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Cronaca

Parigi | Cadute le pale del Moulin Rouge: nessun ferito

Momenti di apprensione a Parigi: nella notte scorsa, le pale del Moulin Rouge, situato in Boulevard de Clichy nel 18° arrondissement, si sono staccate dal celebre monumento e sono cadute in strada. Lo hanno segnalato i vigili del fuoco della capitale, assicurando che non ci sono feriti e che non c’è più alcun rischio di crollo. Al momento, le cause dell’incidente sono ancora sconosciute.

L’emittente francese Bfm Tv ha specificato che l’evento è avvenuto tra le 2 e le 3 della notte tra mercoledì e giovedì, evidenziando che anche la facciata dell’edificio è stata danneggiata. L’impatto delle pale ha causato il distacco di tre grandi lettere al neon che compongono il nome del celebre cabaret posizionato sul tetto dell’edificio. Le lettere “M”, “O” e “U” sono finite a terra, corrispondenti alle prime tre della parola “Moulin”.

Le pale, ha continuato l’emittente, sono rimaste sulla strada – coperte da un telone verde – fino alle 8 di giovedì, quando sono state rimosse dalle autorità. Oltre ai vigili del fuoco di Parigi, sono intervenuti anche la polizia nazionale e un team della polizia municipale e del Dipartimento di prevenzione, come riportato da Kévin Havet, vice responsabile della sicurezza del municipio del 18mo arrondissement della capitale francese.

Cronaca

Treviso | Trovato il cadavere di Vincenza Saracino in un casolare: indagini in corso

Il cadavere di Vincenza Saracino, 50 anni, è stato rinvenuto in un casolare a Preganziol, in provincia di Treviso. La donna, uccisa a coltellate, era scomparsa martedì, e la sua famiglia ne aveva denunciato la sparizione. Vincenza Saracino si era allontanata dal luogo di lavoro con una city bike elettrica azzurra, dotata di cestino e portapacchi neri, e aveva fatto perdere le sue tracce. L’ultimo avvistamento era stato segnalato nei pressi di un supermercato nella zona laterale alla strada Terraglio, nel pomeriggio del giorno della scomparsa.

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Cronaca

Bozzoli Ricercato Internazionale: Perquisizione a casa sua e dei parenti

Dopo la conferma della condanna all’ergastolo da parte della Cassazione nei confronti di Giacomo Bozzoli e la sua irreperibilità, Pier Luigi Maria Dell’Osso, magistrato a capo della Procura di Brescia nel marzo 2018, che ha guidato l’inchiesta sulla scomparsa di Mario Bozzoli avvenuta nel 2015, ha parlato al Corriere della Sera. Nel 2020, Dell’Osso chiese il rinvio a giudizio per omicidio solo nei confronti del nipote. “Allora ho fatto semplicemente ciò che ritenevo di dover fare. Andare avanti e non archiviare, ma tentare ulteriori investigazioni. Le indagini prima e i processi poi hanno confermato la giustezza di quelle valutazioni,” ha spiegato Dell’Osso. Sulla fuga di Giacomo Bozzoli, ha sottolineato: “Mai ravvisato il pericolo di fuga, altrimenti avremmo agito diversamente.” Nel frattempo, la Procura di Brescia ha firmato il mandato d’arresto europeo nei confronti di Bozzoli.

Il magistrato risponde alle critiche

“Credo che chi è stato incaricato di eseguire la sentenza si starà dando da fare come è assolutamente doveroso che sia. Ma è chiaro che da uomo libero fino a quel momento ben sapesse la data in Cassazione. Credo sia necessario attendere qualche giorno: per capire le sue intenzioni, ma anche i risultati a cui le ricerche porteranno.”

Perché non è stato arrestato prima

C’è chi si chiede perché Giacomo Bozzoli non sia stato arrestato anni fa. “I presupposti per un arresto, una misura cautelare, si valutano momento per momento. Con il senno di poi ci si chiede se si è agito davvero nel modo giusto. Ma valutare spetta a chi ha la competenza per farlo, e anche quando ero io a indagare sul caso, Bozzoli è sempre stato disponibile e reperibile.” Il pericolo di fuga non fu mai ravvisato, “altrimenti avremmo agito in modo diverso.”

Può ancora costituirsi

“Nell’ultima settimana, magari, in previsione della sentenza fissata in Cassazione, si è portati a ritenere che fosse in qualche modo monitorato. Monitorare però non significa fermare. Certo, poi proprio nel momento più delicato, per ora, ha fatto perdere le sue tracce. Questo breve lasso di tempo però lascia pensare che possa ancora costituirsi. Ha sempre dimostrato di essere ben presente a se stesso.”

Il mandato d’arresto europeo

Il provvedimento Mae è scattato a poche ore di distanza dal decreto di latitanza firmato dal presidente della prima sezione penale del Tribunale di Brescia, Roberto Spanò. Si tratta del primo giudice che aveva condannato Bozzoli all’ergastolo per l’omicidio dello zio Mario, l’imprenditore di Marcheno svanito nel nulla l’8 ottobre 2015, ucciso dal nipote che lo ha gettato nel forno della fonderia.

I movimenti di Giacomo Bozzoli

Sono stati diffusi i primi dati sui movimenti di Bozzoli. Alle 5.51 del 23 giugno è stato registrato un passaggio della Maserati Levante, intestata al 39enne, al casello di Manerba, in provincia di Brescia, due minuti più tardi da quello di Desenzano e uno successivo alle 6.03. Si sarebbe dunque allontanato con moglie e figlio a bordo della propria vettura. Il suocero, sentito dagli inquirenti, avrebbe riferito che la famiglia sarebbe “in una località imprecisata della Francia.”

Le ricerche finora hanno dato esito negativo

Le ricerche nella villa a Soiano del Garda, in quella di Marcheno intestata al padre Adelio, nella sede di lavoro a Bedizzole, nella galleria d’arte dove lavora la moglie e in una casa a Ortisei riconducibile alla famiglia hanno finora dato esito negativo. Il presidente della prima sezione penale di Brescia, Roberto Spanò, ha firmato il decreto di latitanza, ma il mandato d’arresto internazionale potrebbe essere emesso al termine della giornata, qualora Giacomo Bozzoli non si costituisca alle forze dell’ordine.

Perquisizioni a casa di Bozzoli e dei parenti

Ancora perquisizioni mercoledì sera a casa di Bozzoli e dei suoi parenti a Soiano. I carabinieri di Brescia sono sempre al lavoro per cercare tutte le possibili tracce utili a ricostruire i movimenti degli ultimi giorni del 39enne.

Sul cellulare lo zio salvato nei contatti come “merda”

Il 39enne ha sempre negato di aver ucciso lo zio Mario, che sul cellulare aveva salvato sotto il nome “merda.” Mario è scomparso attorno alle 19.18 dell’8 ottobre 2015 quando il forno più grande della fonderia di Marcheno, di cui Mario era comproprietario con il fratello, padre di Giacomo, è andato in blocco per una fumata anomala.

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Calabria

Vittorio Feltri Chiede scusa alla Città di Catanzaro

Un evento più unico che raro. Durante la trasmissione radiofonica “La Zanzara”, condotta da Giuseppe Cruciani e David Parenzo su Radio24, il direttore del Giornale, Vittorio Feltri, ha chiesto scusa alla città di Catanzaro per una battutaccia rivolta a Ilaria Salis. Commentando una foto che ritraeva la neo eurodeputata di Alleanza Verdi Sinistra insieme a Mimmo Lucano e Carola Rackete, il vulcanico giornalista aveva detto su TikTok: “La Salis vestita come una cameriera di Catanzaro, proprio la cosa più bassa che si possa immaginare”.

La Minaccia del Sindaco: “Lo Porteremo in Tribunale”

Le parole di Feltri avevano suscitato l’indignazione del sindaco di Catanzaro, Nicola Fiorita, che aveva replicato duramente: “Vittorio Feltri, il vero volto della Padania. Lo porteremo in tribunale per le sue inaccettabili offese alla nostra città e per le sue frasi razziste. Questi sono i campioni dell’autonomia differenziata”. Fiorita aveva aggiunto: “Si vergogni e se ha un minimo di decenza chieda scusa a Catanzaro e alle donne che sgobbano nei bar e nei ristoranti con grande dignità. Sempre più deciso alla resistenza contro la prepotenza e l’arroganza dei padani”.

Le Scuse di Feltri

Le scuse di Feltri sono arrivate durante la trasmissione e il primo cittadino di Catanzaro le ha apprezzate, pur lanciando qualche frecciata: “Avere ricevuto le scuse da Vittorio Feltri in diretta dai microfoni de ‘La Zanzara’ di Cruciani e Parenzo – ha spiegato Fiorita – considerata la spigolosità del personaggio, non cancella l’amarezza e l’indignazione ma quanto meno le attenua. Feltri non chiede mai scusa, ne sa qualcosa Virginia Raggi; e se ha ritenuto di farlo, sia pure a denti stretti, vuole dire che ha capito di averla fatta grossa. Mi basta. Ma non dobbiamo commettere l’errore di abbassare la guardia nella difesa della nostra terra e dei nostri figli”.

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