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Curiosità

SAI CHE… Un Buco Nero Piccolissimo è stato “visto” a 5000 anni luce da noi?

Un recente studio ha rivelato la possibile esistenza di un buco nero di dimensioni sorprendenti, il più piccolo mai osservato finora. Situato a circa 5.825 anni luce dalla Terra, il misterioso oggetto è stato identificato grazie all’osservazione di una stella gigante rossa, la quale presenta un’orbita peculiare che sembra suggerire l’influenza di un compagno invisibile.

Ciò che rende questo scoperta particolarmente affascinante è il fatto che dalla posizione del buco nero non proviene alcuna luce. Gli scienziati hanno calcolato che l’oggetto potrebbe avere una massa di soli 3,6 volte quella del Sole, un valore che sfida le teorie correnti sulla formazione dei buchi neri. Tradizionalmente, buchi neri di massa così ridotta non dovrebbero esistere, creando un’interessante discrepanza nota come “lower mass gap”.

Pubblicato sulla rivista Nature, lo studio sottolinea che il buco nero, denominato G3425, potrebbe fornire importanti indizi sulla comprensione dei buchi neri di piccola massa e sul loro ruolo nell’universo. Il regolare movimento della stella attorno a G3425 indica che il sistema potrebbe essere rimasto stabile per un lungo periodo, a differenza di quanto si verifica normalmente dopo un’esplosione di supernova.

Utilizzando i dati forniti dalla missione Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea, che traccia in 3D il movimento delle stelle nella nostra galassia, gli astronomi sono stati in grado di mappare questa interessante coppia celeste. L’individuazione di ulteriori buchi neri di massa ridotta potrebbe rivelare nuove informazioni fondamentali sul processo di formazione e sull’evoluzione dei buchi neri binari, ampliando così la nostra comprensione dell’universo.

Curiosità

SAI CHE… è stato studiato un test per L’Esame Finale con l’Umanità?

Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale ha compiuto progressi straordinari, sollevando interrogativi sempre più complessi sulla sua capacità di affrontare sfide intellettuali. In questo contesto, un gruppo di scienziati e esperti del settore ha annunciato un’iniziativa ambiziosa: l’Esame Finale dell’Umanità, progettato per testare i limiti delle attuali intelligenze artificiali.

L’iniziativa è guidata dal Center for AI Safety (CAIS) e dalla Scale AI, un’azienda che ha recentemente fatto notizia per il suo significativo finanziamento di un miliardo di dollari. L’obiettivo di questo esame è di elaborare un set di domande concepite per mettere alla prova le AI in modi mai visti prima, esplorando le loro capacità in contesti complessi e sfumati.

Il lancio dell’Esame Finale giunge dopo il recente successo del modello o1 di OpenAI, che ha dimostrato prestazioni superiori in test di ragionamento. Tuttavia, gli organizzatori dell’Esame Finale mirano a una sfida molto più elevata. I contenuti delle domande rimarranno segreti fino al giorno del test, per garantire che le intelligenze artificiali non possano prepararsi in anticipo, evitando così il rischio che le loro risposte siano influenzate da dataset di addestramento.

Un aspetto innovativo dell’Esame Finale è l’inclusione di domande proposte da esperti di diverse discipline, dalla filosofia alla scienza, con l’intento di creare quesiti che possano mettere in difficoltà anche gli specialisti. Con una scadenza fissata al 1° novembre, gli organizzatori hanno incoraggiato la partecipazione con la promessa di premi fino a 5.000 dollari per le migliori domande. Tuttavia, per garantire la sicurezza, è stata esclusa qualsiasi domanda riguardante armi, considerata una tematica troppo delicata per un’intelligenza artificiale.

Questo evento segna un passo cruciale nel dialogo globale sull’AI, poiché le implicazioni di un’intelligenza artificiale capace di affrontare con successo sfide intellettuali complesse potrebbero avere un impatto significativo sul futuro della tecnologia e della società. L’Esame Finale dell’Umanità non è solo un test, ma un’opportunità per riflettere su ciò che significa essere umani nell’era dell’AI.

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Curiosità

SAI CHE… La Notte Stellata di Van Gogh incontra la Scienza?

Un recente studio ha rivelato che la celebre opera di Vincent van Gogh, Notte Stellata, potrebbe racchiudere significati scientifici inaspettati. Realizzato nel 1889 durante il periodo trascorso in un manicomio nel sud della Francia, questo dipinto è noto per il suo cielo turbolento e luminoso, che, secondo una nuova analisi, presenta schemi simili ai processi di turbolenza atmosferica.

I ricercatori cinesi, esaminando le pennellate e i colori utilizzati da Van Gogh, hanno scoperto che i vortici raffigurati seguono leggi fisiche come quella di Kolmogorov, che descrive il comportamento dei gas atmosferici a diverse scale di energia. Questi risultati, pubblicati sulla rivista Physics of Fluids, hanno esaminato 14 vortici nel cielo del dipinto, rivelando una sorprendente corrispondenza con le dinamiche della turbolenza.

Nonostante tali leggi fisiche siano state sviluppate solo in tempi recenti rispetto alla vita dell’artista, l’opera sembra dimostrare che Van Gogh avesse una comprensione innata delle dinamiche naturali. Inoltre, la relazione tra l’intensità dei colori, in particolare il giallo, e l’energia dei flussi atmosferici potrebbe suggerire che l’artista fosse in grado di evocare fenomeni naturali anche al di là della Terra, come le tempeste su Giove.

Questo studio invita a riflettere su come l’arte e la scienza possano convergere, rivelando una dimensione inaspettata della creazione artistica di Van Gogh.

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Curiosità

SAI CHE… Un GPS può salvare le api?

Un’incredibile operazione ha avuto luogo a Giaveno, nei pressi di Torino, dove la tecnologia ha giocato un ruolo fondamentale nel prevenire una potenziale catastrofe ambientale. Grazie all’uso innovativo di un GPS, è stato possibile localizzare e neutralizzare un nido di calabroni asiatici, noti per essere predatori delle api e una minaccia crescente per la biodiversità.

Il 22 settembre, un apicoltore ha segnalato la presenza di una vespa velutina nei pressi del suo apiario. Questo insetto, noto per attaccare gli alveari, ha allertato l’associazione Apromiele, che ha messo in atto un piano di emergenza. Gli esperti hanno catturato alcune vespe e, dopo attenta selezione, hanno deciso di applicare un micro-trasmettitore GPS a una di esse. Liberata nei pressi dell’apiario, la vespa ha condotto gli apicoltori a un nido situato a 650 metri di distanza.

La scoperta è stata fondamentale: un singolo nido può ospitare centinaia di calabroni, e se non fosse stato trovato in tempo, avrebbe potuto generare nuove colonie, aumentando ulteriormente il rischio per le popolazioni di api locali. Con il nido identificato, ora si prevede di monitorare l’area circostante per la presenza di ulteriori nidi e avviare una campagna di trappolaggio per le regine fondatrici. Questa strategia ha già dimostrato la sua efficacia in altre regioni, offrendo una speranza concreta di contenere l’espansione di questa specie invasiva.

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