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Curiosità

SAI CHE…1.500 anni fa la volpe era un animale da compagnia?

Sembra che 1.500 anni fa, in Argentina, la volpe potesse essere stata considerata un animale da compagnia tanto quanto il cane lo è oggi. Uno studio recente ha rianalizzato i resti di una volpe morta durante quel periodo, scoperta in una sepoltura vicino a resti umani in provincia di Buenos Aires. Questo suggerisce che le volpi potessero condividere la vita quotidiana con le società di cacciatori-raccoglitori locali.

La volpe in questione, una Dusicyon Avus, vissuta circa 600-800 anni prima che i cani domestici arrivassero in Patagonia, sembra non fosse un semplice predatore, ma un compagno per gli umani. Non ci sono segni che l’animale sia stato utilizzato come cibo; al contrario, il suo stato di conservazione indica che è stato sepolto volontariamente, forse insieme ai resti umani.

Analizzando gli isotopi nelle ossa della volpe, i ricercatori hanno scoperto che la sua dieta includeva cibi consumati dagli abitanti umani della zona, come il mais. Questo suggerisce che le volpi potessero essere state nutrite dagli umani o che si nutrissero dei loro rifiuti, indicando una convivenza ravvicinata.

Questo studio non è un caso isolato. In passato, sono stati trovati resti di volpi accanto a tombe di cacciatori-raccoglitori in altre parti della provincia di Buenos Aires, suggerendo che questa relazione tra uomo e volpe potesse essere una pratica comune in quei tempi antichi.

In un mondo in cui spesso consideriamo il cane come il miglior amico dell’uomo, questa ricerca ci offre uno sguardo affascinante su un’epoca in cui la volpe potrebbe aver svolto un ruolo simile nella vita delle persone.

Curiosità

Scoperta Archeologica Insolita: Il Mistero della Città Sommersa di Atlantide Risolto?

Archeologi e ricercatori hanno fatto una scoperta straordinaria nelle acque del Mar Mediterraneo, al largo delle coste della Grecia. Un team internazionale di esperti, guidato dal professor Dimitrios Kallimanis dell’Università di Atene, ha annunciato di aver identificato resti sommersi di antiche strutture cittadine che potrebbero essere legate alla leggendaria città di Atlantide.

Secondo quanto riportato, il sito archeologico è stato scoperto durante una spedizione subacquea nel Golfo di Corinto. Le immagini e i dati preliminari raccolti suggeriscono la presenza di edifici sommersi, strade lastricate e frammenti di ceramica che risalgono a un’epoca risalente a circa 9.000 anni fa.

Il professor Kallimanis, entusiasta della scoperta, ha dichiarato: “Questi ritrovamenti sono estremamente significativi. Siamo ancora nelle prime fasi dell’indagine, ma le prove preliminari suggeriscono che potremmo aver scoperto una città perduta di notevole importanza storica e culturale.”

La leggenda di Atlantide, descritta da Platone nei suoi dialoghi, ha affascinato generazioni di studiosi e appassionati di storia. Secondo il racconto di Platone, Atlantide era una civiltà avanzata che scomparve improvvisamente e misteriosamente sotto le acque dell’oceano. Questa scoperta potrebbe finalmente gettare nuova luce su uno dei misteri più affascinanti della storia antica.

Tuttavia, gli esperti rimangono cauti e sottolineano che è necessario condurre ulteriori ricerche e analisi per confermare definitivamente l’identità della città sommersa. L’equipe di ricerca prevede di utilizzare tecnologie avanzate di imaging subacqueo e di effettuare scavi archeologici dettagliati per esplorare ulteriormente il sito.

La comunità scientifica e il pubblico internazionale attendono con ansia ulteriori aggiornamenti da questa entusiasmante scoperta che potrebbe riscrivere parte della storia antica dell’umanità.

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Curiosità

LO SAI CHE… Le capre hanno la capacità di leggere le emozioni umane?

Le capre, spesso associate a una natura curiosa e giocosa, hanno dimostrato di avere una sorprendente abilità: la capacità di distinguere le emozioni umane osservando i nostri volti. Questo aspetto affascinante è emerso da uno studio condotto nel 2019, che ha suscitato grande interesse nel mondo della scienza comportamentale animale.

