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Curiosità

Le fobie più comuni: paure che condizionano la vita

Molte persone sperimentano fobie, piccole o grandi, che possono influire sulla loro quotidianità. Esistono fobie “semplici”, legate a un oggetto, un animale o una situazione specifica, e fobie “complesse”, che possono limitare le interazioni sociali o il normale svolgimento della vita. Ecco le più diffuse, secondo la classifica stilata dalla World Mental Health Survey Initiative.

  1. Fobie legate agli animali
    Circa il 4% della popolazione mondiale soffre di paure intense verso specifici animali. Le più comuni sono l’aracnofobia (paura dei ragni), l’entomofobia (paura degli insetti), l’ofidiofobia (paura dei serpenti), l’ornitofobia (paura degli uccelli) e la cinofobia (paura dei cani). Queste fobie possono scatenarsi anche alla vista di animali inanimati o riprodotti, come un serpente di plastica.
  2. Emofobia
    La paura del sangue colpisce il 3% delle persone. Questa fobia è talmente intensa che chi ne soffre può svenire alla semplice vista del sangue, poiché il cervello attiva una sorta di “modalità sopravvivenza”, provocando un calo di pressione per prevenire ulteriori perdite di sangue in caso di ferite.
  3. Acrofobia
    Il timore delle altezze affligge quasi il 3% della popolazione. Le persone con acrofobia possono avvertire disagio non solo in prima persona, ma anche osservando qualcun altro in una posizione elevata e percepita come rischiosa, ad esempio su un balcone o in una funivia.
  4. Talassofobia
    Il 2% della popolazione ha paura dell’acqua, in particolare dell’acqua profonda e scura. Alcuni rifiutano di nuotare o persino di immergere la testa, limitandosi a bagnarsi solo le caviglie quando si trovano al mare.
  5. Claustrofobia
    La paura degli spazi chiusi, come ascensori, tunnel o piccole stanze, colpisce oltre il 2% delle persone. Anche apparecchiature mediche come la risonanza magnetica possono essere un problema per chi soffre di claustrofobia.
  6. Brontofobia
    Il timore dei tuoni spinge quasi il 2% della popolazione a modificare la propria vita quotidiana in base alle previsioni meteorologiche, evitando di uscire di casa se si prevede maltempo.
  7. Aerofobia
    Più dell’1% delle persone ha una paura intensa di volare. Mentre molti provano ansia durante il volo, chi soffre di aerofobia evita gli aerei del tutto o viaggia solo sotto pressione e con l’aiuto di farmaci ansiolitici.

Curiosità

Perchè quando abbiamo l’influenza ci sentiamo tristi?

Quando ci si ammala, è normale sentirsi più irritabili, stanchi, e privi di energie, ma la causa di questo malessere non è tanto il virus o il batterio in sé, quanto la risposta del sistema immunitario. Il nostro corpo reagisce all’infezione attivando le citochine pro-infiammatorie, proteine-segnale che comunicano tra le cellule del sistema immunitario e raggiungono vari organi, incluso il cervello. Una volta lì, possono influenzare l’umore, portando a sensazioni di stanchezza, ansia, depressione e la voglia di stare da soli.

Studi scientifici, come quello condotto all’Ospedale Universitario di Essen, hanno dimostrato che iniettando sostanze che simulano la presenza di batteri (senza un’infezione reale), il sistema immunitario risponde come se fosse in corso una malattia. I volontari hanno riportato sintomi come fatica, disinteresse per le attività, e persino stati d’animo ansiosi o depressivi, proprio a causa dell’azione delle citochine.

Ma perché il nostro corpo ci fa sentire così male? Il motivo è che, per combattere l’infezione, il sistema immunitario ha bisogno di tutte le energie disponibili. Il malessere, l’apatia e il desiderio di evitare interazioni sociali sono meccanismi attraverso i quali l’organismo ci costringe a riposare e a non sprecare energie in attività non essenziali. Questo stato di “pausa” forzata è parte di una strategia evolutiva per velocizzare la guarigione, garantendo che il corpo possa dedicarsi completamente alla lotta contro il patogeno.

