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Curiosità

SAI CHE…Re Carlo III è proprietario di tutti i cigni del Regno Unito?

Nel corso dei secoli, i sovrani inglesi hanno mantenuto il diritto di possedere tutti i cigni che nuotano liberamente nelle acque pubbliche del Regno Unito, una tradizione che affonda le radici nel Medioevo. Questa prerogativa reale ha origine dal fatto che i cigni erano considerati una prelibatezza culinaria e un simbolo di status sociale. Anche se oggi non tutti i cigni sono di proprietà diretta del re, quelli reali che non sono stati marchiati possono essere reclamati secondo questa antica norma.

Secondo David Barber, lo Swan Marker che ha servito per decenni sotto la regina Elisabetta II e ora sotto Carlo III, il re mantiene il diritto di rivendicare qualsiasi cigno non marchiato che nuoti in acque aperte, un privilegio che risale a tempi medievali. Questo retaggio include norme che proibiscono la caccia ai cigni reali, con sanzioni penali per chi viola tali disposizioni, una pratica che un tempo poteva portare all’esecuzione presso la Torre di Londra.

La tradizione di assegnare la proprietà dei cigni reali alla Corona risale al XII secolo, quando i sovrani istituirono uno stormo reale per garantire approvvigionamenti regolari di carne per i loro banchetti di corte. Nel corso dei secoli, è divenuta prassi che i cigni reali possano essere riscattati dai nobili attraverso il pagamento di una franchigia, contrassegnando gli uccelli con simboli distintivi per identificarne l’appartenenza a una casata specifica.

Il censimento annuale dei cigni, noto come Swan Upping, si svolge ancora oggi sotto la supervisione di esperti come il Swan Marker David Barber e lo Swan Warden Christopher Perrin, mirando a monitorare e proteggere la popolazione di cigni nelle acque britanniche, ora sempre più minacciate dall’inquinamento.

Questa tradizione, una volta associata alla nobiltà e alla gastronomia raffinata, ha subito modifiche nel corso dei secoli, culminando con la fine della pratica barbara di marcare e cucinare i cigni nel XIX secolo, un cambiamento sancito anche dalla regina Alessandra di Danimarca.

Curiosità

SAI CHE…se lasci la pasta al dente ne mangi di meno?

Se ami la pasta ma stai cercando di seguire una dieta equilibrata, c’è una soluzione che ti permetterà di continuare a gustare il tuo piatto preferito senza compromettere i tuoi obiettivi di salute. Secondo uno studio condotto dalla Wageningen University & Research nei Paesi Bassi, cucinare la pasta al dente potrebbe essere la chiave per limitare l’assunzione di calorie.

La ricerca ha coinvolto un gruppo di volontari a cui sono stati serviti diversi tipi di piatti di pasta per tre giorni consecutivi. I partecipanti hanno assaggiato penne cucinate sia al dente (per 7 minuti) sia molto cotte (per 20 minuti), insieme a carote preparate con tempi di cottura simili (20 minuti o 2 minuti). I risultati hanno mostrato che i piatti preparati con ingredienti ben cotti e quindi più morbidi sono stati consumati il 45% più velocemente rispetto a quelli cucinati al dente.

Consumare il cibo più velocemente può portare a un’assunzione maggiore di calorie, poiché non si dà al corpo il tempo necessario per riconoscere il senso di sazietà. Infatti, il segnale di pienezza al cervello, attivato dagli ormoni, impiega dai 15 ai 20 minuti per manifestarsi. Mangiare lentamente, masticando bene ogni boccone, può quindi aiutare a ridurre l’apporto calorico complessivo. Studi precedenti hanno infatti rilevato che chi consuma il cibo rapidamente ha una probabilità tre volte maggiore di essere in sovrappeso. Inoltre, masticare ogni boccone circa 40 volte può ridurre l’assunzione di calorie del 10%, rispetto a masticare solo 15 volte.

Oltre a questi benefici, consumare la pasta al dente ha un altro vantaggio: aiuta a mantenere un livello di zuccheri nel sangue più stabile, riducendo il rischio di un picco glicemico che può contribuire all’aumento di peso. In conclusione, per chi cerca di seguire una dieta senza rinunciare al piacere della pasta, cuocerla al dente può essere un trucco utile per mangiare meno e mantenere un’alimentazione più sana.

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Curiosità

Longevità in aumento: vita media fino a 130 anni

La questione della longevità è da sempre al centro dell’attenzione scientifica e filosofica: è possibile superare i confini della vita umana, e se sì, fino a che punto? Un recente studio pubblicato su Demographic Research esplora questa tematica, cercando di capire se il record attuale di 122 anni di età possa essere superato entro la fine del secolo.

Attualmente, circa mezzo milione di persone nel mondo ha raggiunto i 100 anni. Il record assoluto per la longevità umana è detenuto da Jeanne Calment, una donna francese che è morta nel 1997 all’età di 122 anni e 164 giorni. Al momento, la persona più longeva ancora vivente è Kane Tanaka, un’ultracentenaria giapponese che festeggerà i 119 anni il prossimo gennaio.

Previsioni Future: Superare i Limiti Attuali

Secondo Michael Pearce, capo dello studio, e Adrian Raftery, i record di longevità potrebbero essere battuti nei prossimi decenni. Analizzando i dati dell’International Database on Longevity relativi agli ultracentenari di diversi Paesi, i ricercatori hanno utilizzato un approccio bayesiano per stimare i possibili futuri limiti di vita tra il 2020 e il 2100.

Le loro stime indicano che è altamente probabile (99%) che il record attuale di 122 anni venga superato e che potrebbe essere raggiunto un’età di 124 anni. È meno certo, ma comunque possibile (68%), che qualcuno possa arrivare a 127 anni, mentre un traguardo di 130 anni è considerato improbabile (13%). I 135 anni sono, per ora, considerati praticamente fuori portata per questo secolo.

La Stabilità delle Probabilità di Vita

Gli esperti sottolineano che, una volta superati i 110 anni, le probabilità di morte non aumentano ulteriormente ma si stabilizzano. Una persona di 115 o 120 anni ha circa il 50% di probabilità di morire nello stesso tempo di una persona di 110 anni.

In sintesi, sebbene il superamento degli attuali record di longevità sembri possibile, la ricerca continua a esplorare i limiti biologici e le condizioni necessarie per prolungare ulteriormente la vita umana.

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Curiosità

SAI CHE…Si può avere paura del Burro di Arachidi?

Nel vasto panorama delle fobie, molte sono ben conosciute e comprese, come la claustrofobia o l’acrofobia. Tuttavia, esistono paure più insolite e meno comuni che possono sembrare bizzarre a chi non le vive. Una di queste è l’arachibutirofobia, una condizione rara che riguarda la paura intensa e irrazionale del burro di arachidi. Ma cosa sappiamo esattamente di questa fobia e come può influire sulla vita di chi ne soffre?

Cos’è l’Arachibutirofobia?

L’arachibutirofobia è il termine tecnico usato per descrivere la paura persistente e sproporzionata del burro di arachidi, un alimento comune a base di arachidi macinate e spesso utilizzato in sandwich, dessert e snack. Sebbene il termine possa sembrare insolito, la fobia è reale e può avere un impatto significativo sulla vita quotidiana di chi ne è affetto.

Sintomi e Impatti

Come altre fobie, l’arachibutirofobia può manifestarsi attraverso una serie di sintomi fisici e psicologici. Questi possono includere:

  • Ansia intensa: L’idea di entrare in contatto con il burro di arachidi, o anche solo vederlo, può scatenare attacchi di panico o ansia severa.
  • Reazioni fisiche: Questi possono variare da sudorazione e tremori a palpitazioni e difficoltà respiratorie.
  • Evitamento: Le persone con questa fobia possono evitare luoghi o situazioni in cui è probabile che si trovino a contatto con il burro di arachidi, come determinati tipi di ristoranti o eventi sociali.

Cause e Origini

Le fobie spesso hanno radici psicologiche complesse che possono includere esperienze traumatiche, associazioni negative o predisposizioni genetiche. Anche se non esistono studi specifici sull’arachibutirofobia, è possibile che le cause possano essere legate a esperienze personali negative o a un trauma legato al cibo in generale. Alcuni potrebbero aver avuto un’esperienza spiacevole con il burro di arachidi, come un’aspettativa di allergia, che potrebbe aver contribuito allo sviluppo della fobia.

Trattamenti e Terapie

Fortunatamente, l’arachibutirofobia, come molte altre fobie, può essere trattata con successo attraverso diverse modalità terapeutiche. Le opzioni comuni includono:

  • Terapia Cognitivo-Comportamentale (CBT): Questo tipo di terapia aiuta i pazienti a identificare e modificare i pensieri negativi associati alla loro fobia e a sviluppare strategie di coping.
  • Esposizione Graduale: Tecniche di esposizione graduale possono aiutare a desensibilizzare il paziente al burro di arachidi, iniziando con esposizioni minime e aumentando gradualmente la tolleranza.
  • Terapie di Rilassamento e Mindfulness: Tecniche come la meditazione e la respirazione profonda possono aiutare a gestire l’ansia associata alla fobia.

L’arachibutirofobia, pur essendo una delle fobie meno comuni e più specifiche, può avere un impatto reale e significativo sulla vita di chi ne soffre. Con la giusta comprensione e il trattamento adeguato, le persone affette possono lavorare per superare questa paura e migliorare la loro qualità di vita. Se tu o qualcuno che conosci sta lottando con questa o qualsiasi altra fobia, consultare un professionista della salute mentale può essere il primo passo verso una vita più serena e libera da paure irrazionali.

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