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Economia

Industria | Crollo negli ultimi 15 anni, solo il Nord-Est ha retto

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Nonostante l’industria italiana contribuisca al Pil nazionale con il 21%, il valore aggiunto reale dell’attività manifatturiera italiana è diminuito dell’8,4% tra il 2007 e il 2022, secondo l’Ufficio studi della Cgia. Questo periodo include la grande recessione del 2008-2009, la crisi dei debiti sovrani del 2012-2013, la pandemia del 2020-2021 e l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022. In confronto, la Francia ha registrato una diminuzione del 4,4%, mentre la Germania del 16,4% nello stesso periodo.

Settori come il carbon coke e la raffinazione del petrolio (-38,3%), il legno e la carta (-25,1%), la chimica (-23,5%), le apparecchiature elettriche (-23,2%), l’energia elettrica e il gas (-22,1%), i mobili (-15,5%) e la metallurgia (-12,5%) hanno subito contrazioni negative. In contrasto, i settori dei macchinari (+4,6%), degli alimenti e delle bevande (+18,2%) e dei prodotti farmaceutici (+34,4%) hanno mostrato variazioni positive.

Il valore aggiunto reale dell’industria in Italia è diminuito del 27% nel Mezzogiorno, del 14,2% nel Centro, e dell’8,4% nel Nord-Ovest, con solo il Nord-Est che ha registrato un aumento del 5,9%. A livello provinciale, Milano rimane l’area più industrializzata, seguita da Torino, Brescia, Roma e Bergamo. La provincia di Trieste ha registrato la crescita più elevata (+102,2%), mentre Sassari, Oristano, Cagliari, Caltanissetta e Nuoro hanno subito le maggiori perdite di valore aggiunto.

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