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Scienza e Salute

Malattie della pelle, Salutequità “Più programmazione e reti dedicate”

ROMA (ITALPRESS) – Il 25% della popolazione italiana è colpita da una malattia della pelle, 15 milioni di italiani. Circa 6 milioni fanno i conti con una malattia infiammatoria cronica. In Dermatologia sono descritte più di 3.000 varianti cliniche, un numero superiore a quello di qualsiasi altra specialità. I disturbi cutanei sono frequenti nella popolazione generale e almeno un quarto degli individui ha una malattia della pelle in qualsiasi momento della vita. Condizioni dermatologiche, sia acute (es. scabbia) che croniche (es. psoriasi, vitiligine), possono portare a stigmatizzazione sociale, scarsa qualità della vita e diminuzione della produttività lavorativa. Le malattie della pelle croniche autoimmuni si accompagnano a comorbidità e ad un aumento di fattori di rischio evitabili con efficaci e tempestivi interventi di diagnosi e cura. La psoriasi, ad esempio, riguarda in Italia una persona su 10 con cronicità o multi-cronicità (1,8 milioni su 24 milioni). Colpisce circa il 3% della popolazione con importanti conseguenze sulla qualità della vita e le relazioni sociali. I costi annuali per paziente in Italia, considerando quelli sostenuti da SSN e quelli out of pocket, sono 11.434 euro (International Federation of Psoriasis Associations).
Altra patologia la vitiligine, che colpisce l’1% della popolazione mondiale, finora non riconosciuta nei LEA e troppo spesso ancora considerata solo un mero difetto estetico di macchie sulla pelle. In realtà il 15,3% dei pazienti presenta una o più condizioni autoimmuni: l’artrite reumatoide ha in questi pazienti una frequenza maggiore del 100%; i linfomi hanno un’incidenza maggiore di quattro volte; il lupus di 5 volte. La malattia autoimmune più frequente, presente in più di un caso su dieci di chi soffre di vitiligine, è l’ipotiroidismo, con un’incidenza maggiore di circa il 75% rispetto alla media nazionale. E chi ne è affetto ha una probabilità 5 volte maggiore di sviluppare depressione.
Nonostante la loro elevata incidenza e prevalenza, per le malattie della pelle generalmente mancano dati di buona qualità. Anche nelle rilevazioni ufficiali di ISTAT e ISS sulla diffusione della cronicità non sono ricomprese le malattie croniche della pelle a differenza di diabete, ipertensione, infarto acuto del miocardio, etc.
Stando ai dati sull’attività in intramoenia pubblicati dall’Agenas, nel 2022 accedere a una visita dermatologica è stato più complicato rispetto al 2019 e persino rispetto al pieno periodo pandemico: le prestazioni a disposizione per gli assistiti ai fini di una diagnosi o di controlli nelle quattro rilevazioni annuali sono state 5154 (gli altri anni le rilevazioni erano 3, ndr) contro le circa 11.000 del triennio precedente, oltre la metà in meno rispetto ai 3 anni precedenti.
Alert da non trascurare arriva dalla mancanza di attenzione nella programmazione nazionale, a partire dal nuovo Piano nazionale cronicità che nella bozza più recente le ha lasciate fuori dalla parte seconda: il risultato è all’assenza di PDTA regionali e di pochi PDTA aziendali (prevalentemente ospedaliero/universitari) su malattie diffuse come la psoriasi, la vitiligine, etc.