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Curiosità

Insonnia: lo stress attiva i neuroni che disturbano il sonno

Quando passiamo una notte agitata e piena di preoccupazioni, ci ritroviamo il giorno dopo con una memoria meno efficiente e le emozioni sregolate. Questo accade perché lo stress interrompe il sonno, interferendo con processi cruciali per la salute mentale e fisica. Uno studio pubblicato su Current Biology ha svelato come lo stress influisca direttamente su determinati neuroni nell’ipotalamo, causando risvegli brevi e frequenti (microrisvegli) che spezzano il normale ciclo del sonno.

Il ciclo del sonno

Il sonno è costituito da una sequenza di cinque fasi, suddivise in due categorie principali:

  1. Sonno non-REM (fasi da 1 a 4), che va dal sonno leggero a quello profondo.
  2. Sonno REM (Rapid Eye Movement), la fase in cui si sogna.

Ogni ciclo del sonno dura circa 90 minuti e si ripete diverse volte durante la notte. Il sonno profondo è particolarmente importante per il ripristino fisico e mentale, mentre il sonno REM è fondamentale per l’elaborazione delle emozioni e la memoria.

Lo studio sui neuroni VGLUT2

I ricercatori dell’Università della Pennsylvania hanno individuato una popolazione di neuroni glutammatergici (VGLUT2) nell’ipotalamo, che sono normalmente attivi durante la veglia e attivati ritmicamente durante il sonno non-REM. Lo stress manda “fuori tempo” questi neuroni, provocando un aumento dei microrisvegli notturni.

Nei topi esposti a situazioni di stress, l’attività dei neuroni VGLUT2 è risultata particolarmente intensa, portando a frequenti risvegli e a una riduzione complessiva del tempo trascorso sia in sonno non-REM che REM. Al contrario, quando i ricercatori hanno inibito l’attività di questi neuroni, i microrisvegli sono diminuiti e il sonno è diventato più lungo e stabile.

Prospettive future

Questo studio apre la strada a nuovi potenziali trattamenti per chi soffre di insonnia causata da stress o disturbi post-traumatici. La possibilità di regolare l’attività dei neuroni VGLUT2 tramite farmaci potrebbe migliorare la qualità del sonno, permettendo a chi ne soffre di riposare in modo più profondo e ristoratore.

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Curiosità

SAI CHE…Moo Deng, il piccolo ippopotamo, è riuscito a conquistare il cuore del web?

Nel mondo spesso dominato da notizie tristi, un piccolo cucciolo di ippopotamo ha portato un raggio di sole sul web. Moo Deng, un adorabile ippopotamo pigmeo nato al Khaow Kheow Open Zoo, situato a est di Bangkok, in Thailandia, ha catturato l’attenzione di utenti di tutto il mondo grazie al suo carattere vivace e alla sua dolcezza.

Il nome Moo Deng, scelto da una comunità di utenti su Facebook, significa “maialino rimbalzante” in thailandese, un omaggio simpatico a un piatto locale. Le immagini e i video del cucciolo hanno rapidamente spopolato sui social media, accumulando milioni di visualizzazioni su piattaforme come X, Facebook e TikTok. La sua popolarità è cresciuta a tal punto che i responsabili dello zoo hanno dovuto limitare le visite per proteggere Moo Deng dalle troppe attenzioni.

Moo Deng appartiene alla rara specie degli ippopotami pigmei, di cui rimangono solo circa 2.000 esemplari in natura, principalmente in Liberia. Questi ippopotami sono più piccoli dei loro cugini fluviali, sono timidi, notturni e completamente erbivori. Purtroppo, la loro esistenza è minacciata dalla distruzione dell’habitat naturale e dall’inquinamento dei fiumi.

Nonostante le sfide, la nascita di Moo Deng offre una luce di speranza. Gli ippopotami pigmei si riproducono bene in cattività, e la crescente popolarità del cucciolo potrebbe attrarre l’attenzione necessaria per le iniziative di conservazione, fondamentali per salvare la specie. Con la dolcezza di Moo Deng che continua a incantare il mondo, ci si augura che questa storia porti a un maggiore impegno nella protezione di questi straordinari animali.

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