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Attualità

I pesci scorpione sono un problema per il Mediterraneo

Anche se la loro vista può essere affascinante, l’osservazione di un pesce scorpione non è un segno positivo. Secondo uno studio dell’Università di Wageningen in Olanda, pubblicato su NeoBiota, la presenza di questi pesci sta diventando sempre più comune nel Mediterraneo, creando problemi crescenti. Originari dell’Africa, sono stati avvistati per la prima volta oltre un decennio fa e stanno rapidamente espandendo il loro habitat, arrivando fino alle coste spagnole. Questo rappresenta una minaccia per gli ecosistemi locali, poiché si tratta di una specie invasiva e vorace che mette in pericolo la fauna ittica locale.

Esistono diverse specie di pesci scorpione, appartenenti al genere Pterois, ma la specie che sta causando problemi nel Mediterraneo è la Pterois miles. Originaria del Mar Rosso, si ritiene che sia arrivata nel nostro mare attraverso il canale di Suez. Le prime osservazioni risalgono al 2013, in Turchia, Libano e Siria, e da allora il numero di avvistamenti è aumentato. Tra il 2020 e il 2022, in particolare, i pesci scorpione sono stati avvistati anche sulle coste italiane, in Sicilia e Sardegna. Questi predatori non solo sono voraci, ma anche poco selettivi: mangiano una vasta gamma di pesci (e non solo), e nel Mediterraneo stanno prosperando perché le loro potenziali prede “non li riconoscono” e quindi non sono abituate a scappare alla loro vista.

La possibilità di predare quasi indisturbati sta favorendo la diffusione dei pesci scorpione nel Mediterraneo, il più grande mare chiuso del mondo, caratterizzato da una grande varietà di ambienti diversi. Gli “invasori” si adattano facilmente a questi ambienti, causando danni sempre più gravi alle comunità locali. Inoltre, i pesci scorpione sono altamente velenosi, e il morso di una delle loro spine dorsali può essere letale anche per l’uomo. Lo studio sottolinea questi rischi e invita a un monitoraggio più attento di questa invasione, anche attraverso un progetto di citizen science, che coinvolge i cittadini nell’identificazione e segnalazione della presenza di pesci scorpione nei loro mari.

Attualità

Undici anni fa il naufragio di Lampedusa, morirono 368 migranti

Undici anni fa il naufragio di Lampedusa in cui morirono 368 migranti. Un’imbarcazione libica usata per il trasporto di uomini, donne e bambini si inabissò a poche miglia dal porto dell’Isola delle Pelagie. Il naufragio provocò 368 morti accertati e circa 20 dispersi presunti, numeri che la ricordano come una delle più gravi tragedie nel mar Mediterraneo. I superstiti salvati furono 155, di cui 41 minori: 40 non accompagnati e uno solo con la famiglia.
Il barcone, un peschereccio lungo circa 20 metri, era salpato dal porto libico di Misurata il primo ottobre 2013, con a bordo migranti di origine eritrea e etiope. La barca era giunta a circa mezzo miglio dalle coste lampedusane quando i motori si bloccarono, poco lontano dall’Isola dei Conigli. Secondo una ricostruzione degli investigatori, per attirare l’attenzione delle navi che passavano, l’assistente del capitano avrebbe agitato uno straccio infuocato producendo molto fumo. Questo avrebbe spaventato parte dei passeggeri, che si sarebbero spostati da un lato dell’imbarcazione stracolma che si è rovesciata. La barca avrebbe girato su se stessa tre volte prima di colare a picco. Alle sette circa locali alcune imbarcazioni civili e pescherecci notarono i naufraghi e diedero l’allarme, caricando la maggior parte dei superstiti a bordo. Nei giorni successivi, le operazioni di recupero dei morti e la conta del numero dei morti.
Sull’Isola di Lampedusa sono diverse le iniziative organizzate in occasione della Giornata della memoria e dell’accoglienza.
– foto Agenzia Fotogramma –

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Scuola, Italia deferita alla Corte Ue per abuso di contratti a termine

La Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia dell’Unione europea “per non aver posto fine all’uso abusivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie (direttiva 1999/70/CE del Consiglio)”. Secondo la Commissione, “l’Italia non dispone delle norme necessarie per vietare la discriminazione relativa alle condizioni di lavoro e l’uso abusivo di successivi contratti a tempo determinato”.
La Commissione constata che “la normativa italiana che determina la retribuzione degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche non prevede una progressione retributiva incrementale basata sui periodi di servizio precedenti. Ciò costituisce una discriminazione rispetto ai docenti assunti a tempo indeterminato, che hanno diritto a tale progressione retributiva. Inoltre, contrariamente al diritto comunitario, l’Italia non ha adottato misure efficaci per prevenire l’utilizzo abusivo di successivi contratti di lavoro a tempo determinato del personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole statali. Ciò viola la normativa europea sul lavoro a tempo determinato”.

“Prendo atto della decisione della Commissione europea che ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia europea perchè si riducano le condizioni per il ricorso dei contratti a termine e affinchè i docenti precari abbiano gli stessi scatti di anzianità degli insegnanti di ruolo, in nome di una piena parificazione dei diritti – commenta il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara -. Abbiamo sottoposto da tempo alla Commissione la necessità di rivedere il sistema di reclutamento dei docenti italiani previsto da un’intesa fra la Commissione e il precedente governo, superando le rigidità della riforma PNRR che creano un’oggettiva discriminazione a danno dei docenti precari e non tengono conto dei numeri del precariato che sono cresciuti negli scorsi anni. Attendiamo quindi fiduciosi che la parificazione dei diritti possa essere estesa ora anche alle forme di reclutamento”.

– Foto Agenzia Fotogramma –

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Attualità

Giorgetti “No a retorica su extraprofitti, ma serve contributo di tutti”

“Le aziende non fanno beneficienza, i contributi volontari non esistono. Esiste quella che è la stella polare che è l’articolo 53 della Costituzione: tutti sono chiamati a contribuire per le loro possibilità a seconda delle necessità della nazione”. Lo ha detto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, intervistato nel corso di un evento di Bloomberg a Milano.
“Ci rivolgiamo a tutti – ha aggiunto – perchè in questo momento prevalentemente taglieremo spese, ma sicuramente un concorso per quanto riguarda le entrate ci sarà. Non ci sarà la replica della narrativa e della discussione sugli extraprofitti bancari. Ci sarà una chiamata di contribuzione per tutti, non semplicemente per le banche, ma ragionata e razionale”, ha aggiunto.

“Paradossalmente uno potrebbe dire che con tutte queste guerre chi produce armi sta andando particolarmente bene e anche in questo caso c’è una situazione di mercato favorevole. Questo per dire che l’economia è fatta in un certo modo, è determinata anche da situazioni eccezionali, e tutti sono chiamati a concorrere, si troverà una soluzione equilibrata”, ha spiegato il ministro.
Per Giorgetti non si deve parlare di extra-profitti ma “tassare i giusti profitti, gli utili, in modo corretto”.

– Foto Agenzia Fotogramma –

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