Ci sono anche segnali positivi: Parlamento e Regioni stanno dimostrando sensibilità politica rispetto alle malattie della pelle: mozioni, ordini del giorno, risoluzioni sono stati approvati, ma devono tradursi in atti vincolanti per garantire più equità per le persone con malattie croniche della pelle. Perciò Salutequità, laboratorio italiano per l’analisi, l’innovazione e il cambiamento delle politiche sanitarie e sociali, ha delineato alcuni passaggi fondamentali, presentati e dibattuti da rappresentanti delle istituzioni, esperti, politici ed esponenti delle professioni sanitarie coinvolte nell’assistenza a Roma nell”Equity Group malattie croniche della pelle”, organizzato in collaborazione con Apiafco, associazione degli psoriaci italiani e delle malattie correlate.
Per superare le difficoltà nell’accesso le Regioni hanno messo in campo iniziative diverse. L’Osservatorio di Salutequità ha rilevato che ad esempio il Veneto ha attivato un avviso pubblico per l’attribuzione di incarichi individuali per specialisti in dermatologia e venereologia, fissando in deroga ai regimi tariffari ordinari, una remunerazione oraria fino a un massimo di 100 euro lordi omnicomprensivi per il personale medico, fino a 60 euro per il personale del Comparto sanitario e 40 euro per gli specializzandi.
La Puglia ha invece puntato sulla istituzione della rete dermatologica regionale ed il tavolo tecnico regionale in dermatologia per razionalizzare e implementare l’assistenza sanitaria, mettendo in rete ospedale e territorio; definire PDTA e indicatori per misurare volumi, qualità ed esiti; supportare un piano di comunicazione sulle malattie della pelle. Attualmente sembra avere una battuta d’arresto.
I consigli regionali di Lombardia, Abruzzo, Lazio, Liguria, hanno promosso iniziative per attivare reti dermatologiche regionali, riconoscere nei LEA patologie come la vitiligine e migliorare la presa in carico delle persone con psoriasi. Diversi i provvedimenti per favorire appropriatezza prescrittiva: Piemonte, Calabria, Sicilia, Veneto, Emilia Romagna. La Sicilia ha istituito un tavolo tecnico regionale per la Psoriasi e fa riferimento nel Piano della rete territoriale di assistenza, alla dermatologia come ambito su cui lavorare a reti regionali e PDTA.
Salutequità ha identificato insieme all’Equity Group alcuni passaggi indispensabili per garantire più equità nel SSN per chi è affetto da questo tipo di patologie
Inserimento nella programmazione nazionale e regionale. Le patologie croniche della pelle hanno pieno diritto di avere la stessa dignità delle altre patologie anche in termini di attenzione nei Piani di programmazione di riferimento, come quello per le cronicità.
Considerazione dell’impatto e relativo dimensionamento. Servono dati, più accurati, ottenibili solo attraverso una maggiore consapevolezza dell’impatto che queste malattie hanno sulle persone e sul SSN. E’ necessario inserirle nelle rilevazioni ufficiali, a partire da quelle di ISTAT e ISS.
Accessibilità, tempestività e appropriatezza nell’accesso alle prestazioni per una presa in carico multidimensionale, capace di prevenire le complicanze e favorire l’aderenza. Fondamentale il supporto psicologico, così come un apporto della telemedicina. Servono dati sulle liste d’attesa in quest’area specialistica, aggiornati come accade per altre specialità.
