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Campania

Napoli | L’amico di Geolier condannato per associazione mafiosa: 10 anni a Crescenzo Marino

Il Tribunale di Napoli ha condannato Crescenzo Marino, noto sui social come un popolare TikToker, a dieci anni di reclusione per associazione mafiosa. Marino, 27 anni, era già in custodia dopo essere stato arrestato nel luglio 2022 durante un’operazione contro un gruppo di camorra. Questo gruppo, che porta il suo cognome, è legato al noto clan camorristico delle Case Celesti, capeggiato dal padre di Crescenzo, Gennaro Marino, attualmente detenuto al 41 bis.

Crescenzo Marino è conosciuto non solo per la sua attività sui social, ma anche per la sua lunga amicizia con il rapper Geolier, nome d’arte di Emanuele Palumbo. Geolier, cresciuto con Marino nel quartiere di Scampia, ha sempre difeso pubblicamente il suo amico, sostenendo la sua innocenza. Questa difesa è stata ribadita anche in un video, in cui Geolier ha definito Marino “un fratello detenuto da innocente”.

Nonostante il sostegno di Geolier, i giudici del Tribunale di Napoli hanno basato la loro sentenza su prove e testimonianze fornite dalla Direzione Distrettuale Antimafia e da due collaboratori di giustizia. Le accuse mosse contro Marino sono risultate sufficientemente solide da portare alla sua condanna in primo grado.

Un elemento significativo del processo è stato il mancato intervento di Geolier come testimone di difesa. Il rapper, infatti, avrebbe dovuto testimoniare in favore di Marino, ma la sua deposizione è stata annullata. La sua testimonianza avrebbe potuto offrire un punto di vista diverso sul carattere e sulle azioni di Marino, ma alla fine non ha influito sul verdetto.

Il caso di Crescenzo Marino mette in luce le complesse dinamiche che si intrecciano tra vita criminale e notorietà sui social media. Marino, nonostante la sua popolarità come TikToker, non è riuscito a sfuggire all’ombra delle attività criminali del clan di cui fa parte la sua famiglia. La condanna a dieci anni rappresenta una caduta drammatica per un giovane che ha cercato di costruirsi una carriera digitale, ma che non è riuscito a disancorarsi dalle radici criminali del suo contesto familiare.

Questa sentenza sottolinea anche la determinazione delle autorità nel perseguire i membri delle organizzazioni mafiose, indipendentemente dalla loro popolarità o dalle difese pubbliche ricevute. Il caso Marino rimane un avvertimento su come le scelte del passato e le connessioni familiari possano influenzare il presente e il futuro, anche quando si cerca di costruire una nuova identità sui social media.

Campania

Scampitella (AV) | Violazione del divieto di avvicinamento in luogo a lui interdetto, arrestato

I Carabinieri della Compagnia di Ariano Irpino hanno recentemente effettuato un arresto a Scampitella, portando in manette un uomo di 52 anni per violazione di un provvedimento giudiziario. L’individuo era sottoposto a un divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, un’ordinanza emessa dal Tribunale di Benevento.

Durante un servizio di pattuglia, i militari hanno individuato e fermato l’uomo nei pressi di uno dei luoghi a lui interdetti. La sua presenza nella zona è stata considerata una violazione del provvedimento in vigore, che gli vietava di avvicinarsi a determinati luoghi legati alla persona protetta.

L’arresto, avvenuto in flagranza di reato, ha messo in evidenza la vigilanza delle forze dell’ordine nel garantire il rispetto delle misure di protezione imposte dai tribunali. L’uomo, già noto alle Forze dell’Ordine, è stato trattenuto in attesa di ulteriori sviluppi del caso.

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Campania

Napoli | Subiva angherie da parte del figlio e del genero e chiede alla camorra di ucciderli, 12 arresti

Un’inquietante vicenda di intimidazioni e richieste di omicidio è emersa dall’ultima inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Napoli, condotta in collaborazione con il Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Castello di Cisterna. L’operazione, che ha portato all’arresto di dodici persone e all’imposizione di obblighi di presentazione per altre tredici, ha rivelato l’oscuro intreccio tra criminalità organizzata e violenze domestiche.

