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Curiosità

Sai che ci potrebbe essere della vita anche su Venere?

Recenti ricerche condotte dal James Clerk Maxwell Telescope alle Hawaii hanno portato alla luce dati sorprendenti riguardo all’atmosfera di Venere. Dopo la rilevazione della fosfina nel 2020, una sostanza altamente tossica, nuove osservazioni hanno confermato non solo la sua presenza, ma anche quella di ammoniaca, con un incremento significativo delle informazioni raccolte, che supera di 140 volte le misurazioni precedenti.

Questi risultati, presentati dalla Royal Astronomical Society, offrono spunti affascinanti per gli scienziati, i quali ipotizzano che la vita microbica potrebbe essere responsabile della produzione di ammoniaca, suggerendo una possibile spiegazione per la presenza di fosfina. Tuttavia, Venere resta un ambiente estremamente inospitale e difficile da studiare. Nonostante l’entusiasmo generato da queste scoperte, gli astrofisici dell’Imperial College di Londra avvertono che la strada per comprendere appieno la chimica di Venere e la possibilità di vita su questo pianeta rimane complessa e piena di sfide.

Curiosità

Sai che è stata scoperta una nube dove nascono i pianeti?

Un recente studio ha rivelato l’esistenza di una nube di gas e polveri, ricca di carbonio, che potrebbe essere il luogo di nascita di pianeti rocciosi simili alla Terra. Questa scoperta è stata possibile grazie alle osservazioni dettagliate effettuate dal telescopio spaziale James Webb, frutto di una collaborazione tra NASA, l’Agenzia Spaziale Europea e l’Agenzia Spaziale Canadese.

La nube si trova attorno a Iso-Chal 147, una stella di piccole dimensioni situata nella regione conosciuta come Chameleon. Per la prima volta, il telescopio ha permesso di studiare i “dischi protoplanetari” con una chiarezza senza precedenti. Queste strutture, composte principalmente da gas e polveri, sono ritenute cruciali per la formazione di pianeti rocciosi.

Le osservazioni hanno rivelato una sorprendente abbondanza di molecole contenenti carbonio nelle vicinanze della stella, mentre le molecole a base di ossigeno risultano in quantità molto inferiore. Questa particolare composizione chimica rappresenta una novità rispetto ad altre nubi di gas osservate in precedenza e potrebbe giocare un ruolo fondamentale nel processo di formazione di pianeti simili al nostro.

Il lavoro, condotto da ricercatori dell’Istituto Max Planck per l’Astronomia di Heidelberg, in Germania, è stato pubblicato sulla rivista Science, contribuendo a una comprensione più profonda delle origini dei sistemi planetari e delle condizioni necessarie per la vita.

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Curiosità

Sai che effetto fa lo spazio sul sistema immunitario degli astronauti?

L’esplorazione spaziale ha portato a scoperte affascinanti, ma recenti ricerche hanno messo in luce anche preoccupanti effetti sulla salute degli astronauti, in particolare sul loro sistema immunitario. Secondo uno studio condotto dagli scienziati dell’Istituto Buck per la ricerca sull’invecchiamento in California, l’assenza di gravità durante le missioni spaziali di lunga durata sembra avere conseguenze significative.

Le osservazioni effettuate in orbita terrestre bassa, come quella della Stazione Spaziale Internazionale, hanno rivelato un aumento delle infezioni e la riattivazione di virus latenti, oltre a una maggiore sensibilità cutanea. Questi risultati sono cruciali per comprendere come le condizioni spaziali possano alterare la risposta immunitaria e per sviluppare strategie che garantiscano la salute degli astronauti in future missioni.

Pubblicato sulla rivista Nature Communications, lo studio rappresenta un passo avanti nella ricerca in meccanoimmunologia e astroimmunologia, settori che si concentrano rispettivamente sull’impatto delle forze meccaniche sul sistema immunitario e sulle risposte immunitarie nello spazio. Queste scoperte non solo approfondiscono la nostra comprensione delle sfide che affrontano gli astronauti, ma forniscono anche una base per ulteriori indagini su come mantenere la salute cellulare durante le missioni spaziali.

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Curiosità

Sai che la sonda Voyager 1 continua a sorprendere il mondo scientifico?

Nel suo straordinario viaggio iniziato 47 anni fa, Voyager 1 continua a sorprendere il mondo scientifico. Nonostante le difficoltà recenti, gli strumenti a bordo della sonda hanno ripreso a funzionare perfettamente, permettendo di inviare segnali da una distanza incredibile di 24 miliardi di chilometri dalla Terra.

Questa missione, che insieme alla sua gemella Voyager 2 ha segnato tappe fondamentali nell’esplorazione spaziale, è equipaggiata con strumenti avanzati capaci di misurare onde di plasma, campi magnetici e particelle nello spazio interstellare.

Dopo un episodio di malfunzionamento avvenuto nel novembre 2023, che aveva causato l’invio di dati incomprensibili, il team di ingegneri del Jet Propulsion Laboratory della NASA ha lavorato intensamente per ripristinare la funzionalità della sonda. Grazie a un aggiornamento software, i segnali ora tornano a essere chiari e utili per la comunità scientifica.

Le speranze sono alte: gli scienziati puntano a mantenere la sonda attiva fino al 2035, quando si prevede che si troverà a 30 miliardi di chilometri dalla nostra casa nel sistema solare. Voyager 1 non è solo un testimone del passato, ma un simbolo della perseveranza della scienza e della curiosità umana nel cercare di comprendere il vasto universo.

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