Tutele e capacità di stare al passo con i tempi dei LEA. E’ necessario non solo l’aggiornamento dei LEA per introdurre patologie e prestazioni indispensabili per un trattamento al passo con i tempi, ma anche avere tempi certi della relativa attuazione. Quelli del 2017 sono ancora al palo.
Semplificazione ed efficienza organizzativa. La rete dermatologica di tipo clinico- assistenziale si sta affermando nelle intenzioni del legislatore come modello per organizzare i servizi e dare risposte più eque e omogenee. Per farlo è importante che risponda ad alcune caratteristiche: 1.
partecipazione delle associazioni di pazienti, dei centri specialistici coinvolti, degli attori dell’assistenza territoriale a partire da MMG, specialisti ambulatoriali e infermieri; 2. sistema informativo adeguato e uso della telemedicina per garantire collegamenti funzionali evitando di spostare le persone, di favorire l’aderenza e l’allargamento delle competenze; 3. Elaborazione di PDTA per risposte ai bisogni di diagnosi precoce, terapie, assistenza sociale, psicologica e infermieristica e già attenti alle applicazioni di telemedicina/AI.
“Le cure – ha detto Valeria Corazza, presidente APIAFCO – sono tutte a carico del Sistema Sanitario Nazionale ma soprattutto nel tempo alcuni farmaci topici finiscono con l’essere pagati out of pocket e a carico delle famiglie. Per quello che riguarda la cura di una forma grave di psoriasi il paziente deve accedere per forza di cose alla struttura pubblica dove sono disponibili i farmaci biologici”.
Le malattie croniche della pelle sono “patologie che ancora non hanno una dignità, nel senso che non vengono neanche calcolate dall’Istat. Come si possono dimenticare milioni di cittadini? Coloro che si rivolgono alla nostra associazione sono migliaia e migliaia in aumento – conclude Corazza –  In loro rappresentanza oggi posso dire che in  questa sede non ci siamo sentiti dimenticati ma protagonisti e questo è già una grande soddisfazione perchè per quello che potevano fare qualche impegno è stato preso. Se non altro il rivederci e il riparlarne è molto importante”.
“Nella bozza del Piano nazionale della cronicità, che è stato anticipato poche settimane fa attraverso la stampa – fa notare Tonino Aceti, presidente di Salutequità – le malattie della pelle non rientrano tra le patologie oggetto del Pnc, come pure i Pdta, percorsi diagnostico terapeutico assistenziali, per queste patologie sono assenti. Registriamo esperienze in alcune Asl ma non c’è un Pdta di livello nazionale e di livello regionale. In più i pazienti non hanno reti dermatologiche sulle quali contare per accedere in modo appropriato, tempestivo e con equità alle cure di cui hanno bisogno”. 
Quindi “bisognerebbe lavorare fondamentalmente ad un Piano nazionale di cronicità che riconosca le patologie dermatologiche della pelle come patologie oggetto di intervento del Pdta e su reti clinico-assistenziali dermatologiche perchè questo garantirebbe per milioni di cittadini un migliore accesso, una tempestività, un’appropriatezza, un’efficienza ed efficacia delle cure” conclude.
L’incontro dell’Equity Group è stato realizzato grazie al contributo non condizionato di Bristol Myers Squibb, Incyte, UCB Pharma

– foto: pexels.com –
(ITALPRESS).

Scienza e Salute

A Palermo corso di Procreazione Medicalmente Assistita di I livello

Un corso teorico pratico sulle tecniche di primo livello della procreazione medicalmente assistita (Pma) che è servito da confronto per diverse figure che lavorano nell’ambito della sanità pubblica e privata di Palermo. Ad ospitarlo è stato oggi il Marina Convention Center di Palermo, per un evento organizzato dal centro PMA di I livello di Andrea Biondo, dal CBR della clinica Candela di Palermo e da Giovanni Ruvolo del Centro di Biologia della Riproduzione di Palermo. Il corso ha visto la partecipazione di figure istituzionali e alcuni tra i maggiori esperti del settore: il Presidente del corso Vito Chiantera; il Presidente dell’ordine dei medici, Toti Amato, Antonio Maiorana, primario dell’Arnass civico; Laura Giambanco, primario dell’ospedale Ingrassia; Tito Gueli Alletti primario dell’ospedale Buccheri la Ferla; Giulio Sozzi, primario dell’ospedale Giglio di Cefalù, Ettore Cittadini, luminare della materia ginecologica.
“Il corso è un approfondimento sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita di I livello, che di solito vengono considerate di categoria minore – chiarisce Giovanni Ruvolo, embriologo – rispetto a quelle di II e III livello, più complesse. Abbiamo per questo voluto porre l’accento su questo tipo di tecniche di I livello, meno coinvolgenti per la coppia, e per la donna in particolare, sia dal punto di vista fisico che emotivo e che, se applicate correttamente, possono portare ad ottimi risultati, facendo venir meno la necessità di
ricorrere a un appesantimento terapeutico proprio delle tecniche superiori. E’ quindi un’occasione di incontro tra esponenti delle varie discipline sanitarie che ruotano intorno a una coppia, dai ginecologi ai biologi, passando per gli endocrinologi, andrologi e ostetriche”.
“Gli ultimi dati della letteratura dimostrano come le tecniche di I livello stiano risorgendo e quale sia la loro importanza nell’ambito dell’infertilità”, spiega Biondo, “siamo emozionati della presenza del professore Cittadini, pioniere della tecnica di PMA in Italia, con la prima nascita nel 1984. L’inseminazione intrauterina è una tecnica che, sia per linee guida che per legge, ha una grande importanza, grazie alla riduzione dell’impatto farmacologico ed economico sulle pazienti, tramite l’utilizzo, in un primo step, delle tecniche più semplici e lineari”.
A intervenire, anche Barbara Cittadini, Presidente di AIOP Sicilia: ” E’ un importante momento di incontro e di confronto su un tema sensibile ed a me molto caro. Sono felice che venga data una prospettiva di futuro ad una storia che, in Italia, è iniziata grazie all’impegno, alla passione ed alla tenacia di mio padre, che è riuscito a creare una scuola e un movimento attorno a sè che ha raccolto un testimone che va custodito e coltivato, soprattutto, oggi che i problemi della infertilità sembrano avere una ingravescenza che colpisce sempre più persone, le quali vanno aiutate a potere vivere il dono della genitorialità”.
Gli apprezzamenti sull’iniziativa sono giunti anche dal Rettore dell’Università degli Studi di Palermo Massimo Midiri: “Si tratta di un corso molto importante, il primo che mette insieme specializzazioni differenti, non soltanto in ambito ginecologico ma anche in ambito biologico, perchè il tema della procreazione medicalmente assistita è un tema sociale, che investe una generazione che sceglie di avere bambini in età sempre più avanzata. Creare una rete, una prospettiva di metodologie che possa anche avvalersi delle competenze universitarie è per noi un punto di grande importanza, così che anche a Palermo si possa creare una prospettiva per i pazienti interessati, che potranno solo così avere una linea guida e dei professionisti pronti a risolvere i loro problemi”
“Il problema dell’infertilità e della procreazione oggi coinvolge migliaia di donne, anche a causa della tendenza di fare figli sempre più in tarda età, e ritengo fondamentale che una regione come la Sicilia – spiega il Presidente del corso, prof. Vito Chiantera – sia in grado di dare risposte concrete a questo fenomeno. Il corso è un primo grande passo, un modo per introdurre i giovani specialisti alle tematiche della procreazione medicalmente assistita, una branca di grande rilevanza, ma che richiede una dedizione assoluta e grande serietà nel trattare dei temi delicati, che fanno la differenza tra una famiglia felice e una
senza figli”.
“Credo che quella di oggi sia un’iniziativa notevole, che consente un confronto a tutti i livelli, dal settore ospedaliero a quello universitario, passando per il privato. Discutere globalmente e collettivamente, in un evento con un’affluenza così importante, di tematiche significative come quella delle tecniche di PMA di I livello è, a mio avviso, fondamentale”, conclude il professore Ettore Cittadini.

– Foto: ufficio stampa Centro PMA

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Scienza e Salute

NASA | Nuove rivelazioni sull’aumento dell’ozono troposferico

Un recente studio pubblicato su Environmental Science & Technology ha rivelato un’importante connessione tra le attività umane e l’aumento dei livelli di ozono nella troposfera superiore, un’area dell’atmosfera che si estende sopra la troposfera, dove volano gli aerei. Questa scoperta fornisce nuovi insight sulle complesse interazioni tra l’inquinamento atmosferico e le attività industriali, ampliando la nostra comprensione delle dinamiche atmosferiche.

Il Ruolo dell’Ozono e l’Aumento Preoccupante

L’ozono è una molecola con ruoli ambivalenti: nella stratosfera, funge da scudo protettivo contro i raggi ultravioletti del sole, mentre nella troposfera inferiore, può agire come un inquinante nocivo e un gas serra. Negli ultimi anni, i ricercatori hanno osservato un preoccupante incremento dei livelli di ozono nella troposfera superiore, un fenomeno che sembrava essere associato principalmente alle attività umane piuttosto che a variazioni climatiche naturali.

Xinyuan Yu, studente laureato al MIT e autore principale dello studio, ha spiegato che l’aumento osservato non è spiegabile solo con le normali fluttuazioni climatiche. La ricerca ha dimostrato che le attività industriali e altre emissioni umane hanno avuto un impatto diretto e misurabile sui livelli di ozono in questa parte dell’atmosfera.

Metodo di Ricerca e Risultati

Per separare l’influenza umana dalle variazioni naturali, i ricercatori hanno utilizzato un approccio innovativo. Hanno condotto simulazioni climatiche con emissioni di precursori dell’ozono di origine umana, mantenendo costanti le condizioni climatiche iniziali ma variandole leggermente tra gli scenari. Questo metodo ha permesso di identificare un “segnale comune” che rappresenta l’impronta digitale delle attività umane, riscontrabile in soli 17 anni di dati satellitari raccolti tra il 2005 e il 2021.

Implicazioni e Prospettive Future

Lo studio ha messo in luce come l’impronta umana sia particolarmente evidente in Asia, una regione con un’espansione industriale rapida negli ultimi decenni. Arlene Fiore, co-autrice e professoressa al MIT, ha sottolineato l’importanza di ulteriori ricerche per identificare le specifiche attività umane che contribuiscono a questo aumento di ozono. Una comprensione più approfondita di queste fonti potrà guidare lo sviluppo di strategie efficaci per mitigare sia il cambiamento climatico sia l’inquinamento atmosferico.

Questo studio rappresenta un passo significativo verso la comprensione dell’impatto umano sull’ambiente e suggerisce che azioni concrete potrebbero essere necessarie per gestire l’inquinamento atmosferico e proteggere la nostra atmosfera.

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Curiosità

SAI CHE…se lasci la pasta al dente ne mangi di meno?

Se ami la pasta ma stai cercando di seguire una dieta equilibrata, c’è una soluzione che ti permetterà di continuare a gustare il tuo piatto preferito senza compromettere i tuoi obiettivi di salute. Secondo uno studio condotto dalla Wageningen University & Research nei Paesi Bassi, cucinare la pasta al dente potrebbe essere la chiave per limitare l’assunzione di calorie.

La ricerca ha coinvolto un gruppo di volontari a cui sono stati serviti diversi tipi di piatti di pasta per tre giorni consecutivi. I partecipanti hanno assaggiato penne cucinate sia al dente (per 7 minuti) sia molto cotte (per 20 minuti), insieme a carote preparate con tempi di cottura simili (20 minuti o 2 minuti). I risultati hanno mostrato che i piatti preparati con ingredienti ben cotti e quindi più morbidi sono stati consumati il 45% più velocemente rispetto a quelli cucinati al dente.

Consumare il cibo più velocemente può portare a un’assunzione maggiore di calorie, poiché non si dà al corpo il tempo necessario per riconoscere il senso di sazietà. Infatti, il segnale di pienezza al cervello, attivato dagli ormoni, impiega dai 15 ai 20 minuti per manifestarsi. Mangiare lentamente, masticando bene ogni boccone, può quindi aiutare a ridurre l’apporto calorico complessivo. Studi precedenti hanno infatti rilevato che chi consuma il cibo rapidamente ha una probabilità tre volte maggiore di essere in sovrappeso. Inoltre, masticare ogni boccone circa 40 volte può ridurre l’assunzione di calorie del 10%, rispetto a masticare solo 15 volte.

Oltre a questi benefici, consumare la pasta al dente ha un altro vantaggio: aiuta a mantenere un livello di zuccheri nel sangue più stabile, riducendo il rischio di un picco glicemico che può contribuire all’aumento di peso. In conclusione, per chi cerca di seguire una dieta senza rinunciare al piacere della pasta, cuocerla al dente può essere un trucco utile per mangiare meno e mantenere un’alimentazione più sana.

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