L’indagine ha portato alla luce un episodio scioccante risalente al 20 giugno 2022. In quell’occasione, un uomo, oppresso dai maltrattamenti del figlio e del genero, si è rivolto al clan Fabbrocino chiedendo aiuto per risolvere la sua situazione in modo estremo. Secondo quanto emerso dalle intercettazioni, l’uomo ha richiesto aiuto al clan per far sparire i due familiari che lo tormentavano, avanzando una richiesta di omicidio con distruzione dei corpi.

Il clan, tuttavia, ha risposto con una sorprendente dose di moderazione. I membri della camorra hanno rassicurato l’uomo che avrebbero parlato con i familiari e che non avrebbero preso misure estreme. L’episodio è stato trattato come un caso di estorsione e intimidazione da parte del clan, che si presentava come un “sportello d’ascolto” per i problemi dei cittadini.

Tra gli arrestati c’è anche Biagio Bifulco, presunto capo della famiglia Fabbrocino di Palma Campania, che avrebbe continuato a gestire gli affari del clan anche mentre era detenuto. Le indagini hanno rivelato che, durante la sua detenzione, Bifulco riceveva tangenti di 4.000 euro al mese da un imprenditore, in cambio di favori e imposizioni per l’uso di una società di autotrasporti.

Questa operazione dimostra come il clan Fabbrocino gestisse le proprie attività illecite con una strategia ben organizzata, estorcendo denaro e imponendo il proprio controllo anche nei settori economici legittimi. L’inchiesta mette in luce non solo la crudeltà e la violenza della camorra, ma anche la complessità delle sue operazioni e il grado di infiltrazione nelle attività commerciali locali.

Le misure cautelari emesse dal giudice per le indagini preliminari di Napoli, Leda Rossetti, sono il risultato di un’accurata indagine che ha svelato il vero volto della criminalità organizzata nella regione. Il procedimento continua e le persone coinvolte sono considerate non colpevoli fino alla definitiva pronuncia di condanna.

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Campania

Avellino | Sequestrati 110 capi di prodotti contraffatti

Nel contesto delle operazioni di controllo e contrasto alla contraffazione, la Guardia di Finanza di Avellino ha recentemente eseguito un’importante operazione che ha portato al sequestro di 110 articoli di abbigliamento, scarpe e borse di marche famose, tra cui Nike, Louis Vuitton, Gucci, Prada e Adidas. I prodotti, tutti falsificati, erano destinati alla vendita attraverso canali non ufficiali e a prezzi significativamente inferiori rispetto a quelli di mercato.

L’indagine, condotta dal Nucleo Mobile del Gruppo di Avellino, è stata avviata grazie al monitoraggio di diversi social network, dove gli agenti hanno individuato un venditore sospetto. Questo individuo, residente a Pratola Serra, operava principalmente tramite vendite per corrispondenza, attirando clienti con offerte di merce a prezzi stracciati. I finanzieri, dopo aver verificato l’irregolarità dei prodotti e la loro provenienza illecita, hanno localizzato e sequestrato il materiale contraffatto.

Questa operazione sottolinea l’impegno della Guardia di Finanza nel combattere il mercato della contraffazione, un fenomeno che non solo danneggia i brand originali ma ha anche un impatto negativo sulle finanze pubbliche. La commercializzazione di prodotti falsificati comporta perdite fiscali notevoli e influisce negativamente sulla crescita economica e sulla qualità dei servizi pubblici.

Il procedimento penale è attualmente in fase preliminare e, come per ogni indagine in corso, la responsabilità del soggetto coinvolto sarà definitivamente accertata solo a seguito di una sentenza irrevocabile di condanna, rispettando il principio di presunzione di innocenza.

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