I ricercatori hanno condotto esperimenti per valutare come le capre reagissero di fronte a volti umani che esprimevano emozioni diverse, come felicità o rabbia. Utilizzando fotografie di persone sorridenti e persone arrabbiate, gli scienziati hanno osservato le reazioni delle capre in vari contesti.

I risultati hanno rivelato che le capre mostravano una preferenza marcata per i volti felici rispetto a quelli arrabbiati. Questo suggerisce che le capre non solo sono in grado di distinguere le espressioni facciali umane, ma anche di associarle a stati emotivi specifici. La loro capacità di interpretare le emozioni umane potrebbe derivare da un mix di istinto naturale e adattamento evolutivo, essendo creature sociali che interagiscono frequentemente con esseri umani nelle fattorie e negli ambienti rurali.

Questo studio non solo evidenzia l’intelligenza sociale delle capre, ma apre anche nuove prospettive sulla comprensione delle capacità cognitive degli animali domestici. La capacità di leggere le emozioni umane potrebbe avere implicazioni significative per migliorare il benessere degli animali in ambienti controllati, come nelle fattorie e negli zoo.

Inoltre, il fatto che le capre possano distinguere tra espressioni facciali umane potrebbe anche promuovere una maggiore interazione positiva tra animali e esseri umani. Questo potrebbe influenzare le pratiche di gestione animale, incoraggiando metodi più empatici e comprensivi nell’approccio alle capre e ad altre specie domestiche.

In conclusione, lo studio sulle capacità delle capre di interpretare le emozioni umane sottolinea l’importanza di considerare la complessità del mondo animale e di continuare a esplorare le loro abilità cognitive. Le capre, con la loro sensibilità e intelligenza, continuano a sorprenderci e ad arricchire la nostra comprensione dell’interazione tra animali e umani.

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Curiosità

LO SAI CHE…L’omosessualità nei Mammiferi è Molto più Diffusa?

Una delle idee più comuni, e sbagliate, riguardo l’omosessualità umana è che si tratti di un comportamento “non naturale”, una costruzione sociale. Spesso, quando si parla di omosessualità nel regno animale, si citano solo pochi esempi noti, come i macachi e i pinguini. Tuttavia, un nuovo studio pubblicato su PLOS One, focalizzato sui mammiferi, vuole sfatare questo mito e dimostrare che l’omosessualità è molto più diffusa in natura di quanto si creda.

Il problema principale risiede nei ricercatori stessi, che tendono a ignorare e non riportare i comportamenti omosessuali osservati nei loro studi. Questo porta a una percezione distorta della loro diffusione. Lo studio ha coinvolto 65 ricercatori che lavorano su 52 diverse specie di mammiferi, principalmente primati. Il 77% di loro ha dichiarato di aver osservato comportamenti omosessuali, ma solo il 48% ha raccolto dati a riguardo, e appena il 19% ha pubblicato questi risultati.

Omosessualità Non Dichiarata

Questo comportamento censurato si manifesta in molte specie di cui non si conoscevano le abitudini sessuali, come scoiattoli, manguste, il coati rosso e l’eterocefalo glabro. I risultati dello studio indicano che l’omosessualità tra i mammiferi è molto diffusa, contrariamente a quanto si pensava.

La discrepanza tra la percezione dell’omosessualità in natura e la sua effettiva presenza ha alimentato convinzioni errate, come l’idea che l’omosessualità negli esseri umani sia “non naturale”. In realtà, trovare una specie completamente eterosessuale è più raro di quanto si creda.

Oltre i Mammiferi

Gli esperti, intervistati dal Guardian, hanno confermato che l’omosessualità è diffusa in tutto il regno animale, dalle seppie ai ragni. Questi risultati supportano teorie recenti che sfidano il cosiddetto “paradosso darwiniano”: l’idea che l’omosessualità non abbia vantaggi evolutivi. In realtà, sempre più studi dimostrano i benefici del sesso con un compagno dello stesso genere, evidenziando che l’omosessualità potrebbe avere un ruolo evolutivo significativo.

In conclusione, questo studio suggerisce che l’omosessualità è un comportamento naturale e diffuso in molte specie animali, e che la nostra comprensione di essa è stata limitata da una mancanza di ricerca e pubblicazione su questi comportamenti.

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