni di classe e il nostro benessere da adulti.

Secondo lo studio, la genetica degli amici che frequentiamo durante l’adolescenza può influenzare lo sviluppo di condizioni legate alla salute mentale e al benessere generale. Questa scoperta mette in evidenza come l’ambiente scolastico, oltre agli aspetti educativi e relazionali, possa avere implicazioni genetiche nel lungo termine.

I ricercatori hanno analizzato i dati di un vasto campione di individui nati tra il 1980 e il 1998, incrociando informazioni genetiche con i registri scolastici e sanitari. I risultati mostrano che le predisposizioni genetiche dei compagni di scuola sono correlate al rischio di sviluppare determinati disturbi, anche se non direttamente ereditate.

Jessica E. Salvatore, la ricercatrice a capo dello studio, sottolinea che queste connessioni genetiche tra coetanei possono manifestarsi fino a dieci anni dopo la fine della scuola, influenzando la salute in modi ancora poco chiari, ma meritevoli di ulteriori ricerche. Questo campo emergente, chiamato socio-genomica, apre nuove prospettive sul modo in cui l’interazione sociale e la genetica si intrecciano, suggerendo che ciò che ereditiamo non riguarda solo i nostri geni, ma anche quelli di chi ci circonda.

L’impatto della socialità adolescenziale, dunque, va ben oltre le dinamiche relazionali e potrebbe avere ripercussioni significative sulla nostra salute futura.

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