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Calabria

Rosarno (RC) | Arrestato uomo, ritenuto, di fiducia della cosca di ‘ndrangheta Bellocco

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Un individuo considerato una figura di assoluta fiducia per i vertici della cosca di ‘ndrangheta dei Bellocco di Rosarno è stato catturato dalle forze dell’ordine, precisamente dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria. Si tratta di Pietro Di Giacco, un uomo di 42 anni originario di San Ferdinando, accusato di associazione mafiosa. Su richiesta del capo della Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, un giudice ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Di Giacco.

L’indagine, avviata nel dicembre 2019, ha preso avvio da un’attività investigativa sulle modalità operative della cosca Bellocco e sul coinvolgimento di alcuni soggetti nell’organizzazione della latitanza del boss Domenico Bellocco, 48 anni. Uno di questi individui è proprio Di Giacco, nei confronti del quale i pubblici ministeri hanno raccolto gravi indizi anche riguardo alle attività illecite della cosca. Dalle indagini è emerso che Di Giacco avrebbe garantito una rete di protezione e comunicazione tra i vertici della cosca, agendo attivamente per realizzare il programma criminale della consorteria.

In sostanza, il 42enne avrebbe agito come portavoce del boss sul territorio durante il periodo in cui quest’ultimo era in latitanza. Di Giacco avrebbe facilitato gli estorsori nell’avvicinare le vittime, oltre ad essere stato un punto di riferimento per coloro che cercavano protezione o dovevano versare il “pizzo” alla cosca. Secondo l’accusa, l’uomo avrebbe fornito assistenza ai latitanti dei Bellocco per numerosi anni senza mai commettere errori che potessero portare alla loro cattura. Questo avrebbe dimostrato il suo ruolo cruciale nel mantenere la latitanza di Domenico Bellocco e la sua determinazione a monopolizzare tale gestione, escludendo altri individui che riteneva poco affidabili.

Il nome di Di Giacco era già emerso in precedenti indagini condotte dalla Dda. A lui era stata associata la proprietà di una Fiat Panda nera, notata dai carabinieri il primo settembre 2009 nei pressi del santuario di Polsi. In quell’occasione, secondo quanto emerso nell’ambito dell’operazione “Crimine”, si sarebbe tenuta una riunione di ‘ndrangheta con il capo crimine Domenico Oppedisano e altri boss della provincia.

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