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Cronaca

Messina | Truffa eco bonus, sequestro di 1,7 milioni di euro

La Guardia di Finanza di Messina ha eseguito un’ordinanza cautelare, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, che prevede il sequestro preventivo di circa 1,7 milioni di euro. Il provvedimento riguarda quattro persone fisiche e un istituto di credito, nell’ambito di un’indagine sull’indebita percezione di bonus edilizi.

Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, hanno rivelato un sistema fraudolento creato per sfruttare i benefici fiscali introdotti dal decreto Legge 34 del 2020, noto come decreto “Rilancio”, e le sue successive integrazioni. L’inchiesta è partita dall’analisi di alcune movimentazioni di denaro sospette, consistenti in bonifici bancari disposti dagli indagati verso conti correnti esteri a loro riconducibili, con la causale “accredito per cessione crediti d’imposta”.

Gli iniziali accertamenti della Guardia di Finanza di Milazzo hanno evidenziato che gli ingenti flussi finanziari, superiori a 800.000 euro, provenivano da un istituto di credito che aveva monetizzato per alcuni contribuenti i crediti derivanti dalle agevolazioni fiscali relative agli “ecobonus”, “sismabonus”, “bonus facciate” e “bonus recupero patrimonio edilizio”, ceduti tramite la piattaforma “cessione crediti” dell’Agenzia delle Entrate.

Approfondite investigazioni, basate sulla richiesta di dati all’Agenzia delle Entrate e agli Enti Locali, sopralluoghi riservati e complessi accertamenti bancari, hanno permesso di ricostruire ulteriori crediti ingenti ottenuti tramite dichiarazioni mendaci inserite nei sistemi informatici dagli indagati, con l’unico scopo di ottenere i vantaggi fiscali per la ristrutturazione edilizia.

Le Fiamme Gialle di Milazzo hanno scoperto che i richiedenti non avevano affidato i lavori di manutenzione ad alcuna ditta né avevano ricevuto fatture corrispondenti agli importi auto-certificati. Inoltre, non c’era traccia di alcuna comunicazione obbligatoria di inizio lavori (CILA/CILAS) presso gli uffici comunali competenti, e gli indagati non risultavano né proprietari né affittuari degli immobili interessati.

I fittizi crediti fiscali così creati venivano poi ceduti dagli indagati a un istituto di credito per la monetizzazione, frazionando l’ammontare complessivo in diverse cessioni per eludere la normativa antiriciclaggio.

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