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Curiosità

SAI CHE…Il posto dove abiti incide sulla possibilità di avere un infarto?

Uno studio condotto negli Stati Uniti ha confermato che il luogo in cui si vive può influenzare significativamente l’insorgenza di malattie cardiache. Per giungere a questa conclusione, i ricercatori hanno utilizzato Google Street View, un’estensione di Google Maps, analizzando 530 mila fotografie per valutare la qualità dell’ambiente edificato.

Approccio Analitico

L’Intelligenza Artificiale (IA) è stata fondamentale per l’analisi di un numero così elevato di immagini. Gli studiosi hanno impiegato una “rete neurale convoluzionale”, un tipo di software di deep learning in grado di riconoscere e analizzare modelli e tratti comuni tra le foto, utilizzandoli per fare previsioni.

La ricerca, pubblicata sull’European Heart Journal, si è concentrata su sette città statunitensi: Detroit, Kansas City, Cleveland, Brownsville, Fremont, Bellevue e Denver. Ogni area urbana è stata suddivisa in 789 micro-zone chiamate “census tracts”, che ospitano in media 4 mila persone ciascuna. Le immagini di queste aree sono state esaminate dall’IA e messe in relazione con i tassi di malattie coronariche rilevati in ognuna di esse.

Risultati della Ricerca

Al termine delle analisi, è emerso chiaramente che chi vive in zone prive di aree verdi, densamente edificati o con strade malmesse, ha maggiori probabilità di soffrire di patologie cardiache come infarto del miocardio o angina pectoris. L’Intelligenza Artificiale ha previsto circa il 63% delle variazioni nei tassi di malattie coronariche tra le micro-zone, basandosi solo sulle immagini disponibili.

Gli indizi su una foto che indicano un rischio cardiovascolare includono la densità costruttiva e la presenza di crepe sulle strade, che sono anche indice di traffico elevato e di una peggiore qualità dell’aria. Questo è confermato dalle macchie di smog sugli edifici e dalla scarsa presenza di alberi, che riducono la qualità dell’aria.

Implicazioni dello Studio

Lo scopo dello studio era dimostrare che, almeno in America, il luogo in cui si vive è un fattore di rischio per le malattie cardiache, paragonabile ad altri fattori come l’età, il sesso, la razza, il reddito e il livello di istruzione. Secondo il professor Sadeer Al-Lindi, a capo del progetto, migliorare le condizioni ambientali potrebbe ridurre significativamente il rischio cardiovascolare. “Identificare i fattori ambientali che influenzano il rischio cardiovascolare”, spiega Al-Lindi, “potrebbe svolgere un ruolo importante nel guidare una pianificazione urbana più attenta alla salute del nostro cuore”.

Curiosità

10 cose che (forse) non sai su Napoleone Bonaparte

La famiglia Buonaparte vantava nobili origini toscane, sebbene si fosse trasferita in Corsica, allora genovese, nel 1567. Sebbene Napoleone confessasse di essere italiano o toscano piuttosto che corso, è importante notare che spesso mostrava un’opinione poco lusinghiera dell’Italia. Nonostante ciò, la sua familiarità linguistica con l’italiano, lingua ufficiale in Corsica, lo rendeva affine all’Italia. Napoleone si distinse come militare e politico nel paese, ma non mancò di esprimere valutazioni negative sul carattere italiano in diverse occasioni.

Ecco altre 9 curiosità sull’imperatore dei francesi che vale la pena ricordare:

  1. Statura: Napoleone era basso? Gli storici concordano che fosse alto circa 1,68 cm, leggermente sopra la media dei francesi del suo tempo. La leggenda che lo descriveva come “formato mignon” sembra essere stata una maldicenza degli inglesi.
  2. Rapporto con la Gioconda: Non è vero che Napoleone trafugò la Gioconda di Leonardo. Il dipinto era già in Francia dal 1517 e fu molto probabilmente acquistato dal Re Francesco I. Napoleone lo appese nelle stanze della moglie Josephine e poi la Monna Lisa entrò nella collezione permanente del Louvre.
  3. Posizione della mano nel gilet: Napoleone veniva spesso ritratto con una mano nel gilet, un’usanza comune nel XVIII e XIX secolo per i soggetti di ritratti.
  4. Soprannome: I genitori di Napoleone lo chiamavano Nabulio quando era piccolo.
  5. Cibo in scatola: Durante le campagne napoleoniche, fu introdotto il cibo in scatola, grazie all’invenzione del pasticciere Nicolas François Appert.
  6. Scoperta in Egitto: Durante la spedizione in Egitto, un ufficiale francese scoprì la Stele di Rosetta, un’importante scoperta scientifica che aiutò a comprendere i geroglifici egiziani.
  7. Codice Napoleone: Durante il suo regno, Napoleone introdusse importanti riforme legislative, tra cui il Codice Civile, noto anche come Codice Napoleone.
  8. Superstizioni: Napoleone non aveva la fobia dei gatti, ma era superstizioso e si teneva lontano dai gatti neri.
  9. Il mistero del pene: L’urologo John K. Lattimer dichiarò di aver acquistato il pene di Napoleone nel 1972, ma la veridicità di questa affermazione è dubbia. L’urologo suggerì che Napoleone potesse soffrire di un problema endocrinologico che ne limitava la crescita degli organi genitali.
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Attualità

Scrollare sui social media provoca dipendenza: Come i Social Media Incidono sul Nostro Cervello

Negli ultimi vent’anni, i social network hanno permeato rapidamente la nostra vita quotidiana, influenzando profondamente il nostro comportamento e le nostre emozioni. Sebbene siano relativamente nuovi, questi strumenti sono diventati così onnipresenti da sembrare esserci sempre stati, eppure portano con sé implicazioni significative sul nostro benessere psicologico e sulla nostra salute mentale.

I social network mantengono le persone connesse, consentendo di mantenere rapporti con amici lontani e conoscenti di lunga data. Tuttavia, cercano anche di trattenere l’attenzione degli utenti il più a lungo possibile, agendo direttamente sul nostro sistema di gratificazione cerebrale noto come circuito dopaminergico. Questo meccanismo è fondamentale nella formazione delle dipendenze: quando riceviamo uno stimolo gratificante, come un like o un commento, l’area tegmentale ventrale del cervello rilascia dopamina nel nucleo accumbens, generando una sensazione di piacere e gratificazione.

Ma perché scorrere interminabilmente sui social media dovrebbe essere gratificante? Ci sono diverse spiegazioni. Innanzitutto, ricevere attenzioni sotto forma di interazioni online può farci sentire più popolari e riconosciuti, aspetti cruciali per la nostra sopravvivenza sociale e successo personale. Questo senso di popolarità può tradursi in una percezione di leadership e in una crescita dei legami sociali, che a loro volta promuovono la nostra sicurezza e stabilità.

I social media utilizzano anche altri trucchi per trattenere gli utenti, come l’elemento di imprevedibilità nelle ricompense. Questo è simile al funzionamento delle slot machine: non sapendo quando arriverà la prossima gratificazione (come un like o un commento), continuiamo a scorrere per cercare la nostra “dose” di dopamina successiva.

Immersi nelle vite delle altre persone, o meglio, nelle rappresentazioni che queste scelgono di mostrare, ci troviamo spesso a confrontarci con gli altri. Questo confronto costante può instillare un senso di ansia e una paura di essere superati, spingendoci ad aprire ripetutamente le app social per restare aggiornati sugli eventi e sulle vite dei nostri contatti.

Studi metanalitici avvertono che un utilizzo passivo e eccessivo dei social network è correlato a un diminuito benessere soggettivo nel lungo termine. Inoltre, studi di neuroimaging indicano che i social media possono alterare la materia grigia del cervello, specialmente nelle aree legate alle emozioni, alla presa di decisioni e all’autocontrollo.

La natura effimera dei contenuti sui social media può anche influenzare negativamente la nostra capacità di concentrazione prolungata, poiché siamo abituati a interazioni brevi e rapide anziché a discussioni più approfondite e impegnative.

Per contrastare un uso non consapevole dei social media, è consigliabile adottare una serie di precauzioni comportamentali. Tra queste, evitare di tenere il telefono vicino mentre si studia, praticare regolari periodi di astinenza dai social, e bilanciare le interazioni online con quelle nella vita reale. È utile anche silenziare le notifiche per rendere intenzionale ogni nostro accesso alle piattaforme, evitando così di essere continuamente “chiamati” da esse.

In definitiva, comprendere come i social media influenzano il nostro cervello e la nostra psicologia è cruciale per mantenere un uso sano e consapevole di questi strumenti digitali sempre più pervasivi nella nostra vita quotidiana.

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Curiosità

Svezia | La storia di Kevin Lidin: da calciatore in serie A a monaco buddista

Dai campi da calcio di alto livello (anche in Italia) ai monasteri in Thailandia: una storia sorprendente di trasformazione e ricerca di Kevin Lidin, ex calciatore che ha militato per diversi anni nei club italiani. Il centrocampista svedese, nato nel 1999, ha dovuto abbandonare il calcio a 31 anni a causa di un infortunio, e da allora ha deciso di rivoluzionare la sua vita, intraprendendo un viaggio alla ricerca della serenità e della spiritualità ritrovata. Giunto in Thailandia, Lidin ha abbracciato completamente il mondo dei monaci buddisti.

Il Calcio e l’Esperienza in Italia

Lidin, dotato di una buona tecnica nel centrocampo, è arrivato in Italia da giovane. A 18 anni ha firmato il suo primo contratto con il Pisa, dopo essere stato notato mentre giocava per il Lund, un club svedese. In seguito ha giocato in prestito al Bologna, al Lund e successivamente è tornato al Pisa prima di trasferirsi alla Paganese. La sua carriera calcistica è stata segnata da numerosi infortuni, e dopo il ritorno in Svezia come svincolato, Lidin ha deciso di congedarsi dal calcio giocato a soli 31 anni.

Abbandonati gli scarpini e il pallone, Kevin ha intrapreso una strada completamente diversa, orientata alla meditazione e alla spiritualità. Inizialmente si è dedicato all’insegnamento dello Yoga, ma dopo un viaggio in Thailandia ha scelto di trascorrere un anno intero in un tempio buddista. Questa esperienza ha segnato una trasformazione completa: capelli rasati e indosso della kesa, la tradizionale veste arancione dei monaci buddisti al posto della maglia e dei pantaloncini. Dopo il ritorno in Svezia, Lidin continua a coltivare la sua passione per la meditazione e lavora come istruttore di Yoga. Pur non vivendo recluso come un monaco, prosegue il suo cammino spirituale seguendo i principi di questa nuova vita. Il calcio, ormai, è solo un ricordo lontano.

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