Cronaca

Palermo | Ferito nella sparatoria dello Sperone: Caruso non risponde ai pm

Il giovane ferito durante la sparatoria in via XXVII Maggio, in cui è stato ucciso Giancarlo Romano, boss emergente del clan di corso dei Mille lo scorso 26 febbraio, ha scelto di non rispondere alle domande dei pm Alessio Salvo Caruso. Alessio Salvo Caruso, sebbene sia ormai fuori pericolo, rimane ricoverato nel reparto detenuti dell’ospedale Civico. Durante l’interrogatorio di oggi, svolto proprio nella struttura sanitaria, ha deciso di non rispondere alle domande del gip Lirio Conti.

Solo di recente Caruso ha appreso della morte di Romano nell’agguato. Secondo le indagini che hanno portato anche agli arresti in un’operazione antimafia coordinata dalla procura, il ferimento di Caruso e l’omicidio di Romano sarebbero stati il risultato di un regolamento di conti tra Caruso e la famiglia Mira, in particolare Camillo e suo figlio Antonio. I Mira si sarebbero ribellati alle richieste estorsive riguardanti la gestione delle scommesse clandestine, avrebbero utilizzato “pannelli” non autorizzati dalla cosca e avrebbero accumulato un debito di circa 20.000 euro. Quel pomeriggio si sono verificate due sparatorie: una in Corso dei Mille, davanti al tabacchi di Romano, dove è rimasto ferito Camillo Mira, e la seconda in cui i Mira hanno reagito, uccidendo Romano e ferendo Caruso.

Giancarlo Romano, il boss dello Sperone ucciso lo scorso 26 febbraio, era consapevole di un’indagine a suo carico. Un suo fedelissimo lo avrebbe informato, un poliziotto della squadra mobile. Una talpa gli avrebbe fornito informazioni cruciali per evitare la cattura.

In una conversazione con due suoi uomini, Giuseppe Chiarello e Settimo Turturella, entrambi arrestati nell’operazione contro la famiglia mafiosa di Corso dei Mille, Romano menzionava che i carabinieri li avevano sotto controllo.

Romano aveva rivelato ai suoi due amici di essere stato informato già l’anno precedente sull’avvio delle indagini nei loro confronti da “Vicè u frutta”, identificato in Vincenzo Vella, soprannominato così perché gestiva una rivendita di frutta e verdura. Tuttavia, colui che gli aveva fornito la soffiata aveva anche divulgato il suo nome a un carabiniere che lo voleva coinvolgere come informatore.

DI TENDENZA

Exit